Il recappone #4: le migliori uscite punk (e dintorni) delle ultime settimane

Il duplice ritorno dopo dieci anni del Sogno dei Marinaio e dei Date At Midnight. E poi stoner, punk rock come se fossero nei primi 2000, Pitoni feroci: qua la musica che devi ascoltare questo week end, se il rumore non ti turba per nulla

Gli Ultranøia
Gli Ultranøia

C'è una frase che assai bene rappresenta questo fine mese di maggio e che molti associano all'eroe nazionale GG Morandi ma in realtà attribuibile al genio del Conte Marcello Marchesi del Grillo e che fa più o meno così: “Mangiate merda, milioni di mosche non possono sbagliare”, a riprova che forse la merda non è così male o più prosaicamente che non tutti i mali vengono per nuocere. Nota quindi per i lettori: le diecimila battute che probabilmente vi aspettavate sul VEHC 2024 erano state messe in conto da tutta la redazione, ma non le leggerete per via dell'incompatibilità generazionale tra me e i trentenni nel conseguimento della maggiore età. In questo caso specifico, per lo strambo uso dei cellulari per l'appunto.

 

Lo spaghetti incident per quel che riguarda la vostra rubrica e per il sottoscritto (in realtà in-alto-scritto) ha avuto un triplo effetto positivo, in vista di questo recappone. Il primo quello di fomentare un fervido scambio di notizie con alcuni amici che mi ha fatto notare la sequela di sfighe (il meteo, incidenti stradali e di palco, sosia trentenni dei Metro Station) che inaspettatamente si è abbattuta sulla kermesse. A loro il mio riconoscimento e saluto. Il secondo è d'essermi risparmiato di farmi prendere dalla solita ansia da reazione quando si tratta di finire a scrivere di massimi sistemi in un contesto in cui la logicità da parte di un cospicuo numero di presenti è limitata ad alzare l'asticella del D&D (divertimento e degheio) e basta. Scritto così, senza prendere fiato. Il terzo, l'avermi fatto apprezzare ancora più la fortuna di avere assistito, qualche giorno prima, al concerto a sorpresa (la  loro soprattutto, visto che dovevano suonare in un parco e si sono trovati in un pub pieno già a ora di cena) de Il Sogno del Marinaio.

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Ma dato che molti di voi non erano presenti e infierire magari anche no, non è nel nostro stile, bando alle ciance che Terzo è anche il nome del loro nuovo disco a distanza di dieci anni da Canto Secondo. Un 1-2 che manco Tom Sharkey, pugile considerato tra i migliori rappresentanti della vecchia scuola, non a caso, detto Il Marinaio. Mike Watt (voce e basso, Minutemen, fIREHOSE e nei redivivi Stooges di Iggy Pop), Stefano Pilia (chitarra e voce, Massimo Volume, In Zaire, ecc.) e Paolo Mongardi (batteria, Fuzz Orchestra, Zeus, ecc.) si sono fatti aiutare da Ramon Moro (tromba) e Petra Haden (voce), trovando l'interesse del moicano (tricologicamente parlando!) Thimothy Lewis, noto come Thighpaulsandra, già dietro al mixer per Coil, Julian Cope e Spiritualized. Che anche solo detta così, lo capirete da soli, pone Terzo direttamente ai vertici di un ipotetico best of dell'anno appena giunto alla sua metà.

Per tutti gli amanti della continuity, questi nuovi otto brani (dal vivo fanno anche TV Eye dei citati Stooges) mi permettono di rilanciare la mia ardua sentenza pronunciata l'ultima volta che ne ho parlato, qualcosa come “tanto '90 che spazzano via qualsiasi cosa simil-90”. Quindi teniamoceli stretti questi tre diversamente ragazzi, anche se non hanno più paura di tirare calci di rigore, perché da tutti i particolari avant-rock (garage, noise, post, kraut, fusion...) c'è da rimanere stupiti. Inutile anche tentare una recensione, forgiare “nuovi” generi o definizioni per poi rivendicarne la paternità e diventare così i Mark Arm della palazzina Laf. Ma teniamoceli stretti proprio per questo, per una volta che l'altruismo e la fantasia non fanno capolino tra un potrei ma non voglio e un vorrei ma non posso, e sono ben fieri e palesi. Godiamone.

