Sono in presa benissimo. La ridimensionata contenutistica al nostro adorato Recappone ha avuto un effetto opposto a quello sperato: il singolo dello Zecchino d'Oro periodo Cristina D'Avena e l'amico di Vannucci, i demo degli alunni dell'ITC Pier Fortunato Calvi e il prossimo Premio Techno, i nuovi GG Morandi crescono e le sorelle La Bufala, si sono proposti sotto le mentite spoglie immemori dei “mi dicono sei un giornalista musicale”, ma non cederò al ricatto faberistico della direzione ostinata e contraria. Soprattutto ora che siamo in pieno post senza esser mai stati niente.
Quindi, come Bella Baxter in Povere creature, "non sento niente, no, invece niente, no, nessun dolore" (ok, questo in realtà era Battisti) e continuo la narrazione geo-psichica come Luther Blissett per vedere e mostrare se un po' riesco ancora a capire what's going on nel fantastico mondo dell'ultra-nicchia, distante mille anni luce dalla strategia della pensione di chi, prima o poi, si dà una ripulita, toglie ogni riferimento alle droghe, butta giù tutte le collaborazioni con Topolinia e corre a farsi fare il merchandise più esorbitante che i Misfits ricordino.
La morale del Recappone è sempre la stessa in forme diverse: fare largo all'outsiderismo di provincia, quello che per noi merita, sul serio però, quello disarmante, tra i ragazzi de la peggio gioventù che ancora sognano di fuggire di casa o almeno dalla realtà grazie a un disco, quelli che al giogo del six pack preferiscono suonare e magari farlo anche bene. I Couchgagzzz, al netto di un nome che piacerebbe a Freak Antoni, a Marco Masini e pochi altri, con Gosports! (un ossimoro) creano forse uno dei più grandi dischi della storia dell’umanità. Chi non lo conosce rimpiange i Lunapop.
Gosports! non è solo un disco: è uno stile di vita, un’attitudine, la messa in musica di tutte quelle cose belle che ti porti dentro e che ti fanno stare bene ma che la sporca società ti ricaccia giù in gola a forza per poter continuare a condurre la sua miseranda triste e grigia vita. Gosports! è tutto. O perlomeno gran parte di esso. È il figlio meritato di anni di amore incondizionato per eroi quali sono stati i Jay Retard ed Andrew W K. Ad aggiungere un ulteriore tocco di surrealtà al tutto, l'intrinseca consapevolezza che i Couchgagzzz provengono dal sottobosco pugliese fatto di Behind Bars, Bob Cillo & Mafia Trunk e Santamuerte, e suonano punk garage come lo si farebbe a New York o in Michigan. Insomma, un disco simile bisognerebbe farlo vivere per sempre, o quantomeno finché il Sole risplenderà sulle sciagure umane.
I Riviera sono a un tiro di schioppo dalla prova del novantanove che si terrà in maggio nella riserva indiana, inevitabile e indispensabile per chi come noi di queste vibes vive, del CS Rivolta di Marghera. Sempre è il titolo del disco e ben rappresenta la costante con cui il dinamico sestetto from megapeso è entrato dritto nell'immaginario emocore collettivo. Così, se un tempo con la mia adorabile metà di Bologna eravamo costretti a imbarcate verso lidi sconosciuti e sottotetti meneghini con 24 ore di preavviso per vederli dal vivo, oggi mi sgamano la maglia persino ai concerti dove nemmeno vorrei essere.
Non stupisce però che loro di tutto questo non se ne curino o non lo diano a vedere e continuino sulla retta via: edito in combutta con La Tempesta e To Loose La Track, uno dei meriti di Sempre è di avere scrostato tutta o quasi la patina di snobismo dall'idea di midwest-emo, suonando poderosi, tondi, pur senza rinunciare alla tromba alla American Football, giusto per nominare i più e quindi meno hipster di tutti. Con dei testi in grado d'abbracciare metaforicamente il pubblico dopo cinque anni, Sempre è in grado di raccontare a tutti quelli che lo ascolteranno il mondo bastevole di cose semplici (citando Ruvida Ruvida) dei Riviera, che farà anche un filo Fogazzaro ma sono le luci e le ombre che infilano una scaletta di pregio assoluto con due o tre episodi almeno pronti a entrare nei classici dal vivo del gruppo, e via andare.
Anche dei Menagramo abbiamo parlato mentre il resto del mondo continuava a non dargli il giusto risalto avanguardista che meritano. La scriteriata scelta di battere il ferro finché è tiepido, così, appare un po' come quella di fare guidare Ray Charles la De Lorean di Marty McFly, ma i tuttocampisti della scena realmente folk-punk italiana, o quanto meno milanese, i due menagramo, tornano con un lavoro dalle premesse anche ingrate, visto che il titolo (Dental Plan) non riporta la mente proprio a delle scampagnate. E non sono nemmeno sicuro si tratti di una gag, essendo queste nuove 12 tracce tanto oscure quanto organiche con un percorso artistico sempre più attiguo a un certo mondo american-gothic di intendere il folk-punk. È un altro esplosivo sviluppo, diviso tra ballate e alcuni pezzi più tirati, a un debutto che era già straordinario. E se Alex si punta un coltello al collo per gioco, il verso "the demons we're trying to hold inside they come out for dinner and eat us alive" condensa a metà disco il senso di questi dodici intagli che soltanto a un orecchio distratto potranno sembrare innocui e scanzonati.
