Valentina Dorme - Studio Report

I Valentina Dorme sono alle prese con un nuovo disco. Lo registrano al Blocco A di Villa del Conte, vicino Padova, da Giulio Favero (de Il Teatro degli Orrori). La scorsa settimana sono terminate le riprese, tra poco partirà la fase del missaggio. Non si sa ancora quando uscirà, nè che titolo avrà. Quel che è sicuro è che lo presenteranno al MI AMI. Abbiamo chiesto al gruppo di descrivercelo a parole, mentre prendeva forma in studio, di risposta hanno incaricato un "intruso buono" che prendesse appunti e ne scrivesse al loro posto. Un lungo racconto.



Giorno uno.

Abbazia Pisani. Sempre piaciuto questo nome qui. Un nome di paese. Abbazia Pisani. Ci passiamo intorno alle dieci del mattino. Sette marzo duemilanove. Verso il 'Blocco A'. A Villa del Conte, subito dopo Abbazia Pisani, in verità, il 'Blocco A'.

Non incontro Giulia da almeno due anni. Inutile dire che nei miei sogni la incontro eccome. E vale niente. Me la ritrovo davanti oggi. Carnale. Vera, intendo, in carne e ossa, come si dice. Faccia allegra ubriaca alle dieci del mattino. Bar Bentley, caffè centrale del paese, e centro si fa per dire, dove mi faccio il primo caffè doppio della giornata. E una Fanta cubetti di ghiaccio due e acqua minerale. Come lei. Abitudini intatte.

'Blocco A' è il nome dello studio dove i Valentina dorme registrano il disco nuovo. Quattro anni dopo "Il coraggio dei piuma". Una necessità, che altro? La band è completamente rinnovata. Ha già una sua piccola storia live, ma questi tizi (Alberto, Mario G., Mario P.F. e Max) non hanno mai registrato un disco insieme. Io sono l'intruso buono che racconta come va e come andrà. Su commissione. Osservo e scrivo, è il mio mestiere. Scrittore cronista noleggiato.

Arrivati. Lo studio si trova al centro di un cantiere aperto Ground Zero dentro questo paesello di provincia veneta. Rinnovo globale delle vie del centro, squarciate. I lavori negano il passaggio. Deviazione piccola, facile. Scarico gli strumenti con la band. Il VOX AC30 pesa per due persone e, a occhio, verrà usato per le chitarre pulite del cantante/chitarrista. Il tizio sovrappeso barba lasciata andare da un mese almeno che continua ad accendersi sigarette diana rosse. E le spegne a tre quarti.

[Altro frammento su Giulia. Omissis.]

Passa il tempo, eccetera. Sto qui esiliato a scrivere. Seduto al tavolo più isolato del ristorante dove chiudiamo la giornata. Esilio volontario. Già so che quando tornerò a casa avrò solo voglia di dormire. Quindi rubacchio un quarto d'ora al fine cena, mentre gli altri sorseggiano l'ammazzacaffè.

La giornata è passata veloce un fulmine, fosse l'amore della mia ex moglie. Il fonico è proprio bravo, mi hanno detto i quattro VD a turno. Io ho visto quello che ha fatto e non ho capito granché. Ha microfonato la batteria, ha detto "cassa", "rullo". Ha detto spesso "ancora". Ha detto "figa la firebird, di che anno è?". I suoni che escono dai tamburi e dagli amplificatori sono crudi e veri e friggono il giusto. Diversi da quelli che ho già sentito mille volte in sala prove.

Dalle casse della 'regia b' le cose sembrano prendere una strada buona. Nessuna canzone registrata il primo giorno. Il primo giorno serve per capire e provare e trovare, mi dicono. In realtà, una versione disperata de "la buonanotte in francese" io l'ho sentita, dall'inizio alla fine. Vedremo se resterà o andrà risuonata. Ma l'impressione è che tutto stia andando come deve andare. Bene, cioè.

Telefono a Giulia appena rientrato e barricato in casa. Cellulare spento. O andato, rotto, lanciato in pasto alle iene, numero cambiato. O dentro l'inferno. La notte faccio un sogno buono. Lei sgozzata e squarciata dai cani. E i cani a mangiare la carne che ribolle fuori. E persone che riconosco attorno alla pancia disintegrata a guardare questo banchetto di budella sbocciate, gemmate.

