Il Teatro degli orrori, una meravigliosa allucinazione collettiva

Quella che nel nuovo millennio si potesse mettere assieme teatro civile, noise, cantautorato e mandare a fanculo tutti quanti. Oggi che lo scioglimento della band è ufficiale, riascoltarli è masochismo per masochisti

Ci si può lasciare, se sono già cinque anni che non si sta più assieme? Sì, quando si ha un gusto estremo per il teatro, per la libera espressione, i colpi di scena e le incogruenze. Seppur un po' dolorosa (e penosa) la lettera con cui ieri sera Pierpaolo Capovilla ha annunciato la fine dell'esperienza del Teatro degli Orrori non stupisce, nè risulta in alcun modo incoerente con un percorso, quello della band "artodiana" made in Nord-Est, fatto di curve a gomito che non precedono alcun rettilineo. 

"Il Teatro degli Orrori non esiste più. Lo sapevate già, ma io ho preferito tacere, nella speranza che le circostanze mutassero in qualche modo. Ma la vita a volte non va come si desidera o ci si augura. Tutto ciò mi spiace e mi addolora ancora", alcune delle parole di Capovilla, le altre le potete leggere qua sotto. 

Come chiede lo stesso Capovilla nel post, non faremo alcuna speculazione su ciò che è successo. Niente colpevoli, vittime, moventi e nemmeno "progetti per il futuro". Perché a una vita senza i TDO ci eravamo abbastanza abituati, visto che l'ultimo disco di inediti della band veneta risale al 2015. Perché che potessero volare stracci neri in un consesso umano del genere non era esattamente impronosticabile, perché tra le doti di un meraviglioso frontman come Capovilla non è esattamente la diplomazia a spiccare, perché l'irregolarità è sempre stato il marchio di fabbrica di quella feroce rappresentazione umana. E tra irregolari ci si manda spesso a fanculo

Vale invece la pena ricordare cosa il Teatro degli Orrori ha significato per la musica italiana nei suoi 15 anni di vita (10 effettivi, come nel calcio). Parecchio, per parecchi. Qualcosa di unico per chi, orfano della musica di impegno e di un cantautorato ormai decadenti e mai del tutto convinto della possibilità di una via italiana al "rock capellone", rimaneva folgorato lungo la strada del Prosecco dallo sguardo di un allucinato che assieme ai suoi sodali Mirai, Favero e Valente (più vari ed eventuali, sempre e comunque super musicisti), metteva assieme con uno stile unico gli eresiarchi del teatro mondiale al noise, urlava e sputava mentre citava, rimasticando la loro lingua, i poeti più raffinati di questo pianeta. Una figata assoluta

Il primo disco della band, Dell'impero delle tenebre, uscito nel 2007 per la Tempesta, fu uno shock per tanti. Il secondo, A sangue freddo, esplorava ancora più in profondità il talento espressivo della band, mischiando non solo generi musicali, ma tecniche narrative, campi dell'ingegno. Se il suono risultava un filo meno rivoluzionario, l'affinamento del linguaggio era evidente, e potentissimo. 

Nel 2012 il terzo album, Il mondo nuovo. Dopo Ken Saro-Wiwa e Majakovskij, un altro gigante come Aldous Huxley. Alcune ne rimasero delusi, e noi gli facciamo i complimenti per la sofisticatezza dei loro gusti. Cinque anni fa l'album omonimo, non più all'acme dell'ispirazione, ma ricco comunque di pezzi e melodie capaci di far saltare i fan. In mezzo, le collaborazioni con tutta una scena (allargata) che allora aveva senso chiamare alternativa. Collaborazioni nate da esigenze, comunanza di vedute: allora andava così.

Per quanto l'addio fosse ampiamente metabolizzato l'addio, la sensazione è di avere perso parecchio. Talento musicale e ricerca, imprevedibilità, senso civico, sana radicalità, follia, capacità di indignarsi, coraggio. Qua sotto ne trovate alcuni esempi, prima chiunque sia libero di prendere "direzioni diverse". 

Vita mia (Dell'impero delle tenebre)

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Quell'intro, prima di finire storditi dal basso.

La canzone di Tom (Dell'impero delle tenebre)

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Dopo Guccini poteva non essere il caso di fare una canzone così. E invece ecco la poesia. 

Compagna Teresa (Dell'impero delle tenebre)

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Fosse anche solo per la scelta del tema, meriterebbe una menzione. Anni dopo i CCCP e le sue discendenze, un grande pezzo punk resistenziale.

Scende la notte (Dell'impero delle tenebre)

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Basso più batteria fuorilegge.

A sangue freddo (A sangue freddo)

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Un pezzo di teatro civile straordinario.

È colpa mia (A sangue freddo)

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Strozzo in gola il paragone con il cosiddetto indie dei nostri tempi per non sentirmi il vecchio stronzo che però sono. 

 Direzioni diverse (A sangue freddo)

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Le parole giuste per raccontare qualcosa di difficile eppure così naturale. Commuovente, quasi quanto la corsetta di Capovilla nel video. 

Io cerco te (Il mondo nuovo)

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Saranno gli anni passati a cercare di capire il senso di Io cerco te essi stessi Io cerco te

Skopje (Il mondo nuovo) 

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Difficile, e probabilmente anche inutile, scegliere una traccia in questo concept pieno di ombre sull'immigrazione e la bruttura umana. Ma questo brano sullo sfruttamento nel Nord Est è un calcio in faccia. 

Lavorare stanca (Il teatro degli orrori)

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Questa cosa qua – qualunque cosa essa sia – la sapevano fare come nessun altro.

Benzodiazepina (Il teatro degli orrori) 

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Il mondo oggi. 

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L'articolo Il Teatro degli orrori, una meravigliosa allucinazione collettiva di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-06-15 15:59:00

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