Non esistono più i cinema di paese, la sale di proiezione parrocchiali. Il multisala è il supermercato della pellicola, un non-luogo dove la gente può entrare e decidere in base alle proprie (presunte( preferenze. Tutto e subito. La mercificazione dell’arte è un processo che ha incluso anche (o soprattutto) la musica, ancor di più in un momento storico in cui, grazie ai social, ognuno è diventato attore di una propria recita. In cui a un artista basta un mese per essere scordato, ritornare dopo sette anni di silenzio è quasi una risposta ideologica, di certo un atto di coraggio.
Quando Bersani pubblicò il suo primo album ero a malapena nato. Oggi che presenta il suo nuovo attesissimo lavoro, quando parla il suo "boomerismo" fa crogiolare la maggior parte dei giornalisti – ben più anziani del sottoscritto – presenti in sala al The Space di Milano per la "proiezione", come l'ha chiamata lo stesso Bersani, del suo ultimo disco, Cinema Samuele. Il cantautore romagnolo, cinquant'anni compiuti il 1 ottobre, è un'istituzione, e nonostante sia così schivo nessuno è in grado di dimenticarlo.
"Cinema Samuele ha la pretesa di riportare la musica a una dimensione artigianale, tornare a cucire le mie canzoni di cuoio”, racconta nel presentare le tracce, anticipate dal singolo Harakiri (queste le altre: Pixel, Il Tiranno, Mezza bugia, Il tuo ricordo, Le Abbagnale, Con te, Scorrimento verticale, L’intervista, Distopici). Cinema Samuele potrà suonare anche nostalgico, ma è un album figlio del presente, quello in cui un artista vero si mette alla prova con un tempo che non è più il suo.
Bersani oscilla tra presente e ricordi, si lancia nel racconto di un dissing con la Pausini via televideo, in sfoghi contro Photoshop e i passeggini con l’appoggia smartphone, nei luoghi comuni in cui potrebbero ricadere persino i miei genitori, ma che inevitabilmente non si possono che condividere perché portatori di un anelito di verità. “Meno Despaciti, meno reggaeton, meno talent, prodotti indispensabili per garantire la sopravvivenza della musica che è diventata un’industria".
“I testi più belli in questi anni probabilmente li ho scritti negli sms", ricorda, "i messaggi mi hanno spento da un punto di vista professionale. Prima della scrittura viene sempre la vita reale”. Pur non essendo un nativo digitale ammette la propria assuefazione, la vita a scorrimento verticale sta portando a un vero e proprio cambio antropologico.
L’unica maniera per uccidere la noia era l’immaginazione, oggi si sconfigge con un polpastrello. Come scrive Vincenzo Mollica elogiando il genio di una delle più grandi fonti d’ispirazione di Bersani, Fellini, l’autore de La dolce vita sosteneva quanto il miglior realista fosse il visionario. E solo una mente come quella di Samuele poteva partorire un brano come Distopici (ti sto vicino) prima che la pandemia avesse effettivamente atto.
“Vivere abbastanza per poter poi entrare in uno studio, studio che in realtà è sempre stato una casa”. Le case rappresentate sulla copertina dell’album cui si possono dare differenti interpretazioni, le diverse abitazioni tra Bologna, Milano, Parma dove in questi sette anni ha vissuto l’artista, ma anche uno spiraglio sulle diverse idee, sensazioni, che si muovono nella testa di Samuele.
Centinaia di finestre aperte come sullo schermo di un computer, alcune appaiono a luci spente, altre accese. Il buio è un tema ricorrente nel disco, in Le Abbagnale, due ragazze completamente diverse per estrazione e carattere si conoscono nel sottoscala di un palazzo al lume di candela durante un blackout. L’oscurità che avvicina, un’immagine metaforica che ha bisogno di ben poche spiegazioni.
Cinema Samuele non è un lavoro in pellicola, ma ha l’ambizione di essere cinema a luci spente. Bersani scrive dei piccoli cortometraggi per non vedenti, e anche se tutti abbiamo la fortuna di possedere la vista, è pur vero che le canzoni è ancora bello ascoltarle a occhi chiusi.
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L'articolo Samuele Bersani, un grande artista in un tempo che non è il suo di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-10-01 18:02:00
COMMENTI (2)
Si fa un po' fatica a litigare tramite televideo.
Magari era videotel.
Artista sensibile, sincero, fedele, ma non ossessivo. Una vera rarirtà