Fare sesso e fare l'amore sono tenuti insieme da un gancetto piccolo, se lo liberate troverete ricordi che si perdono o si fermano, dettagli da mettere a fuoco, parti lisce, sfide a braccio di ferro tra cuore e cervello. Come ogni MI AMI che si rispetti, anche il Rockit'Mag di quest'anno - regalato all'ingresso del festival - ha la sua posta del cuore. Eccola: divisa in quattro episodi diversi.
LEI + LUI: In difetto di uno
di Beatrice Finauro
Io ho un potere. La prima volta che incontrai lui fu da Strand, dove lavoravo all'epoca. Cercava una graphic novel. Io gliene consigliai una con qualche tic morboso, una di Tomine, naturalmente, per fargli capire che si poteva fare. Era ormai parecchio tempo che avevo imparato a convivere con il mio problema e le uniche storie d'amore che riuscivo a vivermi a New York erano quelle dei vecchi film di Woody Allen e delle canzoni dei The National. Nulla di sano quindi. Tutti, almeno una volta, tentano di mettere insieme i pezzi e ricordare il numero esatto di persone con cui sono stati a letto. Ecco, quelli che scopavano con me avevano un numero difettoso in testa, in difetto di uno: me. Ad un certo punto della mia vita successe una cosa che cambiò tutto: gli uomini con cui facevo sesso mi dimenticavano subito dopo aver fatto l'amore, questione di minuti, neanche il tempo di fumarsi una sigaretta post coito in santa pace. Lo realizzai una sera. Andai nella toilette con un ragazzo che frequentavo da un po', c'era stato poco alcol ma con l'ultima goccia di sperma che gli fuoriuscì se ne andò anche il più vago ricordo di me. Voltando le spalle uscì dalla restroom come se si fosse semplicemente lavato le mani. Quello della graphic novel ormai io lo conoscevo bene, erano passati tre anni dal nostro primo incontro.
Conoscevo esattamente ogni gesto, ogni parola, ogni possibile reazione, sapevo quanto tempo ci avrebbe messo a venire, diceva che baciavo come un uomo. Accumulavo una quantità di informazioni che neanche il KGB. Conoscevo esattamente l'espressione che avrebbe fatto al risveglio, la mattina dopo, dando la colpa all'alcol del fatto di non ricordare nulla. Non era l'alcol, ero io. Si sarebbe rivestito e se ne sarebbe andato. Poi mi capitava di rivederlo di nuovo in una galleria o in un bar, di creare una situazione artificiale di casuale incontro nelle vicinanze di casa sua, di attaccare discorso e di essere cosciente del fatto che sarebbe stata una nuova prima volta per lui. Sapevo tutto sul suo conto anche se lui lo ignorava. Dedizione e estasi da Santa. Giorni, ore, minuti a collezionare particolari di qualsiasi tipo: qual'è la sua posizione preferita, gli piace Adam Green e vorrebbe che al suo funerale fosse suonata "God Only Knows" dei Beach Boys. L'unica volta che ha potuto trattenere il ricordo di un mio orgasmo per qualche ora fu quando ne simulai uno sonoro da Katz's, come la Sally presentata a Harry. Che cinismo. La parte divertente di tutta questa storia era che potevo permettermi di essere con lui chiunque io volessi, potevo permettermi delle variazioni sul tema identità: sono una giornalista che resta in città solo per una notte, sono una madre di famiglia quindi facciamolo subito, adesso o mai più, negli anni '90 ero la bassista di quella band lì che poi è diventata famosa senza di me, ho fatto un paio di film con Sasha Grey, si anche una comparsata in The Girlfriend Experience, ti porto sull'Empire 'State of Mind' Building e la volta dopo soffro di vertigini quindi restiamo a casa. E contemporaneamente raccontavo cose di me che non avevo mai rivelato a nessuno. Poi una notte, mentre dormiva, mi comparì Phil Spector in sogno con una pistola in mano e mi disse "Be My Baby". Avevo un 45 giri delle Ronettes accanto al letto, era quasi giorno, lo misi su. Lui aprì gli occhi, si volto verso di me e disse: "Good Morning Spider. Lo facciamo di nuovo?".
This Is Our Punk Rock.
LUI + LUI: L'uomo invisibile
di Piergiorgio Pardo & Diego Palazzo (Egokid)
Cara amic@ post@ del cuore,
non ho mai raccontato a nessuno quello che sto per dirti e se adesso ti scrivo è un po' perché questa è l'ultima volta che parlo con qualcuno, un po' perché di te mi fido ciecamente.
