La telecamera del regista Massimo Scarabaggio ci ha fatto vedere cinque storie (qua e qua), con protagonisti altrettanti artisti che hanno deciso di trasferirsi a Milano per provare a investire ogni risorsa possibile sulla loro carriera. Al centro, una domanda: è possibile stringere relazioni profonde, reali, in questa città? Ora tocca ad altri cinque soggetti. Vi abbiamo già mostrato Olly, in un'intervista realizzata appena prima di scoprire di essere in gara a Sanremo, e il confronto tra le visioni contrapposte di Claudym e Caffelatte. Ora tocca a Luchino Luce e ETT.
Luchino Luce
La percezione che si ha di Luca è quella di un ragazzo assolutamente normale. Un ragazzo di provincia che si sposta dal proprio paese per studiare, portare avanti la propria vita. E in parte è vero, non fosse che parlandoci anche solo per 5 minuti, puoi comprendere come abbia un piano ben preciso. Nasce in una famiglia con genitori che , come nella gran parte dei casi, comprendono fino ad un certo punto la propensione artistica di un figlio, fermandosi a ciò che la cultura generale presenta come il “fare musica”.
Luca spezza il suo essere con Luchino, due entità separate da un confine che per Luca diventa sempre più labile, con Luchino pronto a prendere il sopravvento. A Milano Luca incontra l'assenza di ispirazione, che per un anno in cui si dedica all'università non gli permette di creare. Successivamente l'incontro con altre anime affini come Geremia, Juck, Buio, Mantis gli permette di tornare a coltivare il suo percorso.
Ascoltando le sue canzoni, osservando la sua estetica, si percepisce la volontà di passare messaggi dalla forte componente emotiva ed umana, col compromesso di un lessico, molto urbano, comprensibile anche a chi non considera l'ascolto di musica che non sia “leggera”. Portare messaggi di spessore, portare al ragionamento su argomenti precisi chi magari non dedicano la giusta attenzione a ciò che accade nel mondo. Luchino è un infiltrato nel panorama musicale italiano, volutamente.
Per quanto possa sembrare, Luca non ripudia completamente la periferia, quella che non permette di esprimersi, che non accetta il diverso, che mette a lato, ma ne apprezza il silenzio, il dolore che può causare, perché da li scaturiscono le emozioni che formano ciò che l'artista è, un bagaglio di umanità. È esteticamente un demone, una sorta di anticristo, ma non per questo viene per far del male. Semplicemente il diverso, ciò che ancora non viene compreso, ci spaventa. La voce da bambino è una forte contrapposizione, e permette di capire che non siamo di fronte ad un male canonico, ne altera la concezione. Abbiamo un discorso a proposito della purezza nelle persone a Milano, mi rendo conto di esserci anche io dentro. La ricerca da parte della gente di qualcosa di vero: persone, gemme rare, non costruite, ma semplicemente se stesse, rare in una società sempre più plastificata. Per Luca sono bambini, perché ne portano ancora l'innocenza.
ETT
La voce di ETT è qualcosa di incredibile. Così leggera che probabilmente la prima cosa che ci si aspetterebbe è che corrisponda a una persona fragile. Totalmente sbagliato. Gaia, questo il suo vero nome, vive i primi anni di vita a Milano, da cui poi si sposta per vivere a Trieste, dove passa la maggior parte del periodo scolastico e stringe un fortissimo legame con la natura e il silenzio, trattandosi di una realtà molto più piccola.
Il periodo adolescenziale è costellato da momenti di ribellione, come dormire fuori casa vicino al fiume, per poi tornare a casa la mattina presto, o una serie di curiose e numerose note prese a scuola. Successivamente si sposta a Granada, dove assume le forme musicali più svariate. Mi racconta di un numero imprecisato di formazioni di cui ha fatto parte, facendosi contaminare, plasmando così la sua identità musicale.
L'immaginario musicale di ETT è facilmente rapportabile al suo immaginario visivo: è lei in primis a fare continua ricerca riguardo a quelli che sono o possono essere i simboli della sua personalità, emotività, e quindi, di conseguenza, autenticità. La prima volta che la vedo penso subito che potrebbe benissimo essere un personaggio di qualche film fantasy, tanto che è lei a confermarlo con un aneddoto sulla sua infanzia: da piccola raccoglieva le ghiande nel bosco e il padre le diceva che erano per il capo dei folletti, che non era altro che una collega di reparto. Una infanzia tanto bella, quanto magica.
Il suo “ritorno” a Milano, dovuto alla musica, aiuta la voglia di creare un percorso proprio dopo aver avuto tante esperienze e aver appreso tanto, anche se i colori di Granada cozzano parecchio con quelle che sono le varie tonalità del grigio cielo di Milano. La realtà milanese fatta di caos, rumore e incontri non è peggiore rispetto al vivere lento della periferia, del paese, ma solo diverso. Ci sono momenti per fare delle cose, e altri momenti per farne altre. Tutto ruota intorno alla concezione del tempo, ben chiara nella mente di ETT, il dogma è uno: non sprecarlo. Mi racconta di aver perso prematuramente un amico alcuni anni prima, e l'esperienza senza dubbio segnante, è di per sé stata un grande insegnamento. Un monito a utilizzare il tempo a nostra disposizione, a non attendere, ma ad andare incontro, a tutto, sotto ogni punto di vista.
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L'articolo Tempo di cose vere: "Cinque soggetti" parte 4 di Massimo Scarabaggio è apparso su Rockit.it il 2023-02-24 12:39:00
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