Giorno due e giorno tre.

Guardare e ascoltare dalla 'regia b' è come guardare e ascoltare al telefono quattro persone lontane con il telefono amplificato bene cioè amplificato a palla con un ampli da 1400 Watt. Sbircio il gruppo dall'angolo della porta finestra grande blindata. Mario P.F. e Alberto di spalle, Mario G. a sud e di faccia buona con quel basso che mi piace tanto, crema e caffellatte. E Max. Di Max vedo solo le bacchette quando arrivano sul charleston e contro il crash. Troppo a nordest e la porta-finestra grande blindata non mi regala niente. Sono le casse della 'regia b' a parlare per tutti, quelli di spalle e quelli invisibili.

Riconosco le canzoni. Ho passato un mese in sala prove con la band e le ho ascoltate così tante volte. Sono uno scrittore che si prepara a dovere, io. Il suono arriva chiaro, saturazione bella dei puliti chitarra, tamburi e piatti rotondi e forti, basso scorticato pulsante slabbrato. In due giorni tutti i brani arrivano. Grezzi, da arrangiare giusto quel poco necessario. Ma arrivano. Le basi ci sono, dice Giulio Fonico Ragno Favero. Adesso lavoriamo sul serio, dice.

Giorno quattro.

Il 16 marzo è il giorno delle sovraincisioni. Assoli [pochi, eh], chitarre da doppiare ché i momenti a fiumana siano torrenti di suono veri, scroscianti, dritti in faccia e bum! Alberto mantiene la calma gentleman anche quando il suono si fa sgraziato e distorto e incontrollato. L'amplificatore sposta l'aria a soffi larghi, muove la polvere. Non vorrei essere la libellula che si è posata sulla grata argentata del Fender nel momento di pausa tra "Trieste Centrale" e "Il Terzo Uomo", catapultata alla prima pennata in un baleno breve a metri di distanza dopo i sei minuti di solo fruscio e dopo la calma apparente.

Max sistema la questione tamburelli e maracas e diavolerie ritmiche varie. Ci mette meno di un'ora. Interviene anche sul ritornello di "Benedetto davvero". Cori. E' l'unico nella stanza a essere intonato sul serio e a beccare quella nota lì. Giulio suona qualche chitarra "Trieste centrale", "I Girasoli", "Olimpiadi Salesiane". Il volume dell'Orange e della cassa Fender e del resto è così alto, mentre suona, che siamo tutti a polpastrelli premuti a proteggere timpani e ossicini. A sorridere di questa tempesta.

Giorno cinque.

17 marzo. Il giorno degli archi, il giorno dell'armonica, dell'oboe, del corno inglese, del sax e della tromba. Qui, nel mio cantuccio, faccio il riassunto della session infinita. Niente frastuono, niente rumore, niente folate di suono a scacciare/catapultare insetti ignari, oggi. Oggi gente che sa suonare sul serio. Spartiti.

Fabio De Min dei Non Voglio che Clara ha lavorato all'arrangiamento degli archi e del pianoforte. Sono quattro i pezzi impreziositi. Nelle ore, la parola più usata è "intenzione". "Vorrei e voglio che l'intenzione sia quella giusta e che non tradisca il brano, non lo trasformi in qualcosa di lontano galassie…" dice Fabio.

Qui, dalla mia bergère, vedo sì galassie, ma mi sembrano galassie vicine, familiari. Mi pare che i brani toccati da Fabio lievitino, diventino quello che DEVONO essere. Sarà che sono un romantico periferia Treviso, ma a me questi arrangiamenti sembrano una necessità, davvero. "Giulia Bentley in estate", poi, fra tutte, diventa una Signora. Lo dico all'autore dei brani, il tizio barba da aggiustare che continua a fumare e non parla. Si concentra, il poeta. E si concede un "Io non potevo avere una idea migliore… chiedere una mano a Fabio, dico". Bene. Siamo d'accordo.

