Say it clear, say it loud. Gay is good, gay is proud.
Si sta per concludere il Pride Month, il mese dell'orgoglio della comunità LGBTQIA+, che ha visto in giro per tutta Italia molte parate ed eventi, concerti e workshop con madrine e padrini d'eccezione, per focalizzare l'attenzione sui diritti civili per la comunità. Su celebra in giugno per ricordare il primo Pride della storia, svoltosi nel 1970 negli Stati Uniti dopo un anno dai Moti di Stonewall del 27 giugno 1969 all'interno del locale gay newyorkese Stonewall Inn, che periodicamente era rastrellato dalla polizia.
Il simbolo dei moti è la donna transessuale Sylvia Rivera che ha iniziato la rivolta gettando una bottiglia contro un poliziotto generando una vera e propria rivoluzione con tanto di guerriglia urbana, esplosa dopo le continue frustrazioni dovute alla persecuzione nei confronti della comunità LGBTQIA+. Tutto fu sedato con estrema violenza da parte delle squadre anti sommossa, ma questa battaglia diede luogo al Gay Pride. I carri, i colori, la gioia e la libertà sprigionate dalla parata sono diretta conseguenza di storie di soprusi e abusi, che in molte parti del mondo non sono ancora cessati. In Italia, la prima manifestazione contro l'omofobia risale al 1979, mentre il primo Pride ufficiale si è svolto a Roma il 2 luglio 1994.
Oggi il mese del Pride inizia con i tanti brand che si buttano a pesce nel vasto mare della tanto variegata comunità, colorando con la bandiera arcobaleno i propri loghi e sponsorizzando carri, eventi, sfilate, per non farsi mancare l'occasione di mostrare a tuttə quanto siano impegnati per sostenere i diritti LGBTQIA+. Spesso, lasciatecelo dire, mostrano quell'attenzione solo di facciata, una vera e propria appropriazione culturale per un rainbow washing nauseante. Prima di lanciarci in polemiche però, fateci dire che è molto bello vedere quasi tutta Italia che festeggia l'orgoglio e chiede diritti per la comunità.
Un quasi che fa una notevole differenza: ci sono regioni come il Veneto, il Trentino o il Friuli che non sembrano aver aderito agli eventi ufficiali del Pride, segnando un divario niente male tra le due, tre o quattro Italie che abitiamo. Questa rinnovata attenzione da parte dell'opinione pubblica, dei media, dei brand, dei servizi di streaming e delle playlist ha fatto sì che intorno alla comunità LGBTQIA+ si sia sviluppata una (sorta di) scena musicale queer italiana che qualche anno fa non era pensabile.
Lo sa bene La Rappresentante Di Lista, una band che da anni spinge il genere queer pop e che è riuscita a portarlo sul palco dell'Ariston, lo sanno bene Myss Keta, Immanuel Casto e tutte le rispettive crew, Lilith Primavera (performer e attrice nella nuova serie tv Le Fate Ignoranti di Ferzan Ozpetek) e le Playgirls From Caracas, Populous, Stefania Pedretti, Helena Velena, Ariete che scrive canzoni d'amore per la sua ragazza e i teenager la adorano, Emma Nolde, Nicol, Boyrebecca, L I M, Queen of Saba, la musica liquida di Venerus, Madame, Protopapa, Voodoo Kid, Vittoria Burattini dei Massimo Volume, Michele Bravi, le Fucksia, il Fluido Studio, Cosmo con la sua Magica Parata del Libro o Lucia Manca con il suo inno queer Eroi, usato anche da Luca Guadagnino nella sua serie tv We Are Who We Are che esplora tematiche gender fluid sia nell'adolescenza che nell'età adulta.
Per la fine del Pride Month, Hu, Vergo e Cmqmartina hanno collaborato a una cover del brano Ti voglio di Ornella Vanoni del 1977, uscita in esclusiva per Amazon Music. Tre voci del queer pop che si uniscono per una versione elettronica e sensuale, con un video che fa volare la fantasia verso i lidi dell'amore e del sesso liberi da ogni confine.
A questo proposito, c'è da domandarsi se servano davvero madrine etero CIS - nonostante siano di sicuro simpatizzanti LGBTQIA+ e pure icone gay - come Elodie al Pride romano, per puntare i riflettori su un mondo di cui non fanno parte, invece di lasciare spazio ad artistə gay, lesbo, trans, bi, pan, che possano davvero rappresentare la comunità. A volte viene il sospetto che le parate ufficiali siano fatte più per chi non fa parte della comunità che per gli attivisti, ma d'altronde parte il nostro Paese è ancora lontano dalla normalizzazione rispetto a certi temi.
Basti pensare che Tiziano Ferro è dovuto andare oltreoceano per sentirsi libero di dire che amava un uomo, che le sue canzoni prima del coming out sono tutte rivolte al femminile e che proprio sulla rivelazione delle preferenze sessuali delle star, in Italia c'è un interesse morboso che in altri Paesi non c'è. Parlando di vera e propria scena queer, in Italia soprattutto vivono le più disparate realtà che stanno "uscendo dagli armadi" per mostrarsi in tutta la loro scintillante bellezza, ma non sono ancora unite da una rete di rappresentanza, per colmare il gap riempito per anni di silenzi, discriminazione, mancanza di diritti e vuoti legislativi. Il tempo è maturo per un passo in avanti.
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L'articolo È tempo di dare vita a una vera scena musicale queer in Italia di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-06-28 10:47:00
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