La "canzone sanremese" si è estinta, dà la triste notizia il signor Amadeus. Nessuno ha mai saputo cosa volesse dire questa espressione, però tutti sappiamo benissimo a cosa si riferisce. Quella canzone che parla d'amore, con un po' di struggimento e gli archi a profusione, con le aperture epiche e la voce che vola verso il soffitto. Arrivederci, è stato abbastanza bello e sicuramente lungo.
Questo ci dice l'ascolto in anteprima delle 30 (magari fosse un refuso) canzoni in gara al prossimo Festival di Sanremo, dal 6 al 10 febbraio. Il rito della convocazione dei giornalisti nelle sedi di Roma e Milano (negli ex studi di Che tempo che fa?, prima che la Rai convertisse la ragione sociale alla glorificazione delle parate fasciste) è andato in scena questa mattina. Davanti a noi c'è il direttore artistico Amadeus, che in teoria dovrebbe svolgere questo ruolo di gran cerimoniere per l'ultima volta, ma sono in molti a non crederci. Con lui l'amico Massimo Alberti, che fa partire i pezzi e poi li balla accanto a lui. Mai figura fu più indicata per questo ruolo di un dj della vecchia scuola come lui: per quello che esce dalle casse (gracchianti) dello studio pare di stare in un dancefloor di provincia alla metà degli anni '90.
E allora forse la "canzone sanremese" non è deceduta, ma ha subito una metamorfosi. I brani in gara parlano ancora tutti o quasi d'amore, quasi sempre amori difficili e che lasciano ferite, solo che lo fanno con la cassa in quattro fissa come alle giostre. O almeno, questo quello che si sente dalla versione studio che abbiamo ascoltato, con l'orchestra durante il Festival sarà sicuramente un'altra cosa.
Sentire una dopo l'altra le canzoni di Sanremo fa una certa impressione. Fino a qualche anno quando c'era un pezzo che aumentava i bpm lo si notava subito (Dargen, Rettore più Ditonellapiaga), ora è l'esatto contrario. I pezzi suonano quasi tutti così – "uptempo" dice Amadeus, ai tempi miei si diceva "truzzate" ma perché eravamo dei wannabe alternativi –, quando arriva la ballata è l'eccezione che colpisce subito l'orecchio. Pare la programmazione di una qualunque radio commerciale quando si avvicina l'estate. Lo andiamo ripetendo da tempo: Sanremo dura tutto l'anno e si sta prendendo tutto quanto, mentre fuori il nulla avanza.
Le radio – ma pure i social, e Tik Tok in particolare: le dinamiche non sono così dissimili – sono il fuoco attorno a cui tutti ballano. Amadeus lo dice con grande sincerità – quella lo caratterizza sempre, bravissimo – durante la conferenza stampa post ascolti, anche detta "la fiera del Ciao Ama". “Le radio per me sono molto importanti, perché vengo da lì e perché sono il polso del brano che funziona. Non faccio mai scelte a tavolino a seconda dei generi o del ritmo, ma di certo il mio pensiero musicale predilige il tormentone, perché è importante che le canzoni rimangano nel tempo. Ed è altrettanto certo che la percentuale di pezzi uptempo è maggiore rispetto alle ballate". Manca invece il rock. "Pensavo che dopo il successo dei Maneskin arrivassero valanghe di proposte di questo tipo, invece nemmeno una: non so se non è nella cultura dei nostri artisti più giovani o se quelli che suonano rock non si presentano qua", dice Amadeus anzi Ama e forse la risposta giusta è la seconda.
Tutto è abbastanza spinto, ma funziona. E, c'è da scommetterci, con questa edizione Sanremo finirà per cannibalizzare ancora di più la discografia italiana. Canzoni brutte in senso assoluto – al primo ascolto, che vale davvero poco – ce n'è davvero poco. Tutto gira come deve girare. La scrittura acchiappona dei soliti hitmaker assoldati da tutti gli staff, le produzioni fresche. Ma se domande se esiste un rischio di omologazione, la risposta è: grande come un palazzo.