Anche oggi incontro Giulia. Da non credere. Fino a pochi giorni fa nessuna traccia, adesso una ossessione. Si fotta il resto del mondo. Scrivo due righe per lei e racconto di ieri sera. Passeggiata Treviso Centro, che, poi, per essere contingenti, Treviso è il disco dei Valentina dorme, con tutti quei riferimenti a vie, piazze, passeggiate lungo le mura.

Ti amo, scrivo sul taccuino, fossi la figlia che ho desiderato, fossi la cagna e le sue bave sul boccone avvelenato, fossi un fosso verde in agosto, prosciugato. La caffeina è dannosa, scrivo. Gli effetti che la caffeina produce sui comportamenti di chi assume la caffeina – per le vie, i vettori, vedete voi - sono descritti in molti testi che si occupano, in genere, anche di altre sostanze psicotrope. Questi testi (elenco ragionato su www.cosimofasano.net) non evitano mai di descrivere, elencare, insistere su, enumerare gravità con lista dall'alto in basso, dove "alto" significa "più grave del successivo", gli effetti deleteri davvero del consumo di caffeina. Ah. Stasera io sono la cavia e sono felice e pazzo e incosciente e irresponsabile, avessi meno anni di quelli che ho, avessi appena compiuto i miei trentatre anni del cazzo o ne facessi ventotto a giugno, diciamo. Quella energia lì, per capirci. Parto da Piazza del Grano e giro in via Santo Agostino. E non Sant'Agostino come sostengono tutti, Mondadori compreso nella economica de "Le Confessioni". Insomma, vado. Ho i proiettili in gola e nella pancia grassa. Arrivo davanti alla prima vetrina, quella dopo il bar esordio della via a destra. La vetrina piena di cose tipo snocciola-olive, segnalibro a forma di gatto, zerbino simpatico che dice benvenuto e non 'fottiti-alla-grande' chissà perché mai, poster con cornici gusto sudicio e portabottiglie e pompini alla idea di vacuità e amici saggi con tumore al colon stadio ultimo. Prendo la rincorsa e sputo. Poi indietro di tre passi larghi. Prendo la rincorsa due e vomito sul vetro la cena toast inferno di poco fa al St. Francis, stasera senza il progettista della M.A.C.R.O. 7 Centro di Intervento Alluvionale tra i clienti che spesso incrocio lì e questo qui viene con i suoi amici/colleghi intelligenza a mulinello e parla di figa e algoritmi audio (ho i file).

Mi tranquillizzo. Metto meno energia nel proseguire, cioè. Cammino. Solo cani in giro, eppure è presto. Non so. Questo è il tempo migliore per i due passi in centro. Si fottano i Treviso centro e le loro mogli infelici con notevoli capacità di recupero dopo l'abbandono ovvio. Arrivo al negozio fotografia e dico fotografia per generosità e amore di sintesi necessari. Basta guardare la vetrina, i prezzi e le foto immondizia matrimoniale che espone il proprietario con moglie commessa treviso centrale (anche lei ha sorprendenti capacità di recupero). Le foto. Ebeti con faccia felice che inciampano dentro inquadrature vecchiume naif. Da piangere sul serio. E avessimo una coscienza civile, cazzo, staremmo tutti un po' più avanti, lì, davanti alla questura, a urlare una denuncia per affossamento del cosiddetto buongusto minimo. Ma tanto, chissenefrega, il brutto serve a niente e fa danni piccoli piccoli alle nostre gloriose giornate al 'Blocco A'. Prendo la bicicletta parcheggiata/appoggiata contro il muro della edicola a fianco. La bicicletta è bloccata contro i ladri da due catene grosse fucsia, una per ruota. Proprietario originale. La tua bici andrebbe legata a qualcosa, chessò, una grondaia, un palo della luce (questo non c'è, ma la grondaia sì, poco più avanti, verso Vicolo Masetti, neppure dieci metri). Così io la posso sollevare e rubare. La uso, fosse l'ariete di Artù, per mandare in mille pezzi la vetrina foto belle degli ebeti e sorrisi nei parchi imbecilli con il sole e la primavera boccoli in fiore. I boccoli pendono sospesi o quasi sulle spalle delle spose, i fiori hanno colori innaturali dentro questi parchi noleggiati per le session post-cerimonia. Suona l'allarme. Esplode, anzi. Un rumore sirena Ground Zero. Uguale alla apocalisse del centro sfondato dai lavori in corso di Villa del Conte, eh. Il frastuono. Lì lì mi piace questa tortura degli ossicini insopportabile da vicino. Vorrei restare. Ascoltare e scoppiare e morire qui. Vado, invece, ché arriverà la polizia a minuti.