Quando siamo sazi, troviamo del tempo per salvare i Date At Midnight prima che vengano fagocitati dagli improbabili parallelismi di Stefano Massimo Decimo Meridio Morelli. Anche loro a dieci anni di distanza dall'ultimo Songs To Fall And Forget, tornano con il nuovo Fading Into This Grace dandoci modo di dibattere tra illuminati sul senso di rifare death-rock (“Uh, te lo ricordi il death rock?”) nel 2024. Si sa quanto sia grande sostenitore della proprietà di sintesi musicale, a differenza del grande condottiero romano, e vorrei che anche i Date provassero l'ebrezza d'essere annoverati tra esponenti di un solo genere piuttosto di finir a fare la parte degli ulteriori Fracisco Frank Lentini, in equilibrio su tre gambe tra post-punk, dark wave e gothic-rock (o anche quattro, aggiungendo del metal) per accontentare tutti e quindi nessuno: un effetto di spaesamento che tanto ci piace sarebbe assicurato, nella speranza o curiosità di vedere come le nostre aspettative vengono sollazzate. Piccolo indizio della riuscita o meno del bel esperimento potrebbe essere la produzione artistica di William Faith che di Christian Death-related bands un filo ne capisce e la riuscita endogamia romana dei nostri con Simona Ferrucci delle Winter Severity Index. Stoici.

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Sembrano passati dieci anni, ma son molti di meno, cinque massimo, dall'ultima volta che Marcello Bellina appariva davanti. Sarà che quando si sta bene insieme sulla ferocia dell'assenza la solitudine non ha odore, come diceva Miss Loreena Mannoia, sarà che c'è stato un tempo in cui tra Viscera, Morkobot e appunto Zolle noi frequentatori di posti occupati abbiamo visto più lui che mamma e papà, la percezione del tempo passato è di più. Rosa è il titolo.

Come sempre in coppia col batterista Stefano del suo primo gruppo, i Klown, riecco gli eroi di Bruzzelle come sempre dediti al hard/noise/stoner in salsa unicorni che, coperta la grafica di cuoricini rosa, giungono al traguardo del quinto disco (sempre su Subsound Records) e scaricano addosso dieci pezzi devastanti come altrettante mosse fatali su un ring WWE. Non è certo un disco per gli amanti di Mordillo (menzione d'amore per il monolitico lavoro di Ragno Favero), ma vi giuro sarebbe bello se lo fosse, perché di pezzi come Pepe, Fiorellino o Merda non dovrebbe privarsene nessuno e perché tutta la vivacità e la rotondità che riempe ogni secondo dell'ascolto è proprio come le tavole del fumettista argentino.

Gli Zolle
Gli Zolle

E visto che in fondo siamo giornalisti musicali semplici anche se iscritti all'albo (e non mi riferisco solo a quello dei pubblicisti), fra i romagnoli Libidine e un balzo mentale ai Gatti di Vicolo Miracoli in cui militava Jerry Calà se un disco ha una foto in copertina che sembra la versione disagiata degli American Football schiacciamo subito play. Romantico Lunatico Animale è il primo lavoro da quando Jek Comandini è entrato nel gruppo (l'excursus parrebbe: da Jek a Jek e i Libidine, quindi Libidine), di sicuro formato da anarchici il cui disco gira a 41bis visto l'eccesso di temerarietà punk festaiola alla vecchia fatta di NOFX e giri alla Toy Dolls - ma anche di tanto cuore come Lagwagon e Descendents.

Il cantato in italiano rischia di sconfinare in tutte le pericolose similitudini con Porno Riviste, Derozer e Cattive Abitudini e sedicenti cover di Marina peggiorano solo la situazione ma, fidatevi, il bello deve ancora arrivare e due o tre pezzi stanno lì a dimostrarcelo.

