Un disco doppio, complesso e stratificato. Un lavoro affascinante e suggestivo. La domanda era: riuscirà Capossela a trasferire dal vivo tutta la forza di "Marinai, profeti e balene"? La risposta la dà Claudia Selmi, dopo il concerto milanese di Vinicio. Le foto sono di Elettra Dallimore Mallaby.
Di plausibile cartapesta è l'ossatura della balena, che si erge come ventre e ventaglio avvolge enorme la band. Di carta è il mare in cui porta Vinicio, tra i relitti lasciati da grandi navigatori del passato: Conrad e Melville, ma anche Omero e il suo Ulisse. Boe da raggiungere per arrivare sempre più in là, nel viaggio che è sempre metaforico, è il viaggio della vita, con le sue scelte e l'avanzata della conoscenza, che è distanza e che è nulla senza fede.
Di carta è il disco, perché è scritto e la scrittura di un disco è un'impresa epica, che cambia e smuove intorno. Questo è stato registrato in "isolamento d'altezza" sul Castello Aragonese e a Creta, dove arrivano più chiari il canto delle sirene e i suoni del Mediterraneo e dei dirupi cupi dentro gli oceani. E d'inchiostro nero nero sono i messaggi di profondità che manda l'oscuro polpo d'amor in cerca di compagna. Di carta è anche la "Gazzetta di sala" venduta nell'atrio del teatro degli Arcimboldi per tre dobloni dai due mozzi, un in-folio da acquistare a terra, prima di imbarcarsi, e da ritrovare spiegazzato alla fine come qualcosa venuto da un tempo e un luogo lontano, un'altra vita, un'altra persona. Sul giornale si trovano i primi accenni di un linguaggio marinaresco e biblico, c'è scritto di gesta eroiche, imprese, debolezze, profezie, "che sono dentro di noi, i mostri, le balene, le creature del sogno, cose enormi, molto più del piccolo involucro di corpo che ci contiene, come la morte, l'anima, l'amore, la paura, Dio, God, Tutto Quanto". E sul vascello di "Marinai, profeti e balene" si avvista - se si è fortunati, la debolezza dell'uomo, che è la sua forza, perché in tal modo di sé si conosce un po' la pasta, "le coste di terrore di dentro la balena", ipnotizzati e sublimati dai cori gotici, le voci bianche e i cori da ciurma, si concentrano come visioni i momenti di dolore, redenzione, disperazione, gli abissi, in alto e in basso.
Gli strumenti creano la magia necessaria per lasciare gli ormeggi e, sotto forma di speciali onde sonore (aiutati dagli spettacolari effetti luci), producono in sala il tremolio della luce attraverso il mare, il sole raggiante dell'alba, la fluidità e la mutevolezza dell'acqua, i suoni della nostalgia, dell'angoscia, dell'inferno, della balena, del terrore, ma anche il brulicare delle alghe, il lento processare del Leviatano che gira l'occhio verso di noi, la tempesta, o il tiepido sciabordio delle onde. Passano dall'interpretazione di antiche e vivaci danze irlandesi - le gighe - alle prison song di Billy Budd che si contorce in galera, da blues abissali, a canzoni intimiste, e ballate sottovoce, per rincorrere il "rovescio della vita", e scendere dentro gli acquari dei nostri occhi e delle costole.
Una leggerezza che è altura, verso l'alto e verso il basso, che è agilità del poeta e musico Vinicio Capossela necessaria a tuffarsi e a lasciarsi nelle correnti oltremare, "fino agli estremi confini del mare". Una leggerezza che in alcuni tratti di concerto - con "Dimmi Tiresia", "Le Pleiadi", "Lord Jim", "Le sirene" - è davvero riuscita nel suo intento: portare lontano da quel teatro e galleggiare in alto mare, senza ancore, lasciarsi abbandonare lungo i canti lunghi come le corde dei porti, i canti del mare, il canto della vita.
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L'articolo Live report: Vinicio Capossela al Teatro degli Arcimboldi, Milano di Claudia Selmi è apparso su Rockit.it il 2011-05-21 00:00:00
COMMENTI (1)
un vinicio capossela che "ammalia", davvero, nel concerto al teatro di cremona è stato davvero "ammaliante"...non so se ho già detto che ammalia?! mah.
comunque, props a tutti i musicisti, il chitarrista è davvero eccezzionale...
slops al prezzo del biglietto, ma va bene anche questa...