RedRo - Luci e tenebre di Red Ronnie

Tutti quanti, vedendolo con piglio "khomeinista" nella serie Netflix su San Patrignano, ci siamo chiesti “Red Ronnie, ma veramente?”. Certo, perché Gabriele Ansaloni, Pippo Baudo della musica pre-indie con una passione per i complotti in Rete, sempre c'è stato e sempre ci sarà

07/01/2021 - 17:38 Scritto da Marco Villa

Se una settimana fa qualcuno ci avesse chiesto qualcosa su San Patrignano, in pochi avremmo risposto con argomenti sensati e io probabilmente non sarei stato in questo gruppetto di eletti. Se la stessa cosa avvenisse oggi, potremmo tranquillamente improvvisare un Ted Talk di impressionante precisione.

Di colpo, in sette giorni, una parte consistente degli italiani che usa Netflix e vive sui social network ha visto riavvolgere il nastro, tornando agli anni ‘80 e a quei giorni in cui San Patrignano era al centro del discorso pubblico. Giorni che avrebbero lasciato tracce più o meno vivide, a seconda di età e selettività dei ricordi. Il merito, lo sappiamo tutti, è di SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano, il documentario in cinque puntate pensato da Gianluca Neri e disponibile su Netflix dal 30 dicembre.

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Protagonista assoluto della serie è Vincenzo Muccioli, fondatore della comunità e da sempre figura profondamente divisiva, di quelle in grado di creare seguaci e oppositori in egual misura e senza mezzi termini, inclini alla beatificazione o alla condanna senza appello. Muccioli, scomparso nel 1995, è presente nella serie grazie a un materiale d’archivio di enorme qualità e vastità, accompagnato da interviste ad altre figure che hanno attraversato la nascita e lo sviluppo di San Patrignano, a diverso titolo. Tra questi, un personaggio che ha la medesima capacità divisiva di Muccioli, pur senza possederne lo slancio sciamanico. Trattasi di Ansaloni Gabriele, classe 1951, noto al mondo dello spettacolo italiano con il nome d’arte di Red Ronnie

Chiunque abbia visto SanPa si è potuto fare la propria idea della comunità e di Muccioli, in un revival di quelle discussioni dicotomiche cui si accennava prima. Pur non avendo prove alla mano, credo però che non ci sia stata la stessa divisione sulla figura di Red Ronnie e - sempre senza prove - sono piuttosto sicuro che tutti gli spettatori, nessuno escluso, si siano posti la domanda: “Red Ronnie, ma veramente?”.

Lungo tutte le puntate Red Ronnie (che nelle ultime ore sta facendo decine di interviste e dirette social per criticare la serie, considerata ostile a San Patrignano e al suo fondatore, ndr) interviene sempre a gamba tesa, sia nei filmati d’archivio, sia nelle interviste: amico di Muccioli fin dai primi tempi della comunità, ne è il più strenuo difensore, superando in devozione anche il figlio del fondatore, Andrea, che pure si spende in una difesa comprensibile e appassionata del padre, riconoscendone però anche gli errori.

Nel documentario, Red Ronnie viene introdotto con un filmato d’archivio che da subito lo identifica in modo forte e chiarisce anche il punto di vista che gli autori hanno intenzione di adottare nei suoi confronti: lo vediamo all’esterno del palazzo di giustizia in cui si sta svolgendo il primo processo a Vincenzo Muccioli, mentre prova la frase con cui aprire un servizio televisivo, mentre si scioglie la muscolatura delle spalle e dà indicazioni all’operatore.

Non sprizza simpatia, diciamo, così come non la sprizza nelle sequenze successive, in cui c’è sempre qualche elemento dissonante: che si tratti della tenuta in short da tennista, nel momento drammatico in cui riconsegna a Muccioli una fuggitiva di San Patrignano o della situazione in cui intervista uno dei dirigenti della comunità, sedendosi a gambe incrociate sulla sua scrivania, in un’immagine che è già diventata meme. Un fastidio epidermico, che basta e avanza, ma che è anche la parte meno importante: ci sono poi i commenti, gli interventi, che arrivano al punto di giustificare un omicidio brutale avvenuto nella comunità con un utilizzo distorto di una scienza statistica da senso comune.

Eppure, a pensarci bene, Red Ronnie c’è da sempre: in tanti avevamo forse rimosso Muccioli e la sua figura, addirittura chi è nato nella seconda metà degli anni ‘90 può non sapere cosa sia San Patrignano, ma Red Ronnie lo conoscono tutti. Perché Red Ronnie è parte del sistema musica italiano da 40 anni. L’immagine che abbiamo di lui è più o meno sempre la stessa: una massa indistinta di ragazzi e ragazze seduti a terra, lui e un ospite in posizione sopraelevata su un palco e un computer sparso qua e là.

