Storia della band che "sostituì" gli Oasis

Esattamente 15 anni fa Liam e Noel avrebbero dovuto esibirsi agli I-DAY di Milano. Ma pochi giorni prima avevano scazzato davvero male, la band non esisteva più. Su quel palco salirono invece i The Hacienda, il cui frontman da Londra ci racconta quella giornata incredibile e la febbre da reunion

Marzo 2001: Hacienda in supporto ai Beady Eye all'Alcatraz. Da sinistra Liam Gallagher e Alessandro Gianferrara
Marzo 2001: Hacienda in supporto ai Beady Eye all'Alcatraz. Da sinistra Liam Gallagher e Alessandro Gianferrara

È il 30 agosto del 2009. I Deep Purple salgono sul palco della Fiera di Rho, sotto il quale probabilmente non hanno mai visto un'atmosfera così desolata. Di gente ce n'è parecchia, e il loro live sarà spettacolare come sempre. Ma l'aria che si respira è insolita, difficile da spiegare. La verità è che, per quanto sia difficile da credere, quella sera Ian Gillan e soci sono dei ripieghi. 

L'occasione sono gli I-DAY, rassegna che dal 1999 porta in Italia il meglio del rock mondiale. Quell'anno, dopo Kooks, Twisted Wheel e Kasabian, il main event sarà affidato a un gruppo leggendario: gli Oasis. Sebbene siano stati in tour Italia da non molto, Forum d'Assago compreso, con il settimo disco in studio Dig Out Your Soul, il concerto è particolarmente atteso, il botteghino lo conferma. 

Solo che con gli Oasis l'imprevedibile va preventivato. Pochi giorni prima, attimi prima del live parigino a Rock en Sein, pare che i fratelli Gallagher abbiano litigato molto più duro del solito, con accuse reciproche, lanci di frutta nel camerino e minacce di uccidersi a colpa di chitarre brandite come scimitarre. 

Impossibile salire sul palco in quelle condizioni, nonostante la folla in trepidante attesa. Impensabile pure affrontare le ultime due date del tour, in Svizzera e poi agli I-DAY. Salta tutto. Gli organizzatori – Indipendente Concerti – fanno il capolavoro di "sopperire" nel giro di una manciata di giorni con i Deep Purple, un signor piano B.

I The Hacienda
I The Hacienda

Eppure per i fan degli Oasis – parecchio motivati come stiamo vedendo una volta di più in questi giorni – la delusione tanta. Alcuni decidono di rimanere a casa, qualcuno va al live con la maglietta degli Oasis e la scritta cancellata o cartelli di protesta. Tra i più depressi per la piega degli eventi, e forse pure un po' impanicati, ci sono cinque ragazzi di Firenze che sei anni prima hanno creato una band che agli Oasis deve parecchio, a cominciare dal nome: The Hacienda, come uno storico locale di Manchester, la città del gruppo.

La line-up è composta da Alessandro Gianferrara (voce & chitarra), Donato Guitto (chitarra), Francesco Perini (Tastiere), Andrea Palombi (voce & Basso), Leonardo Innocenti (Batteria). Nel circuito indipendente, che allora è molto "anglofono", si sono fatti un ottimo nome, nel 2005 hanno vinto il Rockcontest di Controradio, anche il pubblico del MI AMI dimostra di apprezzare parecchio le loro sonorità indie rock. 

Lo stesso fa quello degli I-DAY, in una serata in cui inevitabilmente l'unico argomento di discussione è l'assenza degli Oasis. Sono l'unica band italiana in cartellone, pare voluti proprio dal management degli Oasis. Il loro coraggio sul palco e la pacca della loro musica, nonostante il clima difficile, convince tutti. In qualche modo, quella sera gli Oasis sono loro.

Per ricordare quella data "nefasta" eppure mitologica e per parlare dellareunion di cui tutto il mondo parla e dell'impatto che sta avendo sul Paese dove la band è nata, l'Inghilterra, ci siamo fatti una chiacchiera conAlessandro Gianferrara. Frontman e chitarrista dei The Hacienda, vive da parecchi anni a Londra e, tra le altre cose, fa il fotografo musicale: gli scatti di Liam e Noel che vedete in questo articolo sono sue, lo ringraziamento per avercele concesse. 

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Dove stai e cosa fai oggi? 

Attualmente vivo nella parte nord-ovest di Londra, precisamente a Queen’s Park. Questa è la mia base, e lavoro quotidianamente per Shoreditch House, un membership club che annovera tra i suoi membri Alex Turner, Serge Pizzorno, Liam Gallagher e altri. Mi dedico anche alla mia carriera da freelance sia come fotografo musicale, lavorando tra concerti e festival, sia collaborando con vari artisti come session musician.

Con chi suoni?

