(Larva, le foto sono di Radio Gwendalyn.ch)
Fratto 9 under the sky, Bar La Muerte, Fooltribe, Boring Machines e il Tagomago organizzano a Marina di Massa (Ms) la quinta edizione del Tagofest: la festa delle etichette indipendenti. Una trentina di band in cartellone, più di 60 espositori tra label, distro e fumetti. Un solo inconveniente: la polizia che blocca la seconda serata e manda tutti a casa (eccessive lamentele del vicinato, ci dicono). Con fatica il festival riuscirà a portare a casa anche l'ultimo giorno, ma il timore che non vedremo una edizione n. 6 c'è. E sarebbe un vero peccato. Sandro Giorello racconta.
Sabato arrivo di prima mattina, i tavoli, il pavimento, tutto il Tagomago è sottosopra: ci sono angurie spappolate a terra, bottiglie di whisky vuote, roba che solitamente vedi alla fine del secondo giorno, mai dopo il primo. Arriva Stefano – il proprietario – e mi dice che ieri è andata molto bene: un sacco di gente. Non ricevo molti feedback sulle band che mi sono perso, l'unico è di Bob Corn che mi accoglie con un "Aaaah, Volevo un albero" (da "Dimmi dimmi", dei Camillas, hanno suonato insieme agli X-Mary, NdA) e me lo ripeterà spesso in questi due giorni. Mi sento anche in diretta la lamentela di una vicina – davvero vicina, praticamente con la finestra attaccata al recinto esterno del locale – non è un buon segno.
I concerti partono puntuali, anche quest'anno ci sono due palchi (ma in realtà il secondo sarà utilizzato solo una volta per l'esibizione dei Larva). Si inizia con gli Xtravagance Core: come se i Darkness – quel gruppo new-glam famoso un po' di anni fa, ricordate? - si fossero riconvertiti allo screamo sperimentale. Calzamaglia, cose stupide dette tra un pezzo e l'altro, qualche buon stop'n'go. I Bread Pitt sono bravi ma non colpiscono così tanto: freak'n'roll ben suonato ma, in effetti, nulla di veramente sbalorditivo. I Gazebo Penguins, invece, spaccano tutto: cadono, si rotolano sui pedali, si rialzano senza interrompere il brano e senza perdere il tiro. Uno dei migliori gruppi del festival. Anche i Drink To Me fanno un'ottima figura: immergono tutti gli strumenti nel delay, propongono tempi sghembi e melodie stranissime. Il risultato è dannatamente pop, pur suonando, in sostanza, tutt'altro. Dopo ci sono i Neo, e meritano un paragrafo a parte: trio classico, fanno jazz punk come lo facevano gli Zu ai primi tempi, e senza troppi dubbi saranno quelli che a breve gli ruberanno il posto. Loro prediligono le strutture matematiche e hanno un suono pulito e limpido che illumina ogni finezza eseguita dai tre singoli strumenti. Mai pallosi: un continuo gioco di incastri tra aperture perfettamente arrangiate e parti più spigolose. Di solito non stravedo per proposte del genere ma in questo caso è innegabile di aver per le mani un grande gruppo, di enorme talento e con la possibilità di diventare famosi – se mai può esistere una notorietà in queste cose - quasi scontata. Finiti i Neo, rimane sul palco il chitarrista e salgono i restanti Squartet. Si muovono in un territorio simile a quello del gruppo precedente: la matrice è più rock, di stampo Ruins, Ron Anderson ed affini. Molto piacevoli.
Ah, volevo un albero
Riaccade la stessa situazione dello scorso anno: più gruppi post-hc messi uno dopo l'altro. Decido di saltarmeli e mangiare qualcosa, al tavolo c'è Francesca Amati dei Comaneci - mi racconta delle riprese del nuovo disco, registrato da Mattia Coletti – e Bob Corn. E così mi perdo i Lleroy - ci tenevo a sentirli - e in molti si stupiscono: come, non li hai sentiti? Con i volumi che avevano? Probabile che il suono sia persino arrivato in spiaggia. I concerti continuano sulla via noise-core, fuori dalla sala sembrano bombe a mano che esplodono su un ritmo lento. Non ce la faccio a seguirli, dedico giusto un ascolto ai Scum From The Sun che tanto mi erano piaciuti su disco, dal vivo non deludono. Si chiacchiera, si beve, tutte le sedie dietro le bancarelle ormai formano tanti semicerchi di persone. Ad un certo punto la musica si ferma, qualcuno dice che è arrivata la polizia e sta chiedendo i documenti a tutti, anche ai Cani Sciorrì che erano sul palco pronti a partire. C'è un via vai di gente, sono tutti molto preoccupati, Onga di Boring Machines viene da me e mi dice: è vero, entro mezzora dobbiamo chiudere il locale, chiamami domani a mezzogiorno e ti dico quel che faremo.