Per tanti anni, lo spiega bene Sergio Messina in questo pezzo per Rumore di oltre vent’anni fa, Red Ronnie è riuscito ad accreditarsi come figura credibile e influente della musica italiana, una sorta di Pippo Baudo dell’alternative (di indie ancora non si parlava), capace di benedire nuovi talenti e di dare loro un palco dove suonare, quando il resto della televisione non avrebbe permesso loro nemmeno di cambiare le pile del telecomando.

E questo è vero (come vorrebbero testimoniare le foto spesso sbandierate assieme alle grandi star del rock britannico e americano, ndr), peccato che tutto sia sempre stato affrontato con un atteggiamento che, giocando al ribasso, può essere definito quantomeno passivo-aggressivo nei confronti di pubblico e ospiti. 

In parallelo, Red Ronnie è quello che si schiera con i No-Vax, che diventa consulente d’immagine di Letizia Moratti (e sempre grazie a SanPa il collegamento tra i due diventa chiarissimo), che sponsorizza cure alternative (e varie altre amenità, ndr) e non certificate per malattie come il diabete e che in sostanza si autoproclama avanguardia del web per la mole di contenuti che produce e diffonde.

Nella storia di San Patrignano, Red Ronnie è una presenza laterale, ma costante, capace di provocare la reazione degli spettatori in modo inatteso, al punto da diventare un bersaglio per le freccette di chi sentiva il bisogno di scaricare in qualche modo la tensione e l’angoscia accumulata durante la visione di SanPa. E intendiamoci: meritandosi ampiamente tutte quelle freccette. Perché è evidente che, visto il successo di SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano, forse è davvero il caso di produrre RedRo - Luci e tenebre di Red Ronnie.

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L'articolo RedRo - Luci e tenebre di Red Ronnie di Marco Villa è apparso su Rockit.it il 2021-01-07 17:38:00

COMMENTI (4)

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  • davidebrocca321 3 anni fa Rispondi

    @rael93 Si, gli altri fanno qualunquismo. Mentre tu fai BENALTRISMO, credendo che una cosa giustifichi l'altra.

  • rael93 3 anni fa Rispondi

    San Patrignano fu bastonata perché era una comunità laica ...andate invece a vedere che succedeva nella comunità del pervertito Don Gelmini...parlate con i sopravvissuti poi ne riparliamo...ancora con il qualunquismo dei media pilotati dalla falsa morale dei politici e dei preti..ma finitela!!! Inoltre Red Ronnie ha sempre portato avanti la musica seria in un epoca in cui nelle hit vincevano Albano e Romina...nonostante gli anni' l'incompetenza dei giornalisti raccomandati e il pubblico italiota nn si smentisce mai ....pubblico che nn ha mai usato né orecchie e né cervello

  • elisaschiavone 3 anni fa Rispondi

    Mi auguro solo che Red Ronnie abbia a soffrire tutte le pene che hanno patito coloro che sono stati imprigionati nella comunità, pardon, nel lager di San Patrignano. Che vergogna di uomo!

  • giorgiomoltisanti 3 anni fa Rispondi

    Articolo giusto e fin troppo buono. E l'idea della serie non è affatto male. Tra i ricordi più tremebondi legati a Red che ho ce ne sono due. Il primo, quando si prese come personale tuttofare una giovane inzerbinata Nina Zilli che, conciata a mezza via tra una fuggita da Non è la Rai e la moda hip-hop dei fine Novanta, si sperticava con aria da prima della classe a soddisfare qualsiasi esigenza televisiva del "alternativo" Red. Io secondo, quando chiamò in diretta televisiva un discografico di una nota etichetta dicendogli di far fare un disco a un gruppo di amici di amici presente in studio; il tale, preso alla sprovvista, senza aver sentito una nota della band in questone, bofonchiò qualcosa a proposito di un futuro incontro che sarebbe avvenuto in settimana, tutto nell'entusiasmo generale di uno studio che applaudiva la spintarella in diretta come nulla fosse. Le luci sarebbero i Melvins dal vivo, se non li avesse trattati come un esperimento scentifico o poco più che tre coglioni, oppure i Porcupine Tree in tempi non sospetti, qualche altra cosa del genere ma anche Verdone sono quaranta anni che azzecca pregevoli colonne sonore con messaggi più edificanti di Red quando apre bocca ecco.