Chissà cosa ne penserebbe oggi di tutta questa situazione Primo Brown? La domanda più inutile, in questi casi, è anche quella che viene inevitabile. Che ne penserebbe di questo tripudio del rap, unico linguaggio di una generazione. Che ne penserebbe dei suoi artisti che a 30 anni o poco più sono già giunti al ritorno alle origini, unica possibile scorciatoia per la credibilità? Boh, e in ogni caso non è questo il punto.
Primo Brown, al secolo David Maria Belardi, non c'è più dal primo gennaio del 2016. Sono passati parecchi anni e la sua assenza è ancora lacerante, perché teste così e penne così in questo meccanismo non ci sono più stati. La sua militanza nel rap – e in questo caso pare proprio l'espressione appropiata – è iniziata sul finire degli anni '80, ancor prima di iniziare con i soci Squarta e Grandi Numeri l'epopea dei Cor Veleno, gruppo di rap romano fondamentale per più generazioni.
Riconoscerlo come "padre nobile" dell'hip hop italiano è il minimo che gli si possa riconoscere. Lo hanno fatto in questi anni diversi colleghi e ora lo fa un film. Si intitola Primo - Sempre Grezzo e sarà presentato al RIFF – Rome Independent Film Festival in anteprima il 22 novembre sera presso il cinema Troisi e il 24 al Nuovo Cinema Aquila (qua la programmazione e più info). La pellicola esplora la vita di Primo attraverso materiale d'archivio e le testimonianze di chi ha segnato il suo percorso. Si basa su un lavoro di ricerca d’archivio durato sette anni, ci sono tantissime testimonianze e parecchio materiale inedito di cui i fan dei Cor Veleno saranno sicuramente entusiasti.
I nomi di colleghi e amici coinvolti nel progetto, che hanno voluto esserci per ricordare Primo Brown, rende l'idea della merce rara che era il personaggio. Oltre alla voce narrante di Elio Germano e ai già citati Squarta e Grandi Numeri, ci sono Jovanotti, Piotta, Ibbanez, Salmo, Coez, Gemitaiz, Tormento, Danno, Masito, Ice One, Amir, Detor, Zambo, Gabbo, Roy Paci, Niccolò Celaia, Ensi, Ill Grosso, 3D Shocca.
Prodotto da Mauro Belardi e distribuito da Ulalà Film&co, il film è diretto da Guido M. Coscino, regista romano classe 1985, già all'opera con Mvula o il mito della pioggia (2008), Il viaggio di Adamo (2009) e Tutta la verità sul caso del signor Valdemar (2011). Qua quello che ci ha raccontato sul film e su Primo Brown.
Perché un film su Primo Brown oggi?
Un film su Primo Brown sarebbe stato necessario anche prima della sua morte. Primo è sempre stata una figura di riferimento nella scena musicale,
un artista trasversale che si è affermato grazie al suo percorso underground che poi è sfociato naturalmente nella dimensione mainstream, senza mai snaturarsi. Forse oggi, a otto anni di distanza dalla sua scomparsa, risulta ancora più necessario raccontare la sua vita e la sua opera. Se oggi il genere di cui lui si è fatto portavoce è il più ascoltato in Italia, è sicuramente merito di figure come la sua, che hanno tracciato un solco profondissimo nella scena. L'intento del film è quello di narrare il lato più intimo di questo grande artista a chi già lo conosceva e, allo stesso tempo, farlo scoprire a chi ascolta la sua musica per la prima volta.
Tu sei dell'85, che ricordo hai del periodo d'oro del rap romano?
Per me l'esistenza del rap si è rivelata nel 1999 proprio con l'album Sotto Assedio dei Cor Veleno. Avevo quattordici anni ed è allora che è nata la mia emancipazione musicale. Loro già suonavano da molto tempo ed erano affermati nel circuito underground, io ero un ragazzino qualunque che andava a comprare i dischi da Goody Music a Piazzale Flaminio. Non sono mai stato un b-boy ma, pur non facendo parte della scena, ho sempre nutrito grande interesse per l'hip hop coltivando negli anni l'ammirazione per Primo e i suoi testi. Poi nei primi del duemila ho avuto la fortuna di conoscere David e Giorgio di persona perchè, essendo molto amici di mia sorella, capitava anche di ritrovarmeli a casa o passare delle serate insieme a Trastevere... e da situazioni come quelle si è sviluppata una dimensione di stima reciproca. Quello che mi ha sempre affascinato era il loro modo di essere fuori dal coro.
Come hai provato a restituire questa "leggenda" di Primo, l'importanza del suo contributo per la scena?
È difficile racchiudere in un film di due ore la vita di un'artista così prolifico. Primo stesso ha saputo raccontarsi profondamente attraverso le sue rime e la paura di realizzare un documentario biografico su di una vera e propria figura leggendaria, era quella di non poter restituire la sua esistenza artistica con coerenza. Ho rifiutato una narrazione apologetica per cercare di raccontare con intimo realismo la sua maestria e l'unico modo per farlo è stato affidarmi alle parole di Primo, raccordando il materiale d'archivio come se lui stesso fosse il narratore della propria storia. Nel film si evince l'importanza cruciale che ha avuto Primo nell'essere stato protagonista del rap italiano in tutte le sue epoche. Lo testimonia il fatto che alcuni di quelli che oggi sono le figure di spicco del rap in Italia gli rendono omaggio descrivendolo come un pioniere, un mentore, un padre.
Come va letto questo film oggi, nell'era dell'egemonia del rap in Italia e non solo?
Credo che questo film sia importante proprio perchè Primo è tra quelli che ha contribuito maggiormente alla diffusione di questo genere. Si è esibito ovunque e in qualunque contesto, e questo te la dice lunga su quanto potesse amare il rap come forma di connessione con gli altri. Svincolato da qualunque logica votata al denaro e al successo. Ad ogni modo credo che lui sarebbe comunque contento del successo del genere, perchè amava questa musica in maniera viscerale e il suo scopo è stato portarla a più gente possibile.
Ogni volta che muore uno famoso tra magazine e soprattutto social è un diluvio di ricordi, celebrazioni, apologie. Per Primo questa dinamica c'è stata eccome, ma è stata diversa fin da subito, sincera, potente, come se tutti gli riconoscessero questo ruolo da "apertore di porte". Che idea ti sei fatto parlando di questo con tanti artisti?
"L'Italia aspetta che sei morto per poi dirti che suonavi da Dio", cantava Primo in Parassiti. Quello che posso dire rispetto al contributo delle testimonianze che ho raccolto, è che Primo ha lasciato un segno indelebile in tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui. C'è stata grande partecipazione e profonda empatia da parte di tutti gli artisti coinvolti alla lavorazione di questo documentario. Le loro voci costituiscono un racconto corale che rispecchia molteplici punti di vista: sicuramente emerge dalle loro parole la ricerca di un giusto tributo ad una delle massime voci del rap italiano.
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L'articolo Il segno di Primo Brown non si potrà mai cancellare di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-11-21 10:32:00
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