Con questa convinzione, andiamo a raccontarvi brevemente le canzoni in gara. Ci sarà tempo, pure troppo, per ascoltarle fino allo sfinimento e commentarle bene. Abbiamo dato anche dei voti. È un gioco, non prendetevela a male ma nemmeno a bene.
Clara - Diamanti grezzi 6
Pronti via subito una bella autotunata e un ritornello à la Elodie (che in qualche modo aleggia anche sul titolo del brano). La cassa è parecchio dritta, un passaggio dell'armonia nella prima strofa pare richiamare la canzone napoletana, ma forse è solo una suggestione per via del suo cv attoriale. Iniziano le metafore (dileggianti) nei confronti dell'amore, che qua viene paragonato a una sala slot.
Diodato - Ti muovi 7
Antonio fa tutto da sé e fa la cosa sua, e in un festival di strizzate d'occhio è una cosa preziosa. Il pezzo parte lento, un po' alla Cremonini, oppure alla Diodato, insomma alla gente che si fa bastare musicalmente. Elegante e raffinato, cantautoriale, è quasi straniante in mezzo al resto del cast. Tutto si appoggia sulla sua voce, con ogni probabilità sarà uno di quelli che sapranno far fruttare meglio l’orchestra. È un po' un Fai rumore 2.0, cui presenta numerosi tratti in comune nella scrittura.
Mahmood - Tuta gold 8
È forse il pezzo migliore del lotto quello di Mahmood, il primo di tantissimi scritti con Jacopo Ett. Lo storytelling parte da Budapest e arriva nella periferia urbana, riprendendo tutti i temi forti della sua storia fin qua: il successo, la rivalsa, il non essere mai a posto, e poi le seconde generazioni ("dicevi ritorna al tuo Paese"), il rapporto con i genitori (il padre torna in gioco dopo Soldi). Il ritmo cambia più volte, in un crescendo che rimanda a Dorado e i brani più danzerecci di Alessandro. Irresistibile, inno maranza ma di classe.
Sangiovanni - Finiscimi 6,5
Eccola la ballata, seppur sui generis. Una storia d’amore, di pentimento e richiesta di perdono. Il testo è moderno, pure un po' emo, antimachista e antimuscolare. Il ritornello apre decisamente e prova a piantarsi in testa, cosa che probabilmente accadrà. La sua voce è meno "corsiva" che in passato, il ritornello è sanremese (per smentire quanto detto prima) ma ci sono rispetto al Sangiovanni che conosciamo note più black.
Loredana Bertè - Pazza 8
La partenza hard rock è clamorosa, tanto che forse è l'unico pezzo rock di questa edizione. “Sono sempre la ragazza che per poco già si incazza”, dice Loredana. Il testo è di autodeterminazione, femminista come può esserlo Bertè. Un aggiornamento di Non sono una signora? In parte sì. L'arrangiamento è moderno, l'intensità non scende mai grazie al suono delle chitarre. Al resto penserà lei con la sua personalità: se la voce regge può sognare in grandissimo.
BNKR44 - Governo Punk 7
Un buon pezzo per l'esordio dei ragazzi di Empoli, che da Sanremo han solo da guadagnare con così poca pressione addosso. Pop punk che è più pop che punk, con un ritornello che gioca sugli effetti vocali. Il testo parla di una generazione che deve imparare a fottersene per spirito di sopravvivenza. Divertente e fresca, da valutare live. E poi il concetto di governo punk à la "lucio dalla", per come lo intendono loro, è una bella trovata Anche se la realtà va in tutt'altra direzione.