Ho iniziato a collaborare con vari artisti e al momento faccio parte della live band del progetto di Conor Lumsden chiamato Music City, basato tra Londra, New York e Dublino. Inoltre, ho suonato il basso in tour con la live band del cantautore di Seattle Scott Yoder. Tra gli eventi più significativi degli ultimi mesi, ho suonato con una nuova band londinese chiamata The Preventions, con cui abbiamo aperto per i Bloc Party a Birmingham in occasione dell’anniversario del loro primo album, Silent Alarm. Sto attualmente scrivendo nuovo materiale che vedrà la luce entro la fine dell’anno. Non ho ancora annunciato nulla, ma ne sono molto orgoglioso del risultato e della direzione presa da questo nuovo progetto.

Qual è stata la reazione dell'Inghilterra alla reunion degli Oasis?

I rumors si sono intensificati fino alla settimana dell’annuncio ufficiale, complici sia il teaser mostrato dopo il concerto di Liam a Reading sia un’intervista che Noel ha rilasciato a John Robb presso lo storico negozio di dischi di Manchester, Sifter’s. La reazione è stata un vero e proprio tilt generale del Paese, con la maggior parte delle persone in delirio totale, ma anche con il risveglio degli haters più accaniti. Per darti un esempio, ieri, fresco di annuncio, sono uscito per una pinta al The Star di Hackney Downs e, in cinque tavoli nella parte esterna del pub, letteralmente tutti stavano discutendo dell’argomento. Tutti i tabloid quotidiani hanno i Gallagher in copertina, come se fossimo nel 1996.

La bacheca della catena di supermecati Sainsbury ieri
La bacheca della catena di supermecati Sainsbury ieri

Hai provato a prendere i ticket?

La questione dei biglietti sarà pressoché impossibile, visto che mezzo pianeta è alla caccia di un ticket. Credo che la febbre sia ai livelli degli anni ‘90, se non peggio, considerando che l’accesso è diventato “casalingo” grazie ai sales point digitali, quindi chiunque potrà, almeno, provare ad accaparrarsene uno. Ho ricevuto un’e-mail che mi garantisce l’accesso alla pre-sale di venerdì, essendo un “Loyal fan”, essendo iscritto alla loro newsletter da quando avevo circa dieci anni. Ho sempre cercato di partecipare alla prima data dei loro tour, perché l’atmosfera è sempre un po’ speciale, con la sorpresa della scaletta, della produzione e, soprattutto, la forma di entrambi.

Che aspettative hai sul nuovo tour? 

Ho aspettative molto alte per questo tour, per una serie di motivi sia personali sia oggettivi, considerando la maturazione che hanno avuto come performers negli ultimi anni nelle loro rispettive carriere soliste. Credo che sarà qualcosa di davvero speciale. Ho visto gli Oasis per la prima volta durante il tour di Be Here Now a Milano nel ‘97, quando avevo 10 anni, e altre svariate volte fino allo scioglimento. Uno dei loro migliori concerti a cui abbia mai assistito è stato alla Bridlington SPA nel 2009, che è stato di fatto il loro ultimo concerto da headliner prima dello scioglimento, avvenuto esattamente due giorni prima dell’I-DAY, dove avremmo dovuto condividere il palco con la mia band, The Hacienda. Una delle più grandi delusioni della mia vita, dopo il rigore di Baggio a Pasadena. Ho avuto modo di vedere Liam sia con i Beady Eye, avendo aperto un loro tour con gli Hacienda, sia da solista, e anche Noel Gallagher con i suoi High Flying Birds. Hanno sempre mantenuto la loro personale interpretazione del repertorio storico, oltre al loro materiale nuovo, e mi sono sempre piaciuti molto, soprattutto quando li ho visti nelle loro giornate migliori. Credo di averli complessivamente visti una 30ina di volte. Per me sono come una squadra di calcio. Si tifa anche quando giocano maluccio.

Noel Gallagher con gli High Flying Birds alla Kenwood House nel 2019, foto di A. Gianferrara
Noel Gallagher con gli High Flying Birds alla Kenwood House nel 2019, foto di A. Gianferrara

Chi sono gli Oasis per te?

Ho sempre avuto un rapporto speciale con gli Oasis perché sono stati la band che mi ha ispirato a suonare la chitarra e a diventare un musicista. Il fatto che avessero un’immagine così “normale” e provenissero dalla working class mi ha fatto identificare molto con loro, riducendo quella distanza sacra che spesso separa fan e artista, come ad esempio con i KISS. Quando guardavi gli Oasis, pensavi che fossero grandiosi, ma allo stesso tempo ti davano quel modello di riferimento così vicino a ciò che potresti essere, ispirandoti a trovare la tua strada come artista. Per me, gli Oasis oggi sono un grande elemento di nostalgia, ma anche un forte stimolo artistico. Il loro ritorno insieme mi trasmette quell’eccitazione e quell’energia di essere in una band o di suonare in generale. Avranno sempre per me una freschezza importante. Una cosa che ho sempre pensato è che molte persone hanno una visione molto superficiale e televisiva degli Oasis.

