Leo Vertunni è un sitarista italiano di origine inglese. Si esibisce regolarmente in Europa e negli Stati Uniti, e ha suonato anche in Messico, Colombia, Benin, Cina e India. È suo il sitar nell'album Oltre di Mace, successore del fortunatissimo OBE e interamente strumentale che include dance, trance, psichedelia, soul e tanta libertà creativa per un disco che risveglia i sensi.
La storia di Leo è molto interessante: da sempre in contatto con la cultura indiana, nel 2010 inizia a studiare il sitar con Pt. Avaneendra Sheolikar, , che lo introduce alla tecnica dello strumento e allo stile noto come Imdadkhani. Tra il 2016 ed il 2018 prosegue la sua formazione strumentale in Inghilterra con i due maggiori esponenti del sitar in Europa: Ust. Dharambir Sing e Ust. Mehboob Nadeem. Nel settembre 2018 Leo è stato accolto a Toronto (Canada) come discepolo da Ust. Irshad Khan, massimo esperto vivente e diretto discendente dello stile Imdadkhani, che prende nome dalla sua famiglia. Nel 2015 Leo si è laureato in Storia e Civiltà Orientali presso l’Università di Bologna, e ha conseguito nel 2017 un Master in Music Performance alla SOAS University of London. Dal 2019 Leo è docente in Ear Training (musiche tradizionali) presso il Conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza.
Un curriculum incredibile per una forte abnegazione che lo spinge a 19 anni, quando tutti i ragazzi vanno ai concerti o in discoteca a divertirsi, a intraprendere un discepolato da eremita in India insieme al suo maestro per imparare lo strumento. Ci ha raccontato la sua storia.
Come hai iniziato a suonare il sitar?
Sono sempre stato in contatto con la cultura indiana fino dall'infanzia, nella mia famiglia praticavo meditazione e durante i seminari venivano invitati musicisti leggendari della musica classica indiana. Pratico Sahaja Yoga e il sitar faceva già parte della mia quotidianità, è stato un passaggio naturale quello di iniziare a suonare lo strumento. Però non è che ascoltassi solo quel tipo di musica, ho studiato pianoforte, durante l'adolescenza ho suonato la chitarra nel progressive, nell'elettronica. Il mio humus culturale è quello dei ragazzi della mia età, i miei ascolti erano molto vasti, poi a 19 anni ho deciso di avvicinarmi a livello attivo alla musica indiana.
È facile trovare un maestro di sitar?
Oggi ci sono alcune possibilità che prima del 2000 fa erano precluse. Io ad esempio sono docente al Conservatorio di Vicenza, in cui c'è un dipartimento di musica indiana, in cui si può fare un corso propedeutico e una triennale. Nel nostro Paese c'è una grande tradizione di studio della musica indiana, fin dagli anni '50-'60 si organizzavano seminari in cui sono stati invitati grandi musicisti come Ravi Shankar. Oggi il corso di musica extraeuropea è diventato ordinamentale, oltre a Vicenza aprirà un corso a Milano l'anno prossimo e probabilmente questa cosa si espanderà, è un processo ben avviato e già funzionante in altri Paesi come l'Inghilterra in cui ho fatto un master in musica indiana. La musica indiana non è esotica o orientaleggiante, come spesso si legge nelle recensioni (anche di Oltre di Mace), fa parte della nostra interculturalità da tanto tempo e il sitar ha soluzioni tibriche uniche. Fortunatamente oggi siamo più avanti rispetto alle folgorazioni degli anni '60 per gli incensi e i tessuti orientali. Io ho avuto la fortuna di trovare il mio maestro, di vivere in casa sua in India e di studiare in modo tradizionale, con un discepolato in cui mi sono insediato nella sua famiglia non facendo altro che studiare e dormire, da eremita in qualche modo.
Com'è stata questa esperienza, il clash culturale tra India e Italia?