Alessandra Amoroso - Fino a qui 6,5
What a time to be alive. Alessandra Amoroso esordisce a Sanremo (e questa già di per sè è incredibile) con un pezzo che cita (sin dal titolo) L'odio, come il 90% dei rapper italiani. È scritta con Jacopo Ett, Federica Abbate, Takagi e Ketra. Manca solo Daitarn 3. Ma è la scelta giusta, perché, seppur pesi un poco ammetterlo, il testo è contemporaneo e meno retorico di altre volte e l'ambizione di fare un bel pop è raggiunta. La vocalità di Amoroso, poi, sicuramente gliela reggerà. Per le posizioni altissime c'è anche lei.
Fred De Palma - Il cielo non ci vuole 4,5
Aspettavamo il pezzo brutto e per fortuna arriva in nostro soccorso il buon Fred. Che non ha nemmeno bisogno del reggaeton per riuscire nell'impresa. La cassa è drittissima, la scrittura nelle strofe è contratta da vecchia trap, il ritornello davvero truzzo. “Questo amore è una sparatoria”, dice. Qualcuno eccepirà sul fatto che non bisogna fare riferimenti di questo tipo in questo periodo storico, come se fosse questo il problema del pezzo.
Fiorella Mannoia - Mariposa 5,5
Un po’ la sigla di Narcos in versione colonna sonora di Pieraccioni, con i clap clap, la batteria da hit facilona e il ritornello "Ahia ia ia ia ia". Si parla della sua donna, della sua forza e (oddio l'ho detto) resilienza. Pezzo latino come si evince sin dal titolo, in cui non ci sentiamo di dover cascare.
The Kolors - Un ragazzo una ragazza 7
Con Stash c'è Petrella, un altro che firma come di consueto parecchie canzoni in gara per la gioia del suo commercialista. Senza lasciare prigionieri. Le cose sono chiare dopo pochi attimi. La hit è totale, parte fortissimo e non cala mai di ritmo, nel solco della matrice dance velata di funky. Racconta un amore in cui non si capisce se le cose vanno bene o vanno male. Il finale con la progressione è letale, il ritornello quasi offensivo nella sua efficacia e pare rubato ad Annalisa. Le radio fanno la ola, i chiringuiti sono pronti a riaprire.
Emma - Apnea 5,5
Petrella c'è anche qua, con Paolo Antonacci, ma il giochino riesce meno bene. Pare due canzoni in uno, da un lato la dance anni '80, sempre truzza ma un filo più retro – comunque nel solco di quel suono che questo Festival ha fin troppo chiaro e identitario –, dall'altro un ritornello che vuole aggiornare i classici sanremesi da Al Bano in poi. Però Emma va un po' in apnea e ha l'ansia di dire troppe cose. Il messaggio (a patto che ce ne sia uno) rischia di non passare.
Santi francesi - L’amore in bocca 5,5
L'amore anche qua, ma a differenza di quasi tutti i colleghi il ritmo rimane sotto controllo, soprattutto nella prima parte. Già, perché il pezzo degli ex vincitori di X Factor è un po' spezzato in due. Un brano di cui si apprezza l'ambizione ma che, considerato il doping sonoro di molti competitor, rischia di non farcela a spiccare in alcun modo.
Rose Villain - Click Boom! 6
“L’amore è come un proiettile”. Ennesimo paragone balistico, per dire quanto l'amore faccia soffrire. Ricevuto. Rose fa la femme fatale che cerca l'homme fatale ("prendi la mira baby"), riempie il pezzo di onomatopee e a un certo punto fa esplodere una cassa in quattro quasi incomprensibile. Però il ritornello è killer, e “corro da te sopra la mia vroom vroom” fa molto ridere. Le solite radio e pure i social apprezzeranno.