(Banchetti)
Al mattino seguente, sul lungo mare, incontro alcuni dei ragazzi già visti la sera prima. Le domande sono sempre sono le stesse: abbiamo assistito all'ultima edizione del Tago? E' davvero finito tutto? Durante il pranzo arrivano le voci più diverse: il festival è saltato; oppure: i concerti sono anticipati e finisce tutto alle 9 di sera; oppure: ci spostiamo in una comune sopra Massa, si fanno solo set acustici ma in compenso organizziamo una grigliata. L'unica notizia certa è che i Blake/e/e/e sono annullati, ieri notte in preda al caos uno degli organizzatori gli ha detto di non venire ed ormai è tardi per mettersi in viaggio. Perchè alla fine il festival si fa, arrivano i primi messaggi di conferma. Si inizia con i Nufenen, sono svizzeri e fanno un dark-wave cantato in italiano piuttosto interessante. Dopo ci sono le She Said What?!, duo post punk genovese: canzoni scarne, basso e batteria, molto carine. Seguono i Lebowsky e mi piacciono parecchio: sembrano i Devo, con testi surreali in italiano, parti suonate ben sincronizzate ai campioni, belle melodie. Gli Hiroshima Rock Around sono uno di quei gruppi dove il suono è un buon 50% dello show, li ho già visti alcune volte e non sempre gli è andata bene. Qui tutto è perfetto: pastosi, dritti e potenti, con il sax in aggiunta alla normale formazione chitarra-batteria a rendere l'insieme leggermente più caotico ma mai troppo confuso. Gli Squarcicatrici sono fantastici: Jacopo Andreini e soci mettono insieme Morricone e i Masada, sfuriate acustiche e passioni elettriche, in uno spettacolo che ormai nessuno avrebbe più la forza di ascoltare – perchè ormai è domenica sera, tre giorni di musica sperimentale pesano per chiunque, lo si legge chiaramente sulla faccia dei presenti - invece catalizzano l'attenzione, sono magnetici e energici. Il bis è d'obbligo.
(Comaneci)
Sono molto contenta di essere sopravvissuta, dice Francesca prima di iniziare a cantare, tocca a lei chiudere la serata. Mi giro e vedo che la sala è nuovamente piena, gli sguardi si assomigliano tutti, soddisfatti, uniti, commossi, manco avessimo combattuto insieme una guerra. Una guerra forse no, ma qualcosa di importante è nuovamente accaduto, perché tutti ora ascoltano queste canzoni come se fossero le ultime in assoluto. Perchè, sì, il clima è teso, a Massa – e non solo a Massa - i Club chiudono (ne leggevo sulle cronache locali la mattina del mio arrivo: molti stanno avendo problemi, e credo che quella del festival sia stata una buona occasione per l'amministrazione comunale per calcare la mano). E sembra strano che possa esistere qualcuno che si affezioni a tre giorni di musica quasi del tutto inascoltabile. Ma è così. Il Tagofest è un posto caro a tanti. Sarà per questo che il live dei Comaneci è stato uno dei più belli mai sentiti: un silenzio impressionante, ognuno sapeva che doveva goderselo respiro dopo respiro. Vi capita spesso di trovarvi in posti del genere? A me raramente.
---
L'articolo Tagomago - Massa Carrara di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2009-07-03 00:00:00
COMMENTI (3)
sandro we love you!
qua video e foto!!
bellaaaa
gazebopenguins.com/blog/
Bella lì ragazzi, tra l'altro è stato un piacere partecipare per la prima volta a una manifestazione così bella e colorata. L'anno prossimo arriveremo in forze.
Se volete ascoltarvi le registrazioni dei live, andate pure sul nostro sito radiogwen.ch sotto la sezione Festival-->Tagofest.
a presto
RG:[
"perchè ormai è domenica sera, tre giorni di musica sperimentale pesano per chiunque, lo si legge chiaramente sulla faccia dei presenti..." :]