Se seguite i nostri CBCR, questo nome non vi suonerà nuovo. Marco De Lauri aka Sethu è uno dei più interessanti esponenti della nuova scena urban italiana, un interprete in grado di variare senza problemi da un rap screamo, "sbraitato" al limite del crossove,r a malinconici quanto romantici brani r’n’b. Savonese, classe 1997, Sethu ha di recente firmato con la Virgin Records, in occasione del suo ultimo singolo. Realizzato in 3D dal regista Anthony Rosati – che in passato ha collaborato anche con Lil Nas X –, tramite un avatar del giovane artista dà vita a una narrazione capace di viaggiare pari passo col testo. Lo trovate qua sotto, in anteprima per Rockit, e si chiama Blacklist.
Perché il nome Sethu?
In realtà è stata una scelta molto banale, ho preso ispirazione dal titolo dell’album di una band Death metal, At the gate of Sethu dei Nile. Senza pensarci troppo.
Chi è Marco, invece?
Sono nato nel 1997. Da due anni e mezzo vivo a Milano, mi sono trasferito qui per studiare alla SAE, l’istituto musicale: le mie intenzioni erano lavorare nel settore musicale a prescindere dal rap. Con me si è trasferito anche Jiz che, oltre a essere il mio produttore, è anche mio fratello gemello. Però, ci tengo a precisarlo, sono nato a Savona.
A Savona hai mosso i tuoi primi passi all’interno della scena punk. Quand’è avvenuto lo "switch" verso il rap?
A Savona la scena underground è veramente fervida, per quando riguarda l’hip-hop, ma anche per il punk e l’hardcore. Con le mie prime band, ho avuto la possibilità di girare diverse realtà, suonare dal vivo, anche se eravamo giovanissimi. Fino a 16 anni il rap mi faceva schifo, poi ho scoperto Salmo ed ho iniziato ad avvicinarmi a quelle sonorità. Grazie a quest’input, ho riscoperto tutto il panorama sotterraneo savonese, del resto siamo la città dei DSA Commando, una delle più forti realtà dell’hip-hop underground nazionale. Abbiamo letteralmente provato a ricalcare le loro orme, anche se con uno stile differente.
Cosa hai imparato suonando in una band?
Suonare in una band è stata un’esperienza utile e formativa, a livello di gusti e influenze, in primo luogo, per allenare il mio orecchio e la mia liquidità musicale. Ma quel che ho veramente imparato è la differenza di approcci che sussistono tra diversi generi. Differenze probabilmente dovute anche all’età, con una band, per lavorare seriamente, bisognerebbe essere più metodici, fissare appuntamenti per trovarsi in sala prove. Il primo aspetto del rap che mi ha veramente colpito era la sua velocità, nella stesura delle canzoni come nel freestyle. Il rap è solo apparentemente più semplice, la realtà che l’intero flusso creativo è indirizzato verso un altro fine, l’espressione. Con il rap non devo rendere conto a nessuno, lavorando con mio fratello poi, da questo punto di vista, sono totalmente indipendente.
In te c'è un po' un bipolarismo artistico.
Ti darò una risposta banale, da quando siamo arrivati a Milano, questa nostra ricerca contaminativa è sicuramente anche una “tattica” per differenziarci dalla maggior parte degli interpreti. Ma in realtà, molto più semplicemente, noi ragioniamo così. Non voglio avere i piedi in due scarpe, a me capita di alzarmi la mattina e trovare mio fratello suonare un riff metal con la chitarra. Magari ci rappo sopra. Il nostro stile è una vera e propria evoluzione naturale.
Quindi la colpa è di tuo fratello?
Siamo molto simili come persone, non perché ci assomigliamo fisicamente. Anche se abbiamo gusti diversi abbiamo una visione artistica molto simile. Ci completiamo a vicenda. È un legame fortissimo, una situazione che non so quanti artisti a livello globale possono vantare. Abbiamo iniziato a suonare insieme in cameretta a dodici anni, paradossalmente, per me la musica ha sempre avuto una dimensione famigliare. Proprio per questo siamo emotivi, non so come dirti, lavorando tra fratelli alcune canzoni sono veramente “peso”.
A chi t’ispiri?
Se dovessi menzionarti i miei artisti preferiti, i già citati DSA Commando, occuperebbero le prime posizioni. Kayne West è sempre stato un punto fermo, non tanto a livello sonoro quando intellettuale, ritengo sia stato uno dei più grandi geni di questo millennio, un pazzo visionario in grado di far dialogare mondi completamente diversi. Il paragone con XXX Tentacion mi sembra abbastanza scontato, fra gli interpreti moderni, è stato uno di quelli che ha aperto maggiormente la testa al mercato americano. Questi sono i miei punti fermi, ma sono un ascoltatore che ricerca mille input e cambia ascolti di mese in mese. Per quando riguarda i generi, a parte l’ultima uscita che è stata molto dura, amo l’ r’n'b e, in particolare, quel genere di pop che ha preso piede in America, pop fatto senza le logiche del pop, ma capace di arrivare allo stesso target, almeno negli USA. Ecco, per farti un esempio italiano ti direi che sono in fissa con Venerus.