Sapevo a cosa andavo incontro perché ero abituato culturalmente, ma mi hanno colpito alcune cose come l'impianto urbanistico delle città indiane, in cui non esci e ti fai una passeggiata ma devi andare sempre in macchina e avere un obiettivo specifico. La configurazione cittadina in altri contesti è molto diversa da come la conosciamo in Europa ma forse questo vale anche per gli Stati Uniti, quindi una volta che ero a casa del mio maestro non è che potessi andare da qualche altra parte. La mia attenzione era puramente su quello ma ero talmente determinato da subito che non mi ha spaventato.
Che mi dici della collaborazione con Mace?
Penso che lui conoscesse bene la musica indiana da sempre e cercasse qualcuno che suonasse il sitar. Si è imbattuto nel mio nome, il circolo di chi suona la musica indiana seriamente, a livello concertistico è ristretto, ci sono molti che lo fanno solo per diletto. Mi ha scritto in privato, personalmente non lo conoscevo, i miei ascolti negli ultimi anni si erano concentrati su altri generi quindi avevo perso un po' di vista l'evoluzione della musica italiana negli ultimi 15 anni. L'ho lasciata con i Verdena che amavo tantissimo a 19 anni e adesso la sto riscoprendo. C'è tutta una community di musicisti che gravita intorno a Mace molto interessante.
Come lavorate insieme?
Mi ha molto colpito, pensavo che venendo dal mondo della produzione mi avrebbe chiamato per la mia sessione di strumento e basta, invece ha creato delle situazioni come quella dell'anno scorso in cui ha affittato uno studio in Toscana in cui siamo andati tutti insieme, musicisti e amici che voleva coinvolgere in questo progetto e abbiamo passato una settimana a fare jam session, a suonare dalla mattina alla notte inoltrata, per l'idea di venirsi incontro anche nell'aspetto umano, non solo strettamente sonoro. Non so come utilizzerà il materiale che ha registrato ma è una riscoperta, quella di suonare assieme e avere come obiettivo un'idea musicale in cui ognuno porta il suo pezzo, per creare e far respirare la musica. Nel mio, non voglio solamente portare la mia esperienza ma adeguarmi ai contesti diversi e quello con Mace è stato molto positivo.
Quali progetti musicali porti avanti?
Quello con Mace sono fiducioso non sia limitato soltanto a una sessione per Oltre, abbiamo tante cose su cui stiamo lavorando. Poi ci sono i miei concerti solisti di musica indiana, da qualche anno faccio parte di una commistione culturale e musicale che si chiama IndiaLucia che unisce il flamenco e la musica indiana, in più collaboro con musicisti classici, per trovare un punto di contatto tra la musica classica indiana e la musica colta occidentale.
Una curiosità: dove si compra un sitar professionale? Non mi sembra ci siano nei grandi magazzini che vendono strumenti
Ci sono molti privati che vendono strumenti usati, un tempo c'erano negozi che poi hanno chiuso anche perché fino ai primi 2000 la musica etnica andava di moda, poi c'è stata una perdita di interesse generale per le musiche tradizionali e di conseguenza anche per i potenziali acquirenti. Oggi si possono contattatare molti artigiani direttamente online e loro costruiscono lo strumento ad hoc per te. Il sitar di solito è costruito "su misura" per l'acquirente, è personale.
Quanta attenzione c'è da parte dei giovani per uno strumento come il sitar?
Ancora poca, le persone che si avvicinano alla musica indiana tendono a essere un po' in là con gli anni, sarebbe bello cercare di far conoscere questa cultura anche agli adolescenti per permettere ai ragazzi di fare un percorso che poi li porti a suonare strumenti tradizionali. È più difficile imparare uno strumento del genere quando si hanno trent'anni. A livello di pubblico dipende, per la musica classica il target è un pubblico informato, quindi più adulto. È interessante vedere, grazie alla collaborazione con Mace, che i più giovani si interessano a questo strumento che ha segnato più di una generazione, dagli anni '50 al grande successo mondiale grazie ai Beatles.
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L'articolo Searching for Sitar Man: la storia di Leo Vertunni di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-06-17 10:01:00
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