Sanremo 2025: ancora una volta saremo "ostaggi dello Stato"

Alla fine Carlo Conti mette a segno la carognata e con una mossa sudamericana porta nella notte da 24 a 30 i concorrenti. Sarà ancora orgia musicale, con alcune note liete e un po' più di coraggio rispetto all'era Amadeus, ma con troppi artisti che ormai paiono "parte dell'arredamento"

Carlo Conti e alcuni dei suoi concorrenti
Carlo Conti e alcuni dei suoi concorrenti

Nella vita c'è il momento delle scelte e c'è quello degli annunci. Più i due momenti collimano, più sarai considerato una persona coerente. Ma la coerenza è nulla di fronte a un pezzo di Marcella Bella o al 37esimo ritorno di Irama a Sanremo, deve aver pensato il direttore artistico del Festival Carlo Conti. E così colpo di spugna: tanto che lo avevamo incensato per aver trovato il coraggio di ridurre il numero di partecipanti e fare un passo di lato dalla grande orgia musicale che era stata la rassegna nel 2024, tanto ci verrebbe oggi da trovare un equipollente fiorentino per l'espressione "a cazzarooo".

Già, perché il "cavallo di ritorno" aveva promesso di ridurre da 30 a 24 il numero di concorrenti in gara, una follia targata Amadeus che aveva fatto felici le discografiche e soprattutto la Rai, che aveva incassato con le inserzioni come tutte le "grandi ficcion" e i "ballandi" messi assieme, è tornato sui suoi passi. Nottetempole canzoni sono tornate a essere 30. A cui si somma il ritorno (mefistofelico) dei Giovani e il DopoFestival. Come diceva Fabrizio Corona: tra l'11 e il 15 febbraio 2025 (Coppa Italia permettendo) ci sentiremo "ostaggi dello Stato".

Questo è il primo dato acquisito dopo l'ormai consueto "momento Hugo Chavez" che si è consumato ieri all'ora di pranzo al Tg1, in cui Conti ha preso possesso della rete "ammiraglia" per moltiplicare pani e concorrenti. Detto del quanti, e non è affatto un dettaglio, veniamo al chi saranno i protatonisti del prossimo Festival di Sanremo, che doveva segnare un nuovo corso dopo un quinquennio decisamente trionfale e che invece, al più, pare voler rappresentare una "transizione morbida" rispetto alla "Amadeus Era". I loro nomi, qualora viviate in un'isola sperduta nell'oceano, sono qua.

Cosa dice questo cast? Anzitutto che, al di là del troppo che stroppia,Carlo Conti ha voluto e saputo fare delle scelte. Il suo predecessore, dopo tante intuizioni nel corso delle edizioni precedenti, un anno fa si era piegato su logiche di mercato troppo spinte. Avevano vinto i suoni del momento (anche se non sappiamo cosa significhi),e questo aveva portato a un appiattimento abbastanza impressionante della selezione. Tutto uptempo (una delle parole preferite dell'ex salvatore della patria e ora traditore di viale Mazzini), tutto uguale a sé stesso e a quel che passa in radio. 

La logica dietro al roster 2025 pare diversa. Non per forza migliore, ma più coraggiosa. Partiamo dalle note liete. C'è una quota "indipendente" e, questa volta, inaspettata per davvero. O meglio, si sapeva che prima o poiSan Brunori avrebbe accettato l'invito, ma da lì a vedere il suo nome sul tabellone era un altro paio di maniche. Eppure il "fit" è sempre stato perfetto e siamo sicuri porterà un grande pezzo. Ancora più sorprendente la chiamata di Lucio Corsi, che solo due giorni fa in un'intervista a Rolling Stone diceva che Sanremo era per i manichini. Lucio, lo ripetiamo allo sfinimento, è la cosa più vicina a un "vero artista" (per approccio al mestiere e alla materia) che si abbia oggi in Italia. Quindi felicissimi per lui e per noi: il momento del botto nazionalpop è arrivato, ed è giusto così. Discorso simile a Joan Thiele, che in questi anni è stata confinata nella "nicchia" solo dalla sua bravura. E anche se, parafrasando Freak, "non c'è gusto in Italia essere bravi", siamo certi che funzionerà anche  in quel contesto. Ci sono altre scelte non scontate come Serena Brancale e il ritorno di Willie Peyote, insomma bene.

In generale salutiamo con giubilo la "biodiversità" generale del cast. Mancano i nomoni (a parte forse Giorgia, che però sta facendo di tutto per perdere il profilo di "big" ultimamente), chissà se per scelta di Conti o più probabilmente altrui. Ma non per forza è un male. E ben venga il ritorno delle cosiddette "quote" se l'alternativa, come dodici mesi fa, era avere 28 pezzi su 30 con la cassa in quattro (più Nek e Renga). Detto questo passiamo a quel che non ci convince. Anzitutto, ma lo abbiamo già detto: c'è troppa roba. Non è una questione tipo meme sul fatto che il giorno dopo si va a lavoro con gli occhi crepati di sonno, è che questa mole di ascolti abbassa il livello e la soglia di attenzione e non permette di godere a pieno di quel (poco) che vale davvero.

Veniamo al resto delle perplessità, soprassedendo sulle "canzoni che parlano di famiglia e non di guerra" e sulla concomitanza di Tony Effe e Fedez, che si commentano da sé. Più di 20 nomi su 30 sono già stati a Sanremo, molti ci sono stati più volte e la maggior parte di loro ci sono stati in tempi recenti. Parliamo in alcuni casi di nomi che stimiamo molto ma che sinceramente non ci pare più così rilevante vedere su quel palco, che, anche se a volte non sembra, non è l'unico di questo Paese. Alla fine quello che conta sono le canzoni – pazzesco, eh – e quindi Conti avrà fatto bene a prendere quelle buone e avrebbe potuto risparmiarci quelle così così. Ma nel complesso c'è tanta roba che, per dirla con Lo Stato Sociale, comincia a sembrare parte dell'arredamento. Non è che non si voglia fare nomi, è che dovremmo fare i nomi di quasi tutti i concorrenti in gara.

Altra cosa, non "sbagliata" di per sé ma indubbiamente "pericolosa: c'è davvero tanto rap, probabilmente più che in ogni edizione. Ok, sono lontani i tempi in cui il genere era una quota suggestiva e un po' freak a Sanremo, e pure quelli in cui i rapper facevano i rapper e non avrebbero fatto una strofa cantata nemmeno con un fucile puntato alla gola, ma l'elenco rimane impressionante. E di Cenere non ne capitano tutti i giorni. Rkomi e Achille Lauro (l'ultima volta credeva di essere un santone di Harlem, c'era veramente bisogno di un bis?), Fedez e Tony Effe (la sua presenza incuriosisce e inorridisce al contempo), Rose Villain, Willie Peyote, Emis Killa, Bresh, Rocco Hunt, Shablo con la vecchia scuola (qua c'è del gaso invece, ovviamente). Vero che la maggior parte di loro ha salutato la strada e non dice più Keep It Real da un pezzo, però quanti di loro sono destinati a portare qualcosa di sensato per il contesto? Se no tanto valeva fare il Nameless.

Staremo a vedere, felici di essere smentiti in caso Tony Effe porti la nuova Wish You Were Here. Per il momento sospendiamo il giudizio, ne daremo fin troppi da qui alle prossime settimane.  

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L'articolo Sanremo 2025: ancora una volta saremo "ostaggi dello Stato" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-12-02 10:10:00

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