Il secondo libro sul metal estremo italiano, dopo cinque romanzi a tema musicale ma non solo, dello scrittore cassinate Mariano Fontaine è un tomo di oltre 300 pagine e 43 capitoli. Ambizioso come il suo cinquantaquattrenne autore che bissa il proprio sodalizio con Tsunami Edizioni, dopo lo sfizioso saggio Infernum Metallum – Storie e Leggende del Black Metal in Italia (2022): guarda caso anche quello sottilmente connesso con quell'alone di mistero e cialtroneria che da sempre gira attorno al heavy metal italiano.
Aborym - Cultura del Chaos è una monolitica e oltremodo minuziosa biografia su Fabrizio Giannese, in arte Fabban, fu Malfeitor Fabban, da più di trent'anni mente degli Aborym e, in un certo modo, prezzemolino di tutta la cricca italiana legata al Maligno (o più prosaicamente: al maligno) in ogni sua forma, aspetto e, di rimbalzo, genere musicale. Black metal certo, ma anche grind, death, industrial, noise, ebm, techno, ambient e un po' quello che vi pare a voi. Tra i due ci sono diverse similitudini, in alcune foto persino fisionomiche, ma la più evidente è l'elegante (si fa per dire...) meridionalismo provinciale del pugliese fatto, fin dalle prime pagine, di sigilli, immagini sacre, teschi trafugati, “punciute” ed esoterismo da cameretta, che Fontaine cerca di mascherare in un qualcosa di sociale, o persino politico, dagli esiti traballanti.
La figura che ne emerge, purtroppo, è tutto fuorché quella di un intellettuale vero, capace di astrarsi quanto di spogliarsi del proprio ego per sporcarsi le mani in quella che vuole e riesce a essere sul serio una controcultura seria e spietata - anche, se occorresse, con sé stessa - piuttosto quella auto riferita di un musicista di modesta fama e alterni risultati che si incensa e viene incensato a oltranza senza sapere selezionare obbiettivamente neanche il vissuto trattato. Anzi, quella che sulla carta sembrava essere una delle biografie più cupe, disturbanti, disperate e dure in circolazione... roba che fai fatica a girare la pagina per paura di ciò che troverai, finisce per essere una macchietta "italiota" di sé stessa, goffa come il titolo dell'arresto del mefistofelico, malvagio e morboso Attila Csihar (“Nascondeva 158 pasticche in due panini”, si legge vanziniano su un quotidiano locale) e persino democristiana.
Eppure, superato lo scoglio di questa celebrazione (anche fotografica) portata allo sfinimento, la lettura va avanti da sé e riesce a coinvolgere, convincendo a lasciarsi un po' andare in questa spirale di disagio, vite al limite, trash, amici e amici degli amici, serate gothicoatte, ipersessualità più o meno conclamata, disposofobia, assunzione di droghe pesanti e bevande alcoliche senza mezzo retaggio ancestrale che giustifichi entrambe. La storia, musicale e no, si fa leggere, anche in virtù dell’aneddotica data dal punto di vista dello stesso Fabban. Se però vogliamo essere noi un po' antropologi, potremmo ricordare a chi ci legge che uno dei grandi guai della cultura cattolica e proibizionista italiana che per anni, decenni abbiamo avuto e promosso, è stato quello di creare una propaganda che risultava involontariamente pubblicitaria di comportamenti, look, sostanze e ascolti, che si volevano multare e perseguire.
Nel quale si va dalle orge sataniche ai festini a base di “Droga, sesso e perversione”, passando per il legame improvvisato tra musica dark e pratiche BDSM, musica elettronica e ideologia neofascista, a descrizioni di concerti insieme terrificanti e irresistibili, fino alle messe nere e alla costituzione di sette con nomi come i Nipoti di Satana che, proprio negli anni della formazione dell'entità Aborym, qualche crimine atroce l'hanno combinato sul serio. Insomma, tutto quel calderone un po' triste e paesanotto che alletta alcuni spooky kids che, come alternativa, dovrebbero magari vivere e morire nel mezzo del nulla, in posti che offrono solo bamba, amari e videopoker. Come succede spesso, questa Sodoma e Gomorra del mero bigottismo superficiale e stupefacente può essere letta in due modi: come elenco di roba immonda e forse persino mortale, o come l’allettante menù del Korova Milk Bar di Arancia Meccanica, con il Latte Più a base di Pemolina, Norpipanone e menta. Ecco, Fabban, oltre ad essere uno dei possibili padri putativi dei ragazzini che oggi vanno in posti come la Chainsaw Nite di Milano, da l'impressione di essere (stato?) intimamente figlio di questa cultura, e che poi la si voglia chiamare “del Chaos” o in un altro modo fa lo stesso.
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L'articolo Nel racconto del black metal italiano dobbiamo ancora fare qualche passo avanti di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2024-10-17 10:34:00
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