Il suo moniker deriva da una “storpiatura” del soprannome ai tempi della scuola, Cello, in un dubplate (la rivisitazione di un brano di un artista per celebrare il suo sound) della band giamaicana Ward 21: Sealow, del resto, preannunciava già il ruolo fondamentale che il mare avrebbe assunto in questo progetto. Onde è il primo album della nuova promessa in casa Macro Beats, un titolo, che vuole rappresentare il moto perpetuo che spinge l’autore a scrivere musica, ma anche il senso di perdizione che tutti proviamo al cospetto del mare o di un’opera d’arte. “Le onde s’infrangono sulla riva con ritmo cadenzato, si somigliano tutte, ma ognuna differisce dall’altra. Questo ep rappresenta le mie prime undici onde”.
Simone Patti muove i suoi primi passi nella scena dancehall romana, all’inizio come spettatore, poi prendendo parte in prima persona con la sua crew, la Villa Pamphili, proponendo dj set che, ben presto, evolvono in veri e propri live. “All’interno del circuito reggae, c’è quest’usanza di cantare sulla stessa base, ogni crew, ogni sound partecipa alla stessa festa, ha modo per esprimere il suo punto di vista, il proprio stile. Avrò cantato centinaia di volte su beat del genere, ho fatto la mia gavetta così. C’era uno spirito completamente diverso dal rap, passarsi il microfono è veramente come passarsi il joint, non assomigliavano a una battle di freestyle”.
L’unione tra cantautorato e afrobeat ben si rispecchia nei gusti musicali che influenzano l’autore, Sealow distingue nettamente tra ascolti che si riversano nel sound delle sue canzoni e altri che esercitano principalmente la propria influenza sui testi. Simone ha debuttato scrivendo in inglese, ha deciso di adottare la propria lingua madre incoraggiato dalla nuova scuola cantautoriale che andava creandosi all’interno della scena romana“Gli artisti italiani sono quelli che mi hanno spinto a raccontarmi, a dire la mia, quelli romani come Calcutta e Carl Brave, ma anche realtà come Venerus che ho avuto la fortuna di vedere in concerto a Milano. La componente melodica è quella cui lascio più spazio all’istinto. La gran parte di queste sonorità è di origine caraibica, ma i miei ascolti ‘più caldi’ possono comprendere tanto Manu Chao quanto Pino Daniele”.
“L’afrobeat è il genere che meglio si sposava col nostro percorso nel 2020, tenendo conto che proveniamo dalla musica giamaicana, le su basi sono orecchiabile e ballabili, ma allo stesso tempo versatili. L’afrobeat è diventato il cuore dell’album quando ci siamo resi conto potessimo avvicinare questa musica a una nostra visione più personale senza scimmiottare nessuno”. Simone usa il plurale per includere i produttori con i quali ha lavorato a quella che chiama “la visione sonora dell’album”, Onde, del resto, anche in quest’ottica viaggia in controtendenza, nella tracklist è riscontrabile un unico featuring. “Volevamo collaborare con un musicista piuttosto che con un cantante, a essere precisi, con uno strumento più che con una voce. La tromba è la voce di Roy Paci, volevo uno strumento, gli abbiamo dedicato una strofa intera. Non interessava fare un disco alla moda, volevamo fare un album”.
Il supporto di un’etichetta indipendente è stato rilevante, in particolare se l’etichetta in questione, la Macro Beats, da Ghemon e CRLN, è specializzata nelle derive urban assunte dalla musica italiana. Il Ceo della label non si è limitato ad assemblare i producer che danno coerenza a Onde come un direttore di orchestra, ha letteralmente ispirato Sealow sin dagli albori: “la prima canzone che ho scritto è stata sulla base di un suo pezzo per i Boomdabash del 2009 intitolato Seven Riddim, a loro ha portato bene. Andare a lavorare con Macro Marco per me ha rappresentato la perfetta chiusura del cerchio”.
Scittore, produttore, cantante ma anche speaker, un’esperienza che si è rivelata fondamentale nell’elaborazione di un’identità musicale propria, Simone è tra i fondatori di Astarbene, collettivo creatosi attorno all’omonimo programma radiofonico. “Credo che la radio sia un altro modo per viversi la musica molto piacevole, è uno spazio personale che io vivo con meno vincoli, dove posso stare in contatto con gente che ha gusti affini ai miei. Il percorso in radio mi ha aiutato ad approfondire il discorso sulle sonorità che volevo adottare, nel mio programma non trasmettiamo esclusivamente afrobeat, la radio forse è il miglior mezzo per raccontare l’iceberg di cui Sealow è solo una piccola parte della punta”.
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L'articolo Sealow: i Caraibi al Gianicolo di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-09-29 12:01:00
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