Sull’altro lato della banchina una figura agitata mi chiede una sigaretta. Nada, fumo tabacco. Probabilmente gli serviva solo il filtro. Si appoggia al lampione sui cui è appesa la telecamera di sicurezza per eluderne lo sguardo artificiale, dalla tasca di un giubbotto da fabbrica estrae un laccio. In stazione siamo solo noi due, un ultimo sguardo tra il preoccupato e il compassionevole al sottoscritto. Faccio finta di niente, si rimbocca le maniche e inizia a bucarsi.
Nello stesso istante, una Panda griffata Carabinieri parcheggia nel piccolo piazzale antistante. La stazione di Ceriano non è altro che un minuscolo prefabbricato utile esclusivamente a contenere una macchina per i biglietti non funzionante. Dalla vettura scendono due guardie armate, di quelle grosse, col giubbotto antiproiettile e il pizzetto da marò. Si appoggiano al muro opposto della stazione, quello che dà verso Seregno. Immobili, sbuffano fumo dalla bocca fissandomi con aria sospetta.
I due carabinieri svogliati e il tossico con la siringa conficcata nel braccio distavano tra loro non più di cinque metri linea d’aria, eppure, l’uno nemico naturale dell’altro, ma sembrano non essersi accorti di nulla. Paradossalmente guardano fisso me, fino a quando non si accorgono che, seppur girata a bandiera, quella che ho in mano è una sigaretta. Il Saronno-Albairate come al solito arriva scricchiolante e lasciando puzza di freni.
Sul treno mi guardo attorno, e capita di pensare. L’intera tratta è coperta di murales, lungo il tragitto e sui convogli, di tag, di scritte. Ci passano i tossici, ci passano i writer e i manifestanti del Telos, il centro sociale della città degli amaretti. Come nel sottoscala di un liceo di Vigne Nuove. Il viaggio da Ceriano a Saronno dura circa cinque minuti, minuti che spesso si dilatano in ore. Quella mattina il treno era stato soppresso per atti vandalici:
“Dovevamo entrare
Spaccare quei vagoni
E scappare senza essere visti”
Uno dei pochi passaggi di 33 che vi citerò.
Recensire un libro è un’operazione ben diversa che recensire un album, e forse mi sarei trovato ben più a mio agio con un’opera dei BrokenSpeakers, il collettivo rap capitolino nel quale Marco Ubertini, lo scrittore di questo volume, pubblico da pochi giorni per Sperling e Kupfer, militava col nome di Hube. Con lui una manciata di interpreti romani, tra i quali Coez, autore della prefazione del romanzo e nel frattempo diventato golden boy del nuovo pop italiano.
Writing, eroina e guardie sono i tre capisaldi sui quali verte questo racconto. Non ho mai scritto una strofa, non ho mai imbracciato una siringa o una bomboletta spray, ma mi immergo nel libro e ne esco rapito.
Ambientazione decataldiane manco fosse in uno spin-off di Romanzo Criminale, o di Suburra. Se siete fan di quel genere di serie televisive, 33 è il libro che fa per voi. Ma alla crudezza unisce un altro fattore, quella componente anedottistica tipicamente autobiografica che lo rende credibile e allo stesso tempo intrigante, ai limiti del cult, un vero e proprio Trainspotting in salsa caligariana. E in più c'è il rap romano.
Immagini forti, al suscettibilissimo sottoscritto, hanno creato qualche attimo di tachicardia. Il romanzo inizia quasi incensando l’eroina, vera e propria compagna di vita, nell’ottica una visione così romantica della droga da riuscire più di una volta a sostituire i piaceri dell’amplesso. Un orgasmo totale, come del resto i tossici sono soliti descrivere le sensazioni derivanti da questa sostanza. Non c’è nulla di più dolce che fare una pera alla propria ragazza. La lotta con l’eroina per tutta la storia corre parallelamente a un’altra dipendenza, questa volta ben più sana, il writing, in grado di creare la stessa assuefazione a Marco, spingendolo spesso a compiere imprese ben oltre ogni suo limite fisico. Fino a rischiare la vita.
I trentatre capitoli, come gli anni compiuti, trentatre gironi danteschi entro i quali cercare la redenzione. La famiglia, in realtà sempre presente, il fumo, gli impicci, i primi furgoni, posti di blocco, rave, dimore improvvisate. Un coma. Una prosa asciutta ma dettagliata, suggestiva ma incalzante, lascia spazio a qualche reminescenza ritmica da MC, concessione stilistiche che ben si sposano con l’andamento sallingeriano del romanzo. Addirittura, qualche momento di pura poesia futurista:
tag
tag tag
tag tag
tagtagtagtagtagtagtagtagtagtagtagtagtagtag
Paginetta sul bus della Atac.
Un romanzo di formazione moderno ambientato negli anni immediatamente successivi a uno dei capisaldi della narrazione italiana contemporanea, Tutti giù per terra, del quale rappresenta a tutti gli effetti la versione tossica. 33, come il capolavoro di Culicchia, meriterebbe un valido riadattamento cinematografico. Capitolo 20 “Giù in picchiata”: colonna sonora dei Cor Veleno.
La storia di Marco è la storia di un sopravvissuto, uno spaccato su una realtà che cerchiamo di ignorare, ma affolla i nostri vagoni tutti i santi giorni. L’eroina, fino ad oggi tabù della scena hip-hop, è stata sdoganata nelle barre degli artisti rap, come in passato nelle strofe dei Nirvana e dei Velvet Underground. La storia di 33 si svolge a fine millennio, se nel 2020 stiamo ancora trattando quest’argomento, in realtà, vuol dire che non è mai passato di moda. 33 ha il merito di ricordarci che dietro ogni persona, anche il peggiore dei reietti, si nasconde una storia. E da questa merda si può uscire, lasciando tutti con un messaggio di speranza. Morire e risorgere, come la punta di una pianta grassa rubata.
Da oggi, quando un tossico mi chiederà un euro per mangiare, magari glielo lascerò più volentieri. Perché il Game Over arriva solo quando è davvero finita.
per acquistare il libro clicca qui
---
L'articolo Spray, eroina e rap romano: Marco Ubertini, l'uomo che visse 33 volte di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-01-29 09:22:00
COMMENTI