Il titolo, Veleno Sottile (Tsunami, 288 p. con fotografie), mantiene davvero quel che ci promette. In questo modo la storia degli Screaming Trees si insinua, aguzza, nelle sinapsi del lettore come quella di una diva dotata e bizzosa, come vuol la tipologia di questo genere di artisti, sempre in bilico, con un passo nel precipizio (pare anche a causa di disturbi mentali, per la verità mai certificati in modo ufficiale) e l'altro verso l'Olimpo della musica rock.
E alla fine delle quasi trecento pagine scritte da Davide Pansolin con gusto, cura dei dettagli e, cosa che non guasta mai, una buona dose di umiltà, non si può fare altro che inchinarsi di fronte ai lamenti sonici della band di Mark Lanegan. Quattro figli di un grunge minore, che mai riuscirono a unirsi ai cosiddetti Big Four, ovvero Nirvana, Pearl Jam, Alice In Chains e Soundgarden, colpevoli forse solo di non essere collegabili a quella fucina inesauribile che divenne la città di Seattle nell'immaginario collettivo, ma alla anonima Ellensburg, a Washington.
Nonostante furono tra i pionieri del genere ed ebbero una carriera che durò per ben quindici anni. Veleno Sottile, che può vantare l'autorizzazione dei fratelli Conner e una prefazione appositamente scritta da Gary Lee, è un affresco umbratile ma intenso, potremmo addirittura a tratti dire epico nella sua sibillina affabulazione. Riprende la lezione delle migliori bio del rock moderno, ampliandole notevolmente attraverso il prisma del particolare e quindi interessante vissuto dei suoi attori. Se da un lato quindi avremmo il legame con la (solita) Sub Pop, qui partiamo da quello con la SST di Greg Grinn e arriviamo al contratto con la Epic, che all'inizio prevedeva l'incisione di sei LP ma finì per arenarsi al quarto (salvato in corner da due EP, per non incorrere a penali).
Se conoscete bene gli Screaming Trees le sorprese saranno nei particolari, oltre il consueto armonico incontro tra psichedelia, punk e folk dei dischi. Nel tortuoso itinerario seguito dai quattro ragazzi lungocriniti al di là delle ballate acide salmodiate da Lanegan e annegate nella corposa chitarra di Conner. Capitolo a sé lo fa quello dedicato al rapporto tra la band e l'Italia. Un legame che va ben oltre il citazionismo degli Offlaga Disco Pax in Tono Metallico Standard e si perde nella notte dei tempi, nei resoconti oramai mitici dei concerti in località che oggi appaiono quanto meno atipiche - e viene da chiedersi come suonavano all'epoca.
Come il Centro Sociale (si chiamava così) di Brindisi, dove i Trees pare diedero il massimo nella primavera del '89 e della cui data esistono ancora numerose testimonianze fotografiche e audio. Interessante è soprattutto il contributo di Daniela Giombini, fondatrice della Subway Productions, l'agenzia che portò da noi alcune delle migliori band della scena grunge tra il 1987 e il 1991. Ex penna di Rockerilla, si dedicò anche alla promozione e alla gestione operativa dei tour di band come Nirvana, Melvins, Mudhoney, TAD e, appunto, Screaming Trees.
E' grazie al suo contributo e di chi come lei che possiamo sì ritrovarci in giro su una Fiat 500 con la band o tirare giù tutti i Santi dal cielo quando capita una disavventura (“A Torino la band aveva lasciato il furgone in strada e Mark Lanegan si era dimenticato le sue cassette in bella vista sul sedile: sfondarono il vetro e gliele rubarono tutte... era disperato!”), possiamo impallidire per il loro masochismo alimentare o commuoverci a sentire nominare luoghi oramai chiusi da tempo o i titoli delle cover che allora il gruppo eseguiva dal vivo, ma il non plus ultra della narrazione è il rapporto con il pubblico, ovvero con noi, e con noi con quelli che erano giovani musicisti e fan della band e poi sono diventati i vari Cristiano Godano, Manuel Agnelli, Alberto Ferrari o Max Collini.
A parte vorrei riportare invece il ricordo di Teho Teardo, perché credo che più di chiunque abbia centrato il punto di quel che voglio dire. “Grazie per quella fiammata di concerto nella notte del Nord-est di inizio anni '90. Mithos Club di Meolo, una balera arredata con improbabili statue greche di gesso, metà pubblico aspettava che i concerti finissero per ballare. Dell’altra metà tutti erano rapiti da ciò che poteva fare un batterista vero, uno di quelli che sapeva davvero suonare e mi fece capire avrei dovuto smetterla di suonare con batteristi incapaci. Una lezione sul senso di possibilità".
E ancora: "I fratelli Conner, corpulenti e giganteschi presero a rotolare a tempo in un vortice di volume e obesità; in mezzo imperturbabile la voce di Mark Lanegan, appeso all'asta del microfono immobile. Solo i cedimenti dell’impianto elettrico potevano osare interrompere l'incanto degli Screaming Trees e ricordare a noi in che razza di provincia fossimo. All'ennesimo corto circuito Mark Lanegan prese furiosamente a calci la porta alla sinistra del palco e uscì nel parcheggio, nel Veneto più buio di sempre. Lo guardavamo ammutoliti da dentro la balera. Dentro e fuori, per tutto ciò che potesse significare, non potevano essere più chiari di così. Rimise piede sul palco quando gli amplificatori si riaccesero e il concerto si concluse in vera gloria. Il giorno dopo acquistai, a rate, un'altra drum machine”.
In Veleno Sottile persino le copie dello stage-plan o del catering sono selezionate e assai gustose, e considerando che stiamo parlando della prima biografia al mondo su questa band a essere autorizzata dalla band stessa si comprende davvero la ragione di tanta minuzia e audacia nella sua compilazione da parte del suo autore.
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L'articolo Screaming Trees, figli di un grunge minore di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2022-05-13 14:46:00
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