Sanremo e la normalità che non esiste

Il tempo è adesso. Non è il titolo di una canzone in gara al Festival. È il grido che arriva dai lavoratori dello spettacolo, ancora senza una legge dopo due anni di crisi, completamente dimenticati da uno show dallo share pazzesco ma scollegato dalla realtà. A cura de La Musica Che Gira

Foto Starfooker @MI AMI 2019
Foto Starfooker @MI AMI 2019

Si è appena conclusa la settimana del Festival di Sanremo. Addettə ai lavori e pubblico, tuttə sembrano avere un unico, esclusivo, impegno durante quei giorni. Nel bene o nel male tutti ne parlano, come dimostra il record di ascolti di questa edizione. Amadeus l’ha aperto parlando della crisi tremenda che il cinema e il teatro hanno attraversato negli ultimi anni, motivando così la presenza di attrici al suo fianco. Non una parola sul mondo della musica. Peccato, avrebbe potuto avere accanto una serie di maestranze del nostro di settore, che avrebbero potuto parlare dei live club chiusi da due anni, di un comparto senza diritti e senza leggi adeguate a regolarlo.

Nessuna parola è stata spesa sulla situazione, salvo qualche eccezione tra gli artisti e le artiste che hanno fatto cenno al baratro su cui il settore si muove. Spiace dirlo, ma Sanremo ha dimenticato di dire che la sua protagonista principale, la Musica, è ancora dentro la sua più grande crisi e no, non è per niente finita.

 
 
 
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Insomma, un altro Festival di Sanremo durante il quale ci siamo comportatə esattamente come siamo statə dipintə agli albori di questa pandemia, “quelli che ci fanno tanto divertire”, attori e attrici di puro intrattenimento. Non una parola sui diritti, non una parola su un settore che aspetta da due anni una riforma. Insomma, un altro Festival della Canzone Italiana #senzamusica.

Quando abbiamo pensato a questo hashtag per la campagna legata agli emendamenti al DL Rilancio nel 2020 non immaginavamo che avremmo dovuto usarlo per così tanto tempo. Non immaginavamo che la musica sarebbe rimasta fuori dai pensieri, dalle strategie, dalle preoccupazioni del Paese per così tanto tempo. E sicuramente non immaginavamo che la musica sarebbe rimasta fuori persino dai pensieri di chi con la musica ci lavora.  Cosa è successo? Abbiamo forse dimenticato che siamo ancora nel pieno di una crisi? Dopo aver interiorizzato la precarietà e averla fatta diventare endemica, corriamo il rischio di fare lo stesso con l'unico sentimento che ci ha davvero tenuti insieme da quando è scoppiata la pandemia: la paura.Se non abbiamo paura non sentiamo più l'urgenza di difenderci da quello che ci sta succedendo. E quello che sta succedendo in questi mesi è grave quanto quello che succedeva nei primi mesi del 2020.

Andiamo al sodo ché son passati due anni, signori e signore. Due anni! Partiamo da un dato: la comunità europea ha inserito la Cultura tra gli asset principali della ripartenza. Quanto segue non è romanticismo, è richiesta di sviluppo. “L’Europa lo chiede” non è uno slogan, prendiamone atto in modo definitivo. Parliamo della Legge Delega per la riforma del settore. Quali sono le novità? Al momento non contiene le istanze che il settore ha chiesto nel corso di numerosi e lunghissimi tavoli di confronto ai quali hanno partecipato oltre cento sigle. Istanze che sono rimaste, nero su bianco, sui report inviati da quelle sigle al Ministero. Quindi, quali novità?

 
 
 
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Nessuno ha chiuso i nostri luoghi stavolta, ma le nuove regole ci hanno impedito comunque di fare il nostro lavoro e abbiamo dovuto ripetere la stessa liturgia che ormai ci accompagna da troppo tempo, quella dei concerti rimandati e degli spazi di nuovo vuoti. Il tutto senza delle chiusure per decreto e quindi anche senza ristori. Abbiamo le ossa completamente rotte, anche se Amadeus sembra non saperlo. 

Già, gli spazi culturali. C’è una proposta di legge in parlamento che se approvata riforma il destino di un intero comparto e lo fa bene. È stata depositata il 13 luglio (qui la petizione sull argomento de Lo Stato Dei Luoghi, ndr) . Quando la discute il Parlamento?

Vorrete mai, dopo questi due anni, far ripartire tutto come prima? Quante volte l’abbiamo detta la frase: “La pandemia ha fatto deflagrare una fragilità già insita nel settore"? Il settore necessità di una riforma da troppo tempo e ripartire ora alle regole del pre-pandemia è aver davvero sprecato tutto: solo una riforma seria ci consente di attraversare i mesi della ripresa (che ci auguriamo arrivino presto) per approdare finalmente in un tempo nuovo, fatto di diritti per le lavoratrici e i lavoratori, di riconoscimento del ruolo degli spazi e delle realtà del settore. Qualsiasi altra soluzione è un palliativo. 

Vogliamo allora parlare delle leggi che regolano il Pubblico Spettacolo? Parliamo dell’Art bonus per i nostri luoghi? Parliamo della direttiva europea sui ritardi dei pagamenti delle transazioni commerciali?  Parliamo dell’Imposta sugli intrattenimenti? Parliamo di come è fatto il Fus? Si, anche delle nuove istanze: sono fatte malissimo, perché fino a quando nella direzione generale dello spettacolo non ci sarà qualcuno che conosce il settore, ogni documento sarà scritto sulla logica – differente – degli altri! Parliamo dell’IVA? Parliamo dell’attesa dell’intervento dell’AGCOM per il regolamento sull’equo compenso e per le linee guida sugli infringement? Parliamo del Tax Credit? Parliamo delle imprese globali, le cosiddette OTT, che sottopagano i contenuti? Parliamo della Web Tax e del fatto che aumentare la tassazione delle OTT potrebbe voler dire avere risorse economiche da reinvestire nel settore? Parliamo dei codici Ateco? Parliamo della detrazione dei costi dei biglietti visto che la cultura riguarda la salute pubblica (sì!) come le medicine?

Sanremo è stato silenzio assordante. Sanremo ha taciuto le parole giuste che dette su quel palco sarebbero state più che mai importanti. Diciamole, allora, le parole giuste, perché se non verbalizziamo quanto è accaduto e ancora accade alla musica è proprio la musica a rischiare di sparire dietro uno show che dipinge una normalità che non esiste. Chi ha interesse a riaprire con le regole del passato? Questi anni tremendi hanno senso solo se il sistema cambia. È urgente la riforma del settore, è necessaria una risposta puntuale su tutte le questioni che abbiamo elencato e sulle infinite altre che da esse derivano. Il tempo è adesso. E questo non è il titolo di una canzone in gara al Festival di Sanremo. 

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L'articolo Sanremo e la normalità che non esiste di La Musica Che Gira è apparso su Rockit.it il 2022-02-08 10:20:00

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