Gli americani hanno una cultura musicale e discografica completamente diversa...
Parliamo di numeri diversi, anche un sottogenere può contare milioni di ascoltatori. Ecco perché in America, anche a livelli più alti, ci si prende molti più rischi. Non tutti i rischi vanno a buon fine, ma ci sono artisti che hanno impresso svolte stilistiche alla musica impressionanti. Grazie a questo meccanismo gli Stati Uniti sono sempre un passo avanti rispetto a noi. Io guardo molto anche ad altri Paesi, anche in Giappone c’è una cultura diversa. Molta più liberta di sperimentare, sostenuta da un bacino d’utenza che rimane sempre cospicuo.
Che si nota dal tuo immaginario, che mischia elementi dark con i manga e l’estetica vaporwave.
Una costante della mia vita, che io facessi hardcore, punk o rap, è lo stile dark. Sono attratto da questo stile, non posso farci niente. L’estetica vaporwave, invece, si declina in molte componenti diverse, ma è una costante di tutti quei nuovi interpreti “crossover” della scena, non solo americana, ma anche europea. Un’estetica infarcita di anime, di cui io sono un drogato: penso di aver visto delle serie che non conosce nessuno. L’attrazione per il Giappone è una conseguenza naturale, a livello musicale, andiamo fuori per i gruppi mathcore nipponici, come per le sigle degli anime. Vorremmo fare qualcosa in quella direzione.
A tutti quelli che ti paragonano alla FSK, cosa rispondi?
Rispondo che, con la massima umiltà, pur ritenendomi un artista diverso, le somiglianze con la FSK le sento, le noto e le comprendo (noi avevamo provato a comprendere la band qui). Allo stesso tempo, credo sia una visione parziale. Se ascolti Blacklist è facile accostarmi a Taxi, stilisticamente in alcune canzoni possiamo somigliarci, quel che raccontiamo è differente. Credo che gli accostamenti facciano parte del gioco, sono i diversi approcci alla musica che ci differenziano. Ognuno può sbraitare e spaccare alla sua maniera. A mio avviso, una realtà come la FSK ha mandato un segnale fortissimo al mercato discografico italiano. Ora Chiello è uscito con un pezzo completamente differente. Crema di buccia, lo adoro. Insomma, a me piacerebbe collaborare con la FSK.
Un featuring che sogni?
Per questa “sponda” più urlata sicuramente Radical e altri interpreti della pazzesca scena romana. Per quanta riguarda il lato melodico, come ti dicevo prima, sono veramente innamorato di Venerus.
Mi hai raccontato di una Savona hardcore, ma negli ultimi anni tutta la scena ligure ha spaccato...
Il più grande pregio di Savona è anche il suo più grande difetto. Essendo la patria di uno dei più grandi collettivi rap italiani, ed essendo molto meno grande, meno città del capoluogo, rispetto a Genova, noi suonavamo sempre più underground, più cattivi. Si può dire ci facessimo i cazzi nostri, ma dobbiamo ammettere che ci abbiamo visto corto. Tedua e Izi cominciavano ad avere un grande riconoscimento, a seguito tutti gli altri. Non so dirti se abbiamo sbagliato, stiamo andando bene anche da soli, in fondo, avevamo degli stili diversi, ma, quando me ne sono andato da Savona, mi sono veramente reso conto di quanto spaccasse la scena genovese.
Com’è stato l’impatto con Virgin?
Ottimo, venendo da una realtà indipendente ero abituato a far tutto da solo, ad avere il mio giro e non scendere a compromessi. Il mio percorso ha influenzato anche la mia mentalità, quando mi è arrivata la proposta della Virgin, non che non fossi felice, ma non si può dire l’abbia accetta con entusiasmo. Io canto, urlo, faccio un po’ quello che voglio, non pensavo con una major potesse istaurarsi questo feeling. Il mio stile “urban” sui generis li ha spinti verso una scelta molto in linea con i loro principi, quindi l’esperienza è stata fin da subito positiva, mi lasciano molta liberta a livello artistico, si è istaurato un bel rapporto. Con mio fratello non ho mai lavorato a un lavoro unitario, tantomeno sotto una major. Non vediamo l’ora di poter lavorare a un vero e proprio album, intanto però faremo usciere qualche singolo. La strada è ancora lunga.
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L'articolo Sethu: "Seguo le orme dei DSA Commando, ma con il mio stile" di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-06-01 12:26:00
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