Come un colpo d'aratro sulla terra brulla: il live report dello Sponz Fest 2017

Promessa mantenuta: la quinta edizione dello Sponz Fest riesce nell'intento di partenza e ribalta veramente il mondo e le sue convenzioni.

Come vuole la regola del rovescio, tutto comincia dalla notte. Il tramonto e poi le sole stelle a illuminare la prima transumanza verso il lago delle canne. Calitri-Tucson-Arizona, sette giorni a condividere musica, vino e posti in macchina. Ai piedi del bosco Cinaski diventa Majakowskij tra oscenità e poesie inedite, Massimo Zamboni racconta la Berlino degli anni Ottanta. Se ci si nasconde dalla luce è possibile vedere le Pleiadi, un manto abbagliante che governa gli instradati, assorti tra i fumi delle cucine (salsicce, fegatini e viscere alla brace per cena) e i suoni della fanfara di San Pietroburgo Dobranotch, "buonanotte". L'alba ha il sapore ferroso del vino dilatatore, che ha protetto le ossa dal freddo, ma anche lo sfarzo della cattedrale dell'Annunciazione innalzata dal lauto riottoso di Giorgos Xilouris e dalle percussioni di Jim White, gigante con calzini spaiati.

La sera riporta in auge il mantra del paese, le cannazze, trangugiate prima di perdersi vico a vico tra le grotte-osterie del centro storico: tufo, polvere, odore di lonza e vini indimenticabili, magari offerti dai tavernieri poco prima che torni la luce. Allo Sponz si può toccare un mondo che esisteva prima ed esisterà dopo, ricreato dai racconti e dalle canzoni di Vinicio Capossela. Sotto l'effigie della Cupa Fabio Mina suona in favore di vento, baciato dai primi raggi che assottigliano le ombre delle creature. Lo Sponz Fest aumenta la relatività del tempo. Si va a cercare il tempo perduto nella mestizia del quotidiano, a condividere la propria vita e riconoscere quella degli altri, in fraternità. Che poi la fraternità, come dice Erri De Luca al tramonto, è la sostanziale base per uguaglianza e libertà. Il suo è un manifesto sull'importanza delle parole, epica di ciò che abbiamo dentro, come quelle urlate da Marc Ribot in una serata yippie contro il fascismo e il trumpismo. Nuovi mondi possibili quelli disegnati da Daniele Sepe; mondi in cui la mistificazione, il doppio gioco, l'abuso di potere e la paura siano un bizzarro ricordo.

Di notte le bottiglie possono essere piene o svuotate e trasformate in lumi. Una sorta di metamorfosi sotto cui i Mariachi Tres Rosas (banda di veri e falsi mariachi che nel nome porta un omaggio al gonfalone di Calitri) accompagnano gli instradati con classici del repertorio e una versione messico-calitrana di "Despacito", senza dubbio migliore dell'originale. I reduci sponzati si ritrovano alle 6.30 da Poldo, alla base del paese, magari a intonare "Rapatatumpa", versione caposseliana dei "Proverbi paesani" di Matteo Salvatore, uno che allo Sponz Fest ci sarebbe stato bene. Prima si fa colazione e poi si va a letto: che si ordini un cappuccino, una grappa o una birra ghiacciata fa poca differenza. Un giorno arriva pure il treno. Un treno che, come vuole la regola del rovescio, riporta le persone al paese anziché farle andar via. In Irpinia il treno è una leggenda lungo fiume che ha determinato la costruzione della società prima, e la sua dispersione poi. La linea Avellino-Rocchetta, inaugurata a fine Ottocento, ai tempi di "Franceschina la calitrana", si appresta a diventare semplice tratta turistica (come previsto dalla legge Iacono del 2 agosto). Il ritorno del treno allo scalo Calitri-Pescopagano viene salutato come negli anni Cinquanta: è la riconoscenza verso un mezzo che qui non avrebbe bisogno dell'orario, e che è fondamentale strumento per l'elaborazione dell'immaginario di frontiera.

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La stazione successiva, Conza-Andretta-Cairano, si trasforma in una landa ai piedi del Caucaso, o in una calda pianura del Messico. Una struttura posta in basso, al centro di tre villaggi, il più alto dei quali è Cairano, il paese dei Coppoloni. Dimitri Hramstov, violinista e cantante dei Dobranotch, racconta che in Italia era stato solo vent'anni fa; era arrivato a Bari dalla Grecia e aveva sostato qualche ora a Bologna. Parla del comunismo e della musica che ha trovato in questi luoghi incantati: "I like tarantella", confessa ridendo. Parla dei potentati e dei commercianti, che a San Pietroburgo fanno molta più fatica a campare rispetto ai musicisti. Tonuccio da Caposele (40 km da Calitri) è mattatore della quadriglia più lunga e larga della storia, di quelle che sono come le comete, si vedono una volta ogni cent'anni: la quadriglia del centenario. Nello sponzodromo il corpo a corpo tra cavaliere e dama è cosmico e culmina nel batticulo, come da tradizione. Ricchi premi a corredo: piedi di maiale, una padella piena di uova, mezzo quintale di patate sbucciate, una collana di capi d'aglio, cipolle giganti e peperoncini, e poi la pacca d'oro disegnata dall'orafo Luciano Capossela. Una pacca scomponibile in due, perché la quadriglia è un ballo di coppia. È l'essenza dello Sponz sin da quel passo di "Al veglione": "accaniti nella quadriglia/chi ti lascia chi ti piglia/ding e dang all'incontrè".

Come vuole la regola del rovescio, da lì comincia il concerto alla Sponz Arena, dalla canzone che augura la buonanotte. Anzi, Dobranotch! Emir Kusturica impazza un'ora e mezza con la sua No Smoking band. Lui, che un villaggio l'ha costruito da zero per un suo film (Küstendorf, "La vita è un miracolo") e dal 2008 ci ha portato un festival di cinema e musica, per Capossela è un riferimento, e le loro operazioni di riuso non sono molto distanti. L'ultima alba ha qualcosa di sacrale: in cima al paese Alessio Franchini omaggia Jeff Buckley. Sulle prime note di "Hallelujah" si spegne l'ultima stella, su quelle di "Grace" il sole sorge, mandato da una grande anima. Allo Sponz si entra in armonia con la popolazione. I vecchi del paese ti salutano: "Ciao compa', tutto bene?". Tutto bene, certo. Qua il tempo e lo spazio sono stati ribaltati, la polvere ha seccato le labbra, ancora assetate di Sponzyricon di Luigi Tecce, il sonno ha arrossato gli occhi, ancora increduli nell'osservare lo spirito dei volontari. È una dimensione fraterna irripetibile, da gustare in tutta la sua adorabile flemma e deboscia.

Lo Sponz Fest porta a riappropriarsi, con cognizione e allegria, di ciò che è sempre stato nostro, e che quasi tutti hanno dimenticato: la comunità. Significa scindere il tempo dal denaro. Lo Sponz Fest è come un colpo d'aratro sulla terra brulla, è la dimostrazione fisica che, per dirla con Dario Fo, "il divertimento liberatorio sta proprio nello scoprire che il contrario sta in piedi meglio del luogo comune, anzi è più vero, o, almeno, più credibile".

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L'articolo Come un colpo d'aratro sulla terra brulla: il live report dello Sponz Fest 2017 di DanieleSidonio è apparso su Rockit.it il 2017-08-27 00:00:00

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