Un'altra sosta al pub ci sta. Vado verso il pub. Devo rendere conto a nessuno e domani le studentesse Liceo Classico Parossista degli Incunaboli perdoneranno le mie occhiaie, la mia voce impastata. E il tremore leggero dello zigomo destro. Lo scambieranno per un tic. Ogni venti secondi. Tremolio minuscolo ma percettibile. Ogni venti secondi, anche meno, e sta con me da un annetto o giù di lì. Ogni venti secondi. Va bene per un tic.

Ci sono questioni in sospeso da chiarire e da capire, penso. Non sarebbe neppure così difficile, in condizioni normali. Chiarire, capire, parlare. Ma la normalità –per quello che vuole dire, eh- è scomparsa in esilio con me e con te, mia Waterloo bellissima, dico. E sembra così improponibile adesso parlarci, amore mio. Bugie e silenzio e comodità, i sinonimi preferiti da molti amanti. Nessuna intenzione e nessuna convenienza nella eventualità di un cambio di rotta con gli ormeggi incancreniti. Io ti odio, davvero. Non mi sarei mai aspettato una cosa così ridicola. E sipario. E risate, suvvia.

Una mano piccola con un guanto di lattice. A avvolgere il cazzo e portarlo alla insensibilità intirizzita di ghiaccio per permettere l'applicazione del secondo anellino lucente. Strafatto di aranciata e succo di pompelmo e chicchi di caffè succhiati. Santo niente, sento niente. Il secondo piercing in sei mesi. Il primo alla base dell'asta. Questo qui appena sotto il glande. Ho quasi cinquant'anni e mi perdo. Mi perdo in pensieri che dicono di schifo e schifo, autocommiserazione, puttane noleggiate portate in mansarda, debiti con le finanziarie, chinotto prima e dopo, serial tv bruciati in streaming (Grey's Anatomy mi ricorda la mamma grassa e stupida della mia ex e Grey's Anatomy mi piace un sacco) tanto da vedere l'alba ogni giorno maledetto con gli occhi sgranati e bianchi e stanchi davanti al pc, tre pacchi di Diana Rosse al dì. Cose così.

Torno al pub, si diceva. Entro. Primo tempo al banco, bibita solita e ormai il tizio che paga l'affitto del pub mi chiama per nome e dice "caro" e dice "il solito?" e la mia risposta è sempre sì.

Passa il tempo, eccetera.

Mi ciuccio mezzo chicco di caffè e ordino il quarto cappuccino doppio. Non è la prima volta che mi faccio dentro il pub. Il tavolo angolo a sud verso Porta Santo Tommaso è isolato e è il mio posto. Posso farcela. Ancora. La tempia destra pulsa e pulsa, cazzo, e la palpebra accanto dà di matto. Si chiama desiderio, questa roba qui. Irresistibile, vitale. Dentro c'è di tutto. La figlia appena partorita da mia sorella l'altra notte cioè due giorni fa e che non ho il coraggio di vedere, l'abbandono alle idiozie tipo i nodi alla gola (uh!), la passiflora, le mani di Giulia strette a pugno e lontane, i camion della raccolta differenziata intorno alle quattro del mattino, l'attacco di panico di mia madre il 20 gennaio al Candiani di Mestre e il Pasaden e il Sereupin a seguire, il disco nuovo dei Valentina Dorme, ovvero la vita. Devo scrivere il report. E chi se lo perde! Ci tengo davvero, non sto scherzando. Mi hanno invitato, sarò io a scriverlo e io vado e osservo e scrivo! Io che non c'entro niente. Non so neppure fischiare. Guardo la parete di fronte. Poi apro il libro che ho deciso di leggere dopo il tempo perso con "Italia De Profundis". Le prime frasi e finalmente. Finalmente.