Negramaro - Ricominciamo tutto 5
Fa tutto Giuliano. Pure troppo. Pezzo Negramaro al 700% che accanto agli altri sembra provenire da una capsula del tempo. C'è lui che aspetta lei fuori da casa per andare al mare, ci sono i gorgheggiamenti con la voce alla fine, gli archi di Davide Rossi e la voglia di usare l'orchestra per quello che può dare (perché per fare Gigi Dag, sempre sia lodato, 45 elementi sono un po' tanti). Ma tutto scorre, e c'è chi finisce per rimanere indietro.
BigMama - La rabbia non ti basta 6,5
Anche qua la "drittazza", che però su Marianna non stona affatto, avendoci costruito una buona fetta della carriera. Beat anni '90 pieno, testo che affronta i suoi temi abituali – “Vorresti solo un altro corpo ma a quale costo” – ma con un linguaggio e un atteggiamento del tutto diverso, molto meno aggressivo. Sanremese, a modo suo. Se riesce ad affrontare bene il palco e la canzone, può ben figurare.
Renga e Nek - Pazzo di te 5
L'unico pezzo di Dardust che non sembra un pezzo di Dardust. Inizia con una chitarra acustica, poi partono a incastrarsi le voci dei due. Si parla, indovinate un po', d'amore, con la pistola riposta nella fondina per usare frasi più a modino ("l'amore è irresponsabile"). Abbondano le figure retoriche, pars destruens e pars construens sono usate come insegnano a scuola. Metteremo da parte la loro arte quasi sicuramente.
Ghali - Casa mia 5,5
Con Petrella e Michelangelo, Ghali va a giocarsi la carriera con un ritornello sempliciotto che mette assieme Celentano e Modugno. Il pezzo suona fresco, sempre a cavallo tra '80 e '90, un'anima più funky e una più da dancefloor, grazie anche alle collaborazioni. Ma al di là di un richiamo che potrebbe essere a Gaza – "bombardate un ospedale” – al primo ascolto il testo non arriva a destinazione. E questo è un problemone.
Irama - Tu no 6
Pronti via ed ecco lo sfoggio di estensione vocale e di effetti dell'hitmaker monzese. Il pezzo è tutto su con la voce, epico quasi disneyano, in qualcosa ricorda Ultimo lo scorso anno (ma meglio, molto meglio). Per Sanremo Irama tira fuori sempre la giacca del moderno cantautore (il testo è solo suo), con il cuore in mano, lo struggimento nelle corde vocali e un pianoforte sempre sotto di sè. Vediamo se attecchirà.
Angelina Mango - La noia 8
C'è Angelina Mango, ci sono Madame e Dardust. E questa volta si sentono tutti, ed è uno spettacolo. “È la cumbia della noia” canta l'ex amica di Maria De Filippi. La produzione è della madonna, la scrittura è molto à la Madame e quindi spacca. Ci sono cambi di ritmo e stile, c'è il tango e la teatralità napoletana, le top line e un ritornello da cui non si può evadere. C'è uno special finale in cui tirare fuori la voce che a Sanremo si deve sempre fare. Bisogna farla bene live, ma sulla carta è una mina.
Geolier - I’p me, tu ‘p me 7,5
Duecento autori diversi per un pezzo che però è Geolier in purezza. Coraggiosa, e giustissima, la scelta di portare a Sanremo un pezzo in napoletano a Sanremo con una sola frase in italiano prima del ritornello che ripete ossessivo il titolo. Tutto super up, zero nenie. Sarà una consacrazione e sarà meritata.
Maninni - Spettacolare 6
Il pezzo non è male, una canzone d'amore alla vecchia maniera con qualche concessione ai tempi che corrono (la parolaccia e il muay thai). Anche apprezzabile in un'edizione che più che in riviera ligure pare di stare al Samsara. Il problema è che se sei Maninni in mezzo a quei 30 nomoni ci si aspetterebbe che tu abbia tra le mani Imagine. E non è questo il caso.