Tutto è cominciato una dozzina d'anni fa, quando realizzai che LUI aveva i miei stessi orari di lavoro e usciva ed entrava dal portone proprio di fronte allo stabile in cui ho sempre trascorso nove ore della mia giornata. Sai amic@ post@, ci sono uomini che per il portamento, il modo di vestire, o quella specie di aura che li avvolge tutti interi, sembrano bellissimi da lontano; altri che in primo piano danno il massimo, perché ti scombussolano a sguardi; però, e anche tu sicuramente amic@ post@ ne saprai qualcosa, c'è anche un genere d'uomo un po' più raro e più speciale, che è attraente sulla media distanza, giusto il tempo di mettere a fuoco i primi particolari, studiare i movimenti ampi, afferrare la voce, ma senza capire le parole. LUI era così. LUI, collocato alla distanza dell'ingresso dell'azienda di fronte alla mia, era l'ottava meraviglia del mondo. Così presi le misure e cominciai a seguirlo, senza farmi vedere e a debita distanza: quella media. Tutti i giorni lavorativi, dal lunedì al venerdì, da gennaio a dicembre escluso il mese di agosto: avevo capito subito che sarebbe stato un bene per la coppia fare le ferie e i weekend separati. Il nostro fu sempre un amore tranquillo. I giorni più belli erano quelli in cui LUI si prendeva una parte del pomeriggio per un po' di shopping: io in strada, a dieci metri dalla vetrina, se i negozi erano piccoli; nel reparto attiguo, difeso dagli scaffali e dalle pile, quando LUI aveva bisogno che lo accompagnassi in un grande magazzino. Quindi un breve salto per un aperitivo in centro. LUI al suo tavolino fuori sul corso appariva calmo e imperscrutabile: o almeno così lo vedevo riflesso nello specchio, dietro il barista che mi porgeva il solito drink al banco. Rincasavamo quando cominciava a farsi buio, sereni, senza nemmeno il bisogno di comunicarci quella implicita, reciproca soddisfazione, mentre il traffico dell'ora di punta si districava fra i due marciapiedi. Più tardi, sulla soglia di casa, LUI si fermava un attimo a cercare le chiavi, quindi infilava il portone deciso, girandosi solo un attimo. Quella vaga torsione del volto nella mia direzione, prima di diventare anch'egli definitivamente invisibile, era quasi il suo modo di salutarmi e per me un segnale di fine giornata. Il mattino dopo avrei ripreso a vivere, di nuovo a dieci metri da LUI.
Tre giorni e qualche ora fa, a tradimento e nel weekend (giusto per farti capire la sua scorrettezza amic@ post@), LUI mi è comparso davanti durante una festa a casa di amici. Ci hanno presentati: LUI mi ha guardato, io gli ho stretto la mano, LUI ha detto un nome, io ho detto un nome. Adesso potevo vedere anche i gesti più piccoli, adesso potevo anche sentire le parole. Guardava dritto davanti a sé, in una direzione che adesso era la mia. Stava guardando me, vedendo me. Parlava a me. Tutto finito in un istante: come sanno essere crudeli gli uomini a volte. Ma, amic@ post@, quando leggerai questa lettera, io sarò tornato per sempre invisibile.
Spero che, dovunque io sarò domani, almeno una volta nella vita lui possa ancora trovarsi a dieci metri da me.
LUI + LEI: Giugno 2010 Giugno 2011
di Patrizio Mazzuomo
Esce a fumare in balcone in mutande e reggiseno, neri. Le dico devi essere cresciuta in una casa dove non avevano la chiave per la porta del bagno. Nicchia come non chi non capisce neanche di cosa si sta parlando. Nei suoi racconti spiccano quelle che sembrano parole in codice: MXP, CAI, DEL. Somigliano a nomi di partiti politici e sono invece sigle aeroportuali di tutto il mondo, il globo snocciolato nell'edizione bignami per soli addetti al settore. Si vanta giustamente della sua grazia mentre zompetta in sala come la modella di un catalogo di intimo, fuma una sigaretta dopo l'altra. Abbiamo fatto l'amore ma è stato più il gesto che altro, come a Baseball quando l'arbitro allarga le braccia e urla salvo. Il punto ormai è segnato, le squadre rientrano negli spogliatoi.
Siamo stati amici qualche tempo, abbiamo vissuto insieme, litigato persino come chi ha qualcosa da dirsi che proprio non viene su. Stasera balliamo attaccati, il mio corpo sul suo, due ubriachi che danno spettacolo come ce ne sono in qualunque serata. Nel taxi si tira su la maglia e mi infila una mano nel reggiseno, cerco con la coda dell'occhio lo specchietto per assicurarmi che l'autista stia guardando. Ho l'impressione che lo faccia anche lei. A casa mi ricordo della busta nella custodia degli occhiali da sole, ne vuoi?. No io quella roba non la prendo. Non faccio complimenti. Poi è solo un groviglio di tette, tatuaggi e culi, ogni due ore giura di volersene andare, si infila un calzino poi si fa convincere e rimane. All'ora del brunch se ne va sul serio, la inseguo fino alla porta la imploro in ogni maniera, lei sorride mi bacia in fronte e dice: non capisci che non sei tu? E' quella roba a parlare.