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Se invece siete fan del pop-punk puro e crudo, sicuramente dovete dare una sentita a I Wish I Lived This Life debutto dei Lillians che farà di certo la gioia di chi ha vissuto la seconda silver age del genere, quella da dopo il 2000 per capirci, fatta da Blink, Sum, Blink, Allister, Blink, fino ad arrivare a forme più complesse come gli Alkaline Trio. Derivativi ma con tutti i sacri crismi, perfettamente bilanciati tra raggi di sole e velata malinconia. Colgono invece molto più un certo spirito di questi tempi postmoderni i tre Pitoni che, con l'EP Un Pitone Vale l'Altro, ci accolgono con una voce sorprendentemente matura e accento che sa di indie. Si nuota però nel mare dell'emo-core più strutturato, tra strofe e chorus che aspettano solo di essere gridati, aperture al dream-pop e punk-rock urlato come possono pochi altri. A fare uscire questa gemma dal ghetto del DIY e delle microscopiche etichette specializzate ora ci vorrebbe qualcuno come Enrico Molteni, che un tempo accolse i FBYC ne La Tempesta e oggi sembra di nuovo preso bene da queste sonorità.

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Perché le quattro tracce della band romana sono a tutti gli effetti un'esperienza mistica che nasce da semplici concetti (Dopo Te) e vaga all'infinito. E queste cose riescono a pochissimi gruppi (i Verdena, per dirne uno) che vanno salvati come i Panda. Specie di questi tempi di "Ehi!" e "Skrrt" (un tempo) come non ci fosse un domani. Visto che li abbiamo citati, dai Verdena agli Ultranøia da Cassino il passo è brevissimo e potrebbero aprire una nuovissima rubrica su nomi e namedropping ma si sta facendo una certa e vorrei consegnare l'affezionatissimo vostro Recappone prima che i CCCP si sciolgano di nuovo. Dopo il singolo Astratta, il quartetto del basso Lazio esce con un EP dalla stesso nome, che, strano ma vero, smentisce una volta tanto l'ineluttabile assioma cartesiano secondo cui più le foto promozionali sono belle più il gruppo nun se po' sentì. Sicuramente dell'esistenza di questi ragazzi ne avrete già letto da qualche parte se il vostro sentiero luminoso è tracciato dalla ricerca di suoni  per vie traverse riconducibili a Slowdive e My Bloody Valentine.

Provo allora a metterla come mio solito sulla dimensione sistemica e collettiva e sul fatto che gli Ultranøia riescono ad andare oltre il cantato femminile spiritato e cantilenato, dai testi deliranti e visionari ma (se non credibili) convinti, grazie a un'atmosfera complessiva che è post-post-shoegaze e va ad abbracciare derive grunge così come sprazzi di alternative e noise: in sintesi, gli Ultranøia sono tra i gruppi shoegaze, chiaramente e dichiaratamente sui generis (quale gruppo gaze scriverebbe nella sua bio tra le influenze: pizze al taglio, skate e Tassoni?), più interessanti e da sentire.

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Tra gli ultimi singoli che magari vi siete persi lo chef consiglia The Swamp dei Rainswept, gruppo che avrei visto con curiosità alla prova del Rivolta, prossimo all'uscita di un album a luglio e che riesce a unire con pertinenza la vecchia scuola alla Madball alla nuova di Pain Of Truth a roba più promiscua come i Biohazard prima di dedicarsi al porno. Non c'è due senza te, gli Aurevoir Sofia escono con Comunque lo stesso e alzano a livelli di guardia l'hype per il disco che prima o poi si spera ora uscirà in tempo per vederli al VEHC del prossimo anno. Non ne sbagliano una nemmeno gli Stone Cold che con White Inferno aprono le danze per il loro demo intitolato Italia 90 solo in cassetta in 30 copie che credo saranno sold-out prima che io finisca di scrivere questa frase. Bye. 

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L'articolo Il recappone #4: le migliori uscite punk (e dintorni) delle ultime settimane di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2024-05-31 12:31:00

Tag: recappone

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