Ieri. Che irritazione. Per ben due ore mi sono dovuto sciroppare la saccenteria di queste varianti di pseudo-intellettuali-con-laurea. Una stupidità da non credersi. Da un lato l'avvocato, con una aria da giurista, una visione del mondo, uno stile e un modo di fare che sapevano di università come un abito sa di naftalina… Dall'altra, l'avvocatuccio che vantava la superiorità delle scienze esatte perché: "in fondo, signori miei, una mente rigorosa non può permettersi certi flirt artistico-filosofici. Avete mai sentito parlare dei 'quanti'?". Un livello da fare paura. E ognuno dei due esemplari era provvisto e completato dalla propria adorante metà femminile, in estasi davanti a cotanto intelletto. Come evitare che le università continuino a fabbricare ciarpame del genere, inquinando l'aria del mondo civile?

[Witold Gombrovicz, Diario II 1959-1969, Feltrinelli 2009]

Torno alla parete. Occhi socchiusi fottuti dai cappuccini iterati. Può andare, dico tra me e me e dico "può andare" anche alla coppia giovane che mi osserva dal tavolo vicino. Dico "può andare" a voce alta. Alta abbastanza per farmi capire nel brusio forte da pub affollato. Il ragazzo e la ragazza con le birre medie e le patatine fritte. Sorridono, loro, e alzano i bicchieri. Rispondo al brindisi. La coppia sorride ancora. Sorriso uguale, i due, comprensivo. Io alzo il pugno e il mio pugno stringe il libro e la coppia può vedere. Anche io sorrido, sì. Leggo un po' e aspetto la chiusura, dico. Poi corro a casa e spero che il sonno arrivi in fretta, dico. Domani, dopo la scuola, ancora 'Blocco A' e suoni e risate e tempo da occupare volentieri. E tempo per gli schizzi e gli appunti sul mio taccuino, questo qui.

Giorno sei.

Eravamo rimasti all'armonica e all'oboe e eccetera. Giornata lunga e indimenticabile e divertente il 18 marzo duemilanove. C'è pure il synth del buon Alberto Montesarchio. Una garanzia. E ancora. I polmoni buoni e i soffi dentro l'armonica di Marco Ballestracci e dentro l'oboe e il corno inglese di Arrigo Pietrobon.

Dalle atmosfere ordinarie chitarre/basso/batteria si passa a canzoni ornate. Piccola novità buona rispetto ai dischi precedenti. Francesco Smania e la sua tromba e il sax, poi. Che dire… Un disco progressive, orchestrale, barocco?

Giulio Ragno Favero, qui dentro, poi, suona piatti, tastiere, chitarre tornado.

E' l'ultimo giorno prima dei mix e atmosfera è un po' tesa… si vuole concludere, si accelera. Sono le due del mattino quando Giulio spegne il registratore.

Ora missaggio. Da domani, intendo. E questa sarà tutta un'altra storia. Chissà se mi chiameranno per raccontarla.

E di Giulia nessun segnale. Per la cronaca, eh.



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L'articolo Valentina Dorme - Studio Report di Redazione è apparso su Rockit.it il 2009-04-27 00:00:00

COMMENTI (8)

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  • srotolina 15 anni fa Rispondi

    Ma allora ci godete proprio a farmi soffrire eh?? Voglio ascoltare il nuovo disco!!!

  • faustiko 15 anni fa Rispondi

    Questa teoria é come la storia di quando sulla carta d'identità ti chiedono la professione e tu dichiari "musicista" e non ti credono...

  • margherita 15 anni fa Rispondi

    Valentina Dorme io vi amo e voi lo sapete.

  • sovietstudio 15 anni fa Rispondi

    Nono,mi piace molto l'intruso buono.
    Pensavo ad una nuova penna per il mio progetto:)


    (Messaggio editato da sovietstudio il 28/04/2009 13:17:32)

  • peep75 15 anni fa Rispondi

    come over 30 alsob carissimo: dissento.
    ammesso che bighellonare significhi qualcosa per qualcuno.
    ferdydurke.

  • alsob 15 anni fa Rispondi

    E' un po' spiacevole aver superato i trenta e ancora bighellonare nel labirinto dell'eterna adolescenza.

  • mariopf 15 anni fa Rispondi

    Un intruso buono...ehm...non ti piace?

  • sovietstudio 15 anni fa Rispondi

    Chi ha scritto il report?