Tipo?

Conoscendo la loro storia più a fondo, soprattutto quella di Noel, ti rendi conto che ha vissuto immerso nella musica e ascoltato una quantità infinita di dischi, che lo hanno poi portato a sviluppare la sua visione di cosa dovessero essere gli Oasis. Ci sono tante piccolezze negli arrangiamenti che Noel stesso ammette di aver “rubato” qua e là, ma ho sempre trovato questa caratteristica interessante, frutto di un ascolto vastissimo delle sue influenze. Un’altra idea molto diffusa su Liam riguarda soprattutto l’immagine personale, basata su come viene descritto dai tabloid, con un focus sulla posa, lo stile e la parte più “carnevalesca” del personaggio. Raramente, però, viene sottolineata la sua abilità come cantante, specialmente quando si esibisce in stadi da 50.000 persone, dove il suono del pubblico può facilmente coprire quello della band. Eppure, lui riesce sempre a essere pressoché impeccabile. Andy Bell ha definito la voce di Liam un missile laser telecomandato.

Liam al Mediolanum Forum nel 2020, foto di A. Gianferrara
Liam al Mediolanum Forum nel 2020, foto di A. Gianferrara
 

Come nacquero i The Hacienda?

La mia band nacque a Firenze e decisi di scegliere un nome che avesse un forte riferimento alla cultura musicale britannica, ma senza suonare banale o troppo inglese. Il nome ovviamente fu preso dallo storico club di Manchester. All’epoca di MySpace, tanta gente pensava che fossimo spagnoli! Eravamo letteralmente ossessionati dalla musica britannica e ci identificavamo completamente, anche a livello sonoro, con quelle influenze. Iniziammo a suonare a giro per Italia e Europa dal 2005 fino a poi quando ci siamo trasferiti in UK nel 2013. 

Che ricordo hai del periodo Britpop in Italia?

 Il ricordo che ho del Britpop in Italia è quello di un incubo senza fine. Con gli Hacienda iniziammo a suonare intorno al 2002, e tutta la scena alternativa o indipendente italiana aveva un tiro completamente diverso. Le influenze americane e il post-rock dominavano la scena, rendendo difficile condividere la nostra evidente passione per la musica inglese. Era decisamente una nicchia per pochissimi, e parlare apertamente di Britpop era accettabile solo se ci si limitava agli aspetti più “interessanti”, come i Pulp, i Blur o le prime cose dei Radiohead. Nominare gli Oasis durante un concerto, però, ti esponeva a commenti poco lusinghieri.

Dov'eri quando fu annunciato lo scioglimento della band, quindici anni fa? 

Ricordo che eravamo in sala prove a ultimare la setlist per il concerto all’I DAY quando ricevetti un messaggio da Jonny Brown dei Twisted Wheel, che ci informava dalla Francia che Liam e Noel avevano avuto un brutto alterco a Parigi e che Noel aveva lasciato il luogo del concerto, annullando di fatto la loro performance a Rock en Seine. Jonny aggiunse che sembrava tirare aria di fine tour per quella sera, e poco dopo uscì il comunicato stampa in cui Noel annunciava di aver lasciato la band. Fu una tragedia immane, soprattutto per noi che eravamo così vicini a condividere il palco con loro, ma sono cose che, in qualche modo, ti rendono più forte. Suonammo poi con i Beady Eye di Liam un paio d’anni dopo, quindi giustizia fu fatta almeno in parte.

The Hacienda, Alessandro al centro
The Hacienda, Alessandro al centro

Suonaste lo stesso agli I Days, che ricordo hai di quel giorno? 

Ricordo che il nostro soundcheck si svolse proprio mentre aprivano i cancelli, e fummo accolti da insulti e urla dai fan degli Oasis, delusi dallo scioglimento della band. Iniziammo a suonare un pezzo per una trentina di secondi, creando un gelo totale tra il pubblico, ma quando finimmo ci applaudirono, come a dire: “Ok, mi sa che loro sono dalla nostra parte”. Uno dei miei ricordi più belli di fronte a un pubblico. Lo show fu stupendo: suonammo davanti a circa 8.000 persone in una situazione surreale, e ancora oggi incontro persone che mi dicono di averci visto a quel festival.

Su quale pezzo del tour ti commuoverai?

La mia canzone preferita degli Oasis è Some Might Say, il loro primo singolo a raggiungere il numero uno in classifica. Rappresenta tutta l’essenza della band: i testi, le chitarre e la voce di Liam sono semplicemente perfetti.

Alessandro oggi
Alessandro oggi

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L'articolo Storia della band che "sostituì" gli Oasis di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-08-29 14:47:00

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