La Sad - Autodistruttivo 6,5
C'è mister Pinguini Riccardo Zanotti sia per quanto riguarda il testo che la prod. Lui, preso benone della vita, tira fuori la versione più emo e rabbiosa che abbia per dare un senso alla gita sanremese dei tre. Pop punk super basic ma in cui tutto quanto è al suo posto. La volontà è di farne un inno generazionale – “Non sono mai stato come loro”; “Vomito anche l’anima per sentirmi vivo” –, qualità che si fatica ad attribuire ad Autodistruttivo. Ma non era la rivoluzione (purtroppo) che abbiamo mai pensato che La Sad potesse portare a Sanremo.
Gazzelle - Tutto qui 6,5
Voce graffiata, strascinamento itpop fin dalle prime note e dalle prime liriche, con vista su Roma Nord. Poi emerge quualche riffino qua e qua là e alla fine del primo ascolto il brano è già cresciuto. Lo farà, crediamo, ascolto dopo ascolto. È un sapore che proprio non c'era in questo Festival, e che si lascia assaporare volentieri.
Annalisa - Sinceramente 6
Davide Simonetta è tra gli autori, Morgan inspiegabilmente no. C'è una citazione dai Prozac immaginiamo non voluta. La parola "quando" è ripetuta qualche miliardo di volte. Un po' tarantella, un po' baby dance, è già in presave nelle playlist più temibili in circolazione. In due parole, siamo fottuti. Quindi brava, ma non mi avrai prima del terzo gin tonic.
Alfa - Vai! 5,5
Con Mark Andress Jackson e Ian Brendon Scott come autori, Alfa dà una mano di internazionalità al pezzo, che parte col fischietto. Lui, teen idol che dopo questo Sanremo da preso bene in charge sarà ancora più idol, compone un testo motivazionale e iperretorico. Di solito detesto queste cose, di solito il resto del mondo no.
Il Volo - Capolavoro 5,5
Un po' meglio di quello che si poteva temere. Ma la sciagura rimane.
Dargen D’Amico - Onda alta 6
Il testo è politico, politicissimo, si parla di migrazioni. Ci riserviamo di rileggerlo bene, perché lo abbiamo avuto davanti solo per pochi minuti. Mezzo voto in più per questo particolare, che di questi tempi non è un particolare. Altro mezzo punto perché Dargen è Dargen e non serve aggiungere altro. Ma la cassa dritta ha rotto, il beat è noioso e il pezzo suona come Dove si balla senza il beneficio della novità.
Il tre - Fragili 6
Lazza al lordo di Lazza, Il tre, che è molto bravo, porta un pezzo che inanella varie metafore sulla fragilità umana. C'è la parte cantata e quella rappata (la migliore), che è anche una delle poche veramente tali nonostante il genere sia letteralmente egemone nelle nuove generazioni. Il pezzo rimane un po' nel guado. Non è semplice, ma non è detto che non possa funzionare.
Mr. Rain - Due altalene 5,5
Dopo il colpaccio dello scorso anno – per cui non lo perdonerò mai –, questa volta il signor Rain trasforma in bambini gli adulti. Pezzo patchwork, con autotune e chitarrini, un po' ballata da falò e un po' rap per chi non ama il rap. Retorica alert che esplode come sempre. Ottima per un reel di fine vacanza montato direttamente con il cell.
Ricchi e poveri - Ma non tutta la vita 6,5
Ballabile, tiktokkabile, memabile. I due ricchi e poveri rimasti continuano a lottare con noi e lo fanno con un pezzo che è tanti in uno e che prova a collocarli nel presente, senza cadere nella distopia e nel "ritmo ritmo" del fantozziano maestro Canello. La voce profonda di lui e quella ariosa e inconfondibile di lei fanno i soliti giri immensi e atterrano su una base – indovinate un po' – uptempo. Sono gli artisti con più stream su Spotify tra i big di Sanremo: rapper sucate un po'.
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L'articolo Sanremo 2024, le pagelle delle canzoni in gara: l'estate sta iniziando di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-01-15 14:35:00
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