C'è un grande nemico che chi organizza concerti all'aperto deve affrontare a ogni occasione suo malgrado: il meteo. È un fattore su cui si può lavorare d'anticipo fino a un certo punto, poi diventa solo una delle dimostrazioni di come l'uomo possa ben poco di fronte alla natura. In Friuli questo lo sappiamo ancora di più: qua la pioggia è una compagna di vita tanto fedele quanto infame, capace di scombinare mesi di lavoro in poco tempo.
È andata più o meno così anche il weekend appena passato. Con Cas'Aupa, circolo di Udine che organizza concerti e di cui vi avevamo raccontato qualche anno fa proprio per un disastro che era successo a causa del maltempo, dal 2022 organizziamo ogni settembre un festival gratuito per chiudere la stagione estiva dei live. È un evento in cui mettiamo tanto cuore e che vogliamo sia una grande festa aperta a chiunque voglia passare, motivo per cui non c'è biglietto di ingresso. Anche quest'anno, quindi, abbiamo passato un'estate a metterlo in piedi, con una sola preghiera in testa: speriamo che il tempo regga. Durante la stagione ci erano già saltati 3 live proprio per pioggia, ossia quelli di Pufuleti, Materazi Future Club e Liquami. Tutti in piena estate, tutti inevitabilmente colpiti da previsioni meteo disastrose e poi inevitabilmente concretizzatesi. Materazi e Liquami sono di nuovo in scaletta al festival, nella speranza di recuperarli, assieme a TA GA DA, Cabrera e all'emergente gruppo local Reverboi.
Quando un concerto viene cancellato per maltempo, la situazione diventa problematica per entrambe le parti: da un lato c'è un locale che si vede gli incassi di una serata in fumo, dall'altra una band che si trova all'improvviso un buco nel calendario, nel migliore dei casi senza essersi mossa di casa. E senza che sia colpa di nessuno, visto che se piove, piove, c'è poco da fare. Certo, chi ha la fortuna di avere uno spazio al chiuso può ripiegare in questo modo, ma per il nostro caso specifico non è una soluzione applicabile, dato che il nostro circolo non ha l'agibilità per lo svolgimento dei concerti al chiuso. E, se parliamo del festival, la venue non è la nostra sede abituale, ma il parco di Salt di Povoletto, nella provincia friulana, quindi non ci sono alternative.
Il problema nel problema negli ultimi anni è diventata l'inaffidabilità delle previsioni meteorologiche. Già l'Italia per la sua forma si presta spesso a errori di valutazione, tanto che nel rimbalzo tra 3B meteo, ilmeteo.it, le previsioni di Google, quelle dell'aeronautica e la pagina "pazzi per il meteo goriziano", tanto vale anche guardare nelle viscere degli uccelli come facevano gli aruspici. Senza poi contare gli sbalzi dettati dal riscaldamento globale, dove è facile che una perturbazione non sia solo un'acquazzone di passaggio, ma qualcosa di pericoloso da affrontare. Oltre alla storia degli alberi caduti, una delle date annullate di quest'anno era proprio lo stesso giorno in cui tre ragazzi sono morti colpiti dall'improvvisa esondazione del fiume Natisone, nella stessa zona.
Per cui, potete ben immaginare tutte le remore di fronte all'allerta meteo arancione diramata il pomeriggio prima del festival dalla protezione civile locale. Inizia così la turbina di messaggi per capire cosa fare, con la decisione in mano al direttivo di Cas'Aupa e al nostro irreprensibile fonico Leo. Le previsioni sono talmente ballerine che non si capisce quando effettivamente la pioggia arriverà e di che intensità possa essere, però arriva tutto a un punto in cui abbiamo troppa roba in ballo: cancellare un gruppo meno di 24 ore prima del concerto diventa una finestra oraria troppo sottile, le stanze degli hotel sono prese, il palco è montato perché il festival è in collaborazione con quello di un'altra associazione, Ospiti in arrivo, che si è svolto il giorno prima e con cui si è voluto investire per avere una copertura sul palco. Insomma, siamo in pista, decidiamo di ballare, non prima di aver passato la sera a chiamare le band per capire come muoversi anche con loro e vedere se, eventualmente, qualcuna di queste può aspettare fino all'ultimo per cancellare l'evento.