Mi prende sottobraccio ricordati che sono fidanzata. Mi tira a se anche se la città è grande ho troppa paura. La stringo in un angolo: lingue che s'accavallano e qualche morso. Scesi dalla macchina c'è una chiesa, davvero è sempre stata la tua fantasia? Mi porta tenendomi per mano e ci sediamo sui gradini. A Brooklyn stanotte non c'è anima viva. Le lecco il collo, avvicino la mano ai jeans, sento chiaramente il calore attraversare il tessuto. Andiamo in un bar, qui suona spesso il mio ragazzo, passa la canzone della vita e ne beviamo un altro. Ora vorrei andare a dormire, con o senza di te dico. Aspetta, vieni mi faccio guidare un'altra volta. Entriamo nel bagno assieme, con una mano m'allontana con l'altra finisce d'abbassarsi i pantaloni.
Esplode lo sdeng della porta in camera, se non le sai aprire fa lo stesso rumore di una pallina su una parete da squash. Ieri sera ha preferito dormire in salotto adesso è in camera con me: ha tutte e due le mani davanti la bocca come un ragazzino che ha combinato un guaio, c'abbracciamo e ci baciamo. Sei liscissimo dice, non ho mai lavorato un giorno in vita mia rispondo. Salgo sopra di lei, lei sopra di me, non ci togliamo mai le mutande, è come nella posta di Cioè dico. Ripete in continuazione di essere brutta ma ci crede solo a metà e non riesce a convincermi. Le infilo un dito tra i seni che tiene stretti. Quando mette la faccia di traverso gli occhi le diventano completamente neri che sembra la miracolosa visita notturna di un animale silvano.
LEI + LEI: Tre Centimetri
di Stefania Bau
Ci veniamo incontro accelerando e frenando, divise tra fretta e paura, come le macchine agli incroci di notte quando il semaforo è giallo lampeggiante.
Sono anni che non ti vedo, ma è sempre un braccio di ferro tra cuore e cervello, una guerra civile tra orgoglio e passione.
Ho così tante cose da dirti che rimango in silenzio, come la somma di tutti i colori che fa nero. Tu invece sembri venuta a cercarmi apposta per allontanarmi. È un controsenso, un ossimoro di intenti.
Ti sforzi di essere un'esca che dissuade, una calamita con i poli fusi insieme. Come quando ho sognato che ti sdraiavi nuda su di me e mi dicevi no. È solo una labile difesa.
Quanta strada dobbiamo fare ancora per ritrovarci?
Stai tentando di fare la dura. Tieni le mani lontano, la tua voce è un prospetto informativo, le ciglia tergicristalli che stridono su vetro asciutto.
Mi dici che abbiamo fatto bene a vivere per qualche tempo in due paesi diversi, ad amarci tramite i corpi di estranei. Ad aver messo un oceano tra di noi, dove buttare le lacrime senza farci scoprire.
Mi dici che forse è meglio così, che magari si può tornare indietro. Ti guardo e non ti dico niente.
Non si può tornare indietro.
C'è un prima e un dopo adesso.
Tu sei stata il troppo, e io quella che ha voluto sfondare i limiti.
Il nostro amore come un urlo nella notte, abbiamo fatto cose inenarrabili io e te. Consapevoli e presenti, due menti erotiche in un mondo pornocratico.
La nostra missione, il nostro pianeta, ingannare l'ancestrale unione tra uomo e donna, rapire il corpo con la punta della lingua.
Riscrivere le regole del piacere usando solo quei tre centimetri.
Poi capelli tra le labbra, parole come febbre, la volontà e la certezza di essere inarrivabili. I viaggi sotto la pelle, le scoperte, le conquiste. Riprogrammare la memoria della cellule, sincronizzare i battiti ai respiri.
La grazia e la perversione, le carezze e le torture, l'efferatezza delle nostre attenzioni.
I baci con la foga di una rianimazione, il sesso quasi disperato, poetico.
Eros e thanatos. Eleganza e violenza. Big ben e apocalisse.
Tutto insieme, contemporaneamente.
Orgasmi come infarti, piacere e dolore che insieme non hanno un nome perché il mondo non sa nemmeno che esiste una sensazione che li coniuga entrambi in egual misura. Ed è sublime.
Andare sempre oltre, rilanciare sempre, morirne.
Come Icaro e il disprezzo, Babele e l'affronto, noi e tutto il resto.
Fino a dirsi addio, e non vedersi più.
Pensare che sarebbe bastato.
No, non si può più tornare indietro, vivere come se niente fosse successo, come cagne sterilizzate, magre e pulite, senza struggimenti.
Mi avvicino, smetti di parlare, finalmente mi vedi.
Ti lecco piano il bordo del labbro, ti sfioro appena.
Quanta strada dobbiamo fare ancora per ritrovarci?
Chiudi gli occhi, ricordati chi siamo, bastano tre centimetri.
La grafica è curata da Oisin Orlandi
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L'articolo SENZA CUORE: La posta del cuore: MI AMI 2011 di Redazione è apparso su Rockit.it il 2011-06-20 00:00:00
COMMENTI (2)
belli belli belli
molto belli questi racconti..
in generale apprezzo molto gli "scritti" sul miami Mag..
gli editoriali soprattutto mi colpiscono sempre..
perchè non pubblicare anche quelli qui sul sito?
:?