Put Pùrana/Tromblon con Split, già dal nome, rendono chiaro il concept neanche fosse un'allegoria for Dams. Non è chiaro invece perché la divisione pende clamorosamente dal lato francese, 7 tracce contro 3 dei nostri brianzoli velenosi, ma almeno non si parla di calcio che se non buttava peggio. Bastano però i tre Adieu del gruppo di Caen (Adieu la vie, Adieu l'amour, Adieu toutes le femmes) delle rispettive tracce poste in apertura che, al netto del lodevole cipiglio antimilitarista e del romanticismo francofono che farà sciogliere i cuori dei fan dei La Dispute e dei Touché Amore, preferisco di gran lunga la proprietà di sintesi dei Put Pùrana.
Recisione e Secolo mettono in chiaro che i ragazzi di Sospinti da una massa remota non hanno voltato le spalle alle sirene del post-hardcore e si sono invece bardati di cuoio e di pelle, simbolicamente, arricchendo la proposta screamo di venature math-core e noise-rock alla Chat Pile. La conclusiva Paysage, con testo in francese, è un'ulteriore perla che evidenzia anche la tecnica non comune dei cinque e mette definitivamente in chiaro chi se la comanda.
Cavalcando l'onda naturale dei corsi e ricorsi storici, i genovesi Cocks si sono riappropriati della memoria storica dei 90s e, per quanto io non me la ricordassi così phiga, per mezzo del l'immediatezza del punk rock, dimostrano una volta di più che le soluzioni pop con un sacco di guitare e pochissimi accordi possono ancora conquistare il mondo, o almeno parecchie persone. Con il cuore e le mani tanto sul punk hardcore quanto sull'emo e il pop punk, il loro coloratissimo Superliquidator frequenta la scena underground italiana ma aspira a un folto seguito di estimatori. Perché essere fortemente ironici e furbi non sia solo ad esclusivo appannaggio dei gruppi stranieri.
Harris Ave a questo punto è il nome più adatto per concludere. Nient'altro che Donato Loia, ovvero l'ex-chitarrista della formazione d'oro dei Lento e da diverso tempo oramai in America, tra Texas e Chicago, ha registrato tutto A Period In Which autonomamente con un Tascam Portastudio per poi riversarlo da cassetta in digitale con l'aiuto di Pam Rayes, Dan Duszynski e John Semlitsch che gli hanno dato anche voce, basso e batteria. E se questi tre nomi dal respiro internazionale vi ricordano quei progetti indie dal neanche troppo vago sapore slowcore da cameretta che hanno fatto la gioia di milioni di college e road movie con i The Shins in testa siete già sulla giusta strada. Aggiungete un po' di Bedhead e di acustica alla Kimya Dawson e fate filotto.
Con la deadline a strapiombo sul ponte del 25 aprile il disco di Harris Ave è piombato a casa mia a togliere le castagne dal fuoco con dieci pezzi fatti apposta per questo aprile che sembra novembre. L'urgenza di comunicare, la necessità quasi fisica dettata dalla pandemia, si rivela in un'identità che è sorprendentemente definita e trasformata in adulta fonte di ispirazione per chi lo ascolta. Senza nascondersi dietro la pesantezza del suono. La linea musicale che ritorna su di sé, nell'inevitabilità del fluire del tempo che resta immutabile solo per gli idioti. Che distribuzione avrà mai questo lavoro non è dato sapere ma so che siete lettor* attent* e avrete segnato il nome per ricordarvene al momento giusto.
Tra i singoli di queste ultime settimane andate a colpo sicuro su War Within degli Stone Cold. L'ho sempre sostenuto: ci sono persone dotate di involontari superpoteri, capaci di far brillare di una luce propria e particolare ogni cosa che fanno. Uno è Disappunto, al secolo Francesco Farabegoli, mente del fu Bastonate e ora opinionista su Rumore, disegnatore, grafico, amante di lettering, sporadico dj e autore della pagina Instagram più intelligente dell'internet (ilbassosfasciato). L'altro è Samall Alì, creatore del Venezia Hardcore e promoter di tutto rispetto e ampio spettro che, non pago di aver già creato i culti totali che prendono il nome di Slander e Danny Trejo e aver dato la botta definitiva per lo sdoganamento dei Bull Brigade con quella mina che è Ansia, adesso ha messo su questo nuovo progetto insieme a quattro fioi provenienti da Fulci, Silver e Conqueror HC e altro. Il risultato è un mastodontico pezzo di groove-punk - che non so manco se esiste ma sticazzi. Daghe.
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L'articolo Il recappone #3: le migliori uscite punk (e dintorni) delle ultime settimane di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2024-04-24 11:47:00
COMMENTI (1)
Grazie per sta rubrica, è preziosa come l'ossigeno.