In questi casi, il rischio economico di solito è in mano all'organizzazione: tendenzialmente ci si accorda con una qualche forma di contratto per formalizzare la cosa, ma di base per correttezza è così che dovrebbe essere, salvo accordi diversi per necessità particolari. Una delle band, trattandosi di un festival domenicale per cui sono state chieste delle ferie il giorno successivo, avvisa subito che se butta male è meglio per loro neanche partire, così da provare a recuperare il giorno di lavoro all'ultimo. Discorso sacrosanto, ma decidiamo che anticipando un po' gli orari di apertura porte e di esibizione di ciascun gruppo possiamo portarla a casa. Quindi, tutti confermati verso Udine, e che Dio ce la mandi buona (spoiler: non lo farà granché).
La giornata di domenica si apre con un cielo coperto, ma prima che arrivi la pioggia bisognerà aspettare le 16:30/17. Decido di vestirmi con stivaloni di gomma e poncho impermeabile XL come rito apotropaico: preferisco sembrare un coglione e sbagliarmi che aver effettivamente bisogno di tutta sta roba addosso. Purtroppo, servirà tutta: il concerto dei Reverboi fila liscio con appena qualche goccia, quando tocca ai Cabrera la pioggia si fa più intensa. Troppo intensa. Basta una mezz'ora un po' troppo spinta perché i tecnici dichiarino che non si può procedere. I gazebi messi a protezione delle attrezzature reggono quel che possono, il banco sta prendendo acqua, inizia a palesarsi quello che sapevamo sarebbe arrivato, ma speravamo arrivasse più tardi. La beffa vera è che la pioggia si ridurrà poi drasticamente per almeno le due ore successive: non fosse stato per quel momento di picco, almeno un altro paio di live avrebbero retto.
Ma la pioggia non compromette solo quello che succede sul palco. C'è tutto il fattore della viabilità che va debitamente considerato. I Liquami, il giorno prima in concerto a Narni, devono attraversare un bel pezzo di Italia in una domenica investita per intero dal maltempo, con l'aggiunta dell'enorme sciopero nazionale dei treni. Risultato: rimangono imbottigliati nel traffico all'altezza di Firenze, con due ore e mezza di ritardo previsto sulla tabella di marcia. Ci vediamo costretti a malincuore a decidere di comune accordo di non farli neanche arrivare a Udine, ma lasciare che si fermino a casa, a Milano, visto che non c'è verso di farli salire sul palco. Nel frattempo i Materazi Future Club, col cambio a Mestre soppresso proprio dal suddetto sciopero, riescono a infilarsi nella macchina dei TA GA DA, in partenza da Padova, così da arrivare comunque al festival. Ed è qua che succede la magia.
La situazione al loro arrivo, comunque in ritardo per i suddetti problemi sulla tratta, è che si sta già smontando il palco e non c'è un'alternativa per farli suonare. C'è però una tettoia, dove il pubblico sta ammassato per ripararsi, e una consolle, riservata al dj set per i cambi palco e per il post concerto. Quindi proponiamo: vi va di fare di mettere un due dischi? Va a finire che per circa 7 ore inizia un surreale back to back tra Materazi, TA GA DA e i dj di Cas'Aupa (ossia io e il compare Alessandro Pascolini) dove passa qualsiasi cosa dai Prodigy ad Asereje, da Brusco a La macarena, con un pubblico talmente indemoniato che si sarebbe scatenato anche su 4'33'' di John Cage. Un po' me lo sono chiesto: perché sbattersi per palco, copertura, direzione artistica, tecnica, logistica, ospitalità, booking, agibilità e quant'altro quando la gente alla fine vuole solo ballare Maracaibo? Poi ho capito: se ci siamo presi tutti sti rischi qua, era solo perché la gente potesse divertirsi un po' come cazzo volesse. Pioggia o non pioggia.
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L'articolo E se piove? Cosa succede ai live quando il cielo dice malissimo di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-09-13 14:55:00
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