Ogni 20 giugno si celebra, dal 2001, la giornata mondiale del rifugiato: si tratta da una ricorrenza istituita dall'ONU con l'intento di dare spazio a quei milioni di persone – 80, secondo le ultime stime dell'UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) – che ogni anno fuggono persecuzioni, guerre e violenze per cercare una vita dignitosa.
Negli ultimi mesi vi abbiamo raccontato del progetto Stregoni di Johnny Mox, incentrato sulle politiche migratorie dell'Unione Europea: il musicista trentino, assieme al collega Above the Tree, dal 2015 gira per i centri di accoglienza di tutta Italia e di Europa per suonare con i richiedenti asilo, conoscere le loro storie e raccontarle. Ora questo progetto è diventato un documentario chiamato Senza voce - la storia di Stregoni, presentato in anteprima al festival di Trento. Ora, vista la giornata speciale di domenica, Johnny e soci vogliono rendere disponibile il film gratuitamente per 48 ore, che trovate a questo link. Qua sotto, invece, le parole con cui Johnny Mox ci ha presentato il film.
Questa storia l'abbiamo raccontata molte volte sul palco.
Lamin arriva in Libia come moltissimi altri attraversando il deserto, si fa un lungo periodo in carcere e altri sei mesi come garzone di un negozio di beni di prima necessità a Sabrata. La notte prima di partire mette sul tavolo tutto quello che ha: poco meno di 300 euro. Li divide in due gruzzoli separati, li avvolge con cura nel cellophane, poi scuce il collo della sua camicia. Infila metà dei soldi nel colletto destro e l'altra metà nel colletto sinistro.
Mentre ricuce il colletto pensa che nessuno riuscirà a portargli via quello che gli è rimasto. In più, se dovesse finire in mare, tutto ciò di cui ha bisogno per vivere e respirare dovrà restare ad ogni costo al di sopra della superficie dell'acqua.
E infatti il gommone naufraga. Lamin finisce in mare con il colletto bagnato dalle onde.
A Pozzallo quando i volontari della croce rossa gli offrono vestiti puliti in cambio della vecchia camicia, logora lui risponde che non c'è problema. Che sta bene così.Questa inevitabilmente è la storia che di solito tutti vogliono sentire, pronti con i cuoricini rossi da sfoderare nelle reactions. Perché, anche se spesso non ne siamo consapevoli, è più facile raccontare chi affronta una migrazione esclusivamente come vittima. Ma questa è solo l'inizio della storia, perché se le vittime subiscono, le persone invece, beh agiscono.
E quindi per Lamin arriva il centro migranti, l'Italia, il Trentino, la musica, il rap, i concerti con Stregoni, il volontariato con gli anziani e poi il lavoro in casa di riposo. La fine del lavoro in casa di riposo, la fatica a trovare una casa in affitto, gli amici, la fidanzata, altri amici, altra musica altra fatica, il nuovo lavoro con i disabili e adesso anche un bimbo in arrivo.
C'è un motivo preciso se nel documentario "Senza Voce- la storia di Stregoni" non vedete i barconi, non vedete immagini di bambini senza vita su una spiaggia del Mediterraneo, non vedete mai i giubbotti arancioni di salvataggio.
Quel motivo è tutta la nostra battaglia.È la battaglia di chi rifiuta di essere identificato sempre e solo come una vittima. Il corpo del bambino o l'abbraccio al migrante in lacrime sono solo una parte del racconto: la parte più drammatica certo, ma purtroppo anche quella più tossica. Ne è un esempio il modo in cui è stata raccontata la vicenda terribile di Seid Visin piegandola a logiche che nulla hanno a che vedere con la lotta al razzismo, tanto meno con il tema della salute mentale.
Stregoni non è nato per raccontare "storie di migranti": è nato come luogo di incontro e scontro, nel tentativo di fare entrare il tema del conflitto nel discorso pubblico. Un posto all'interno del quale sbagliare e andare per tentativi, viene considerato essenziale ai fini della conoscenza reciproca.
Fino a che saremo sempre e solo noi a porgere il microfono ai nuovi arrivati continueremo a collezionare solo sconfitte. Stregoni è nato per fare in modo che queste persone il microfono se lo prendano da sole, che prendano in mano la propria vita.Dobbiamo batterci perché la nostra cultura riconosca come soggetti politici le persone, non le vittime. Perché le vittime sono, per definizione, Senza Voce.
La vittima è sempre innocente, ci aiuta ad individuare i cattivi, di cui abbiamo bisogno, guai se non ci fossero i cattivi, perché a quel punto spariremmo anche noi che siamo i Buoni.
Ma il mondo in cui viviamo non è una puntata di un telefilm. I conflitti ci sono e la complessità non è una condizione da controllare e da domare, ma una lezione da imparare.
Questo vale quando si parla di immigrazione, di emergenza ambientale, di lavoro, di condizione femminile, fino al DDL Zan.
Le vittime subiscono, le persone agiscono.Buona visione
*Le storie sono tutte vere, i nomi sono di fantasia.---
L'articolo Giornata Mondiale del Rifugiato: microfoni aperti contro i confini chiusi di Redazione è apparso su Rockit.it il 2021-06-20 11:15:00
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