Durante tutto il mese, la Luna sorge sempre in direzione Est e tramonta ad Ovest, andando verso il Sole. Tuttavia, il sorgere della Luna ritarda di 50 minuti al giorno. La Luna, quindi, resterà sempre indietro di circa 13 gradi al giorno rispetto al Sole. Questo, specie nell'antichità nordica, era un altro modo per rappresentare l'infinita lotta tra luce e buio.
Dalla parte del secondo stanno, avvolti in un proprio manto di lurida maestosità, i Tenebra - che proprio dal buio prendono il nome, e che proprio dal Sole cercano di scappare. Ecco, fatta questa introduzione degna di Stefano Morelli, facciamo un passo indietro e cerchiamo ora di essere più realisti.
I Tenebra sono in quattro e vengono dal circuito bolognese che gravitava intorno ad Atlantide Occupata, tramano nell'ombra (Morelli esci da questo corpo!) della New Heavy Sounds e proprio in questi giorni hanno pubblicato, dopo un'interessante auto-produzione (Gen Nero, 2019) e un EP con palese e ironico rimando ai Germs nel titolo (What We Do Is Sacred, 2021 su Heavy New Sound), il debutto Moongazer: affascinante, marcio e persino lisergico e “progressivo” nella sua assoluta immobilità.
L'occasione per parlare di loro sono proprio queste tracce, nove colate di heavy-doom sui generis dello spessore che pochi altri sanno ottenere, nelle quali la tenebra assoluta è squarciata dall'incredibile voce di Silvia e da un potpourri di cenni altri che vanno dallo slowcore al grunge allo psych-blues. “Per quanto possa sembrare non scontato - ho letto tra le loro dichiarazioni - le nostre canzoni sono composte fino all'ultimo dettaglio. Niente è lasciato all'improvvisazione”. Confermo: difficile pensare che le minime ma sostanziali variazioni di un monolite di appena 40 minuti (sorbole!, alla vecchia) non abbiano a che fare con l'urgenza di fissare su nastro il proprio estro artistico.
Eppure penso ci si possa e debba fidare e che la “working class reality” dei Tenebra, al di là di qualsiasi panegirico “morelliano”, sia quello di quattro ragazzi normali, tipici fan da concerto heavy come se ne vedono e se ne conoscono tanti. Gente pacifica che è in questo life-style del tutto naturalmente, riconosce e sa apprezzare la differenza che c'è tra Black Sabbath e Madonna, non necessariamente si droga e per indole non gliene frega assolutamente nulla di essere mal giudicata sia dai piccoli borghesi di ogni etnia e colore sia dagli intellettuali anti-hard rock da tipo trent'anni.
La loro immagine è in realtà una non-immagine: immancabili jeans, skinny o a zampa, consunte scarpe da ginnastica, giacche di pelle nera sopra le quali non fa sfoggio di sé una toppa di fantomatici eroi personali. Niente teschi, candelabri o pellicce. Nessun cenno di viola. Per assurdo, e a differenza delle aspettative di taluni, i Tenebra sono più vicini agli Hellacopters che agli Electric Wizard. E quindi, anche esteticamente, oltre che musicalmente, rispetto ai Wizard, un passo oltre. “Conta che spingo ancora sullo skate - mi conferma a suo modo Emilio, chitarrista, produttore e coscienza del gruppo - una roba che non ho mai mollato dai nove anni. L'universo dell'occulto ci appartiene nella misura siamo tutti appassionati di Poe, io per anni ho giocato a D&D, ma la cosa si ferma qui. Niente messe nere, niente riti pagani, sorry”.
Le loro canzoni sono nitide fotografie di un immaginario rock per come lo abbiamo sempre amato, semplici e oneste come un classico dei Deep Purple o dei Witchcraft o dei Love, semplici e oneste come i loro visi squadrati e seriosi sulle foto promozionali. Che però non hanno comunque scelto una via diversa dai loro padri putativi: non più invecchiare addormentandosi sulla musica delle radio FM, collezionando dischi con Peter Frapton in kimono, ma su un palco con la chitarra tra le braccia, godendo e facendo godere il pubblico dei propri migliori momenti di ispirazione.
Illustrando i piani per la creazione dei Tenebra, Emilio ebbe a dire: “Volevamo un nome in italiano, anche se i testi sono in inglese, e Tenebra ci ricordava anche il periodo che stiamo attraversando, un po' oscurantista, bigotto, pieno di paure”. Certo il nostro ha il dono di un eloquio ricco di stimoli e immaginifico, che sicuro riflette il gusto figurativo dei '70s, probabilmente la sua epoca musicale preferita, ma è altrettanto vero che la provenienza dalla scena (post) hardcore dei Tenebra porta alla mente il percorso di quel Lee Dorrian che, dai Napalm Death, si inventò di sana pianta il piccolo culto che prende nome di Cathedral e che dall'eclettismo doom (lo so, sembra un ossimoro) fece davvero grandi cose. Proprio come nel caso di Dorrian, il quartetto emiliano ha affinato il proprio potenziale con una produzione degna di David Bianco, già timoniere in studio con gente come i Danzig, i Primal Scream e, più nel particolare, i Trouble.
Il risultato è semplicemente dirompente: Moongazer prende le mortali cadenze “hard” e le ridefinisce attraverso un suono più teso e vario, e un buon termine di paragone potrebbe essere il tiro della Big Brother & The Holding Company quando si unì a Janis Joplin. E dedico Winds Of Change e Space Child a chi accoglierà con scetticismo l'accostamento qua proposto, specificando che comunque, al di là delle passioni rétro dei quattro, il taglio del suono è assolutamente attuale – a tratti la voce di Silvia può ricordare quella di Buddy Lackey negli Psychotic Waltz.
Al netto dello stupore provocato dalle citazioni quanto meno colte: stavolta sono chiamati in causa Hawkwind, Stone The Crows, High Tide, Curved Air, Coven... E mi fermo ai primi cinque nomi che mi vengono in mente. Non stupisce quindi che i Tenebra abbiano conquistato il cuore di uno come Gary Conner (grande appassionato di queste sonorità e chitarrista fondatore degli Screaming Trees) al punto da volere apparire in un solo: “Tutto è avvenuto in modo molto naturale: gli ho passato via mail Moon Maiden - racconta Emilio - e lui mi ha risposto con la traccia del solo bell'e fatto e, nonostante le mie insistenze, non ha voluto nulla in cambio: un vero signore!”.
Se un po' di giustizia è rimasta in questo mondo, Moongazer e i Tenebra sono destinati a una giusta notorietà. Libera dai rigidi schematismi dei generi stessi. Una porta tra passato e futuro che dimostra come il miglior rock duro possa avventurosamente coniugare impatto sonico e intelligenza artistica. “Più che essere ricordati – chiosa candidamente Silvia - per ora la nostra priorità è che le persone, sentendoci, pensino che la nostra musica è roba sincera e che si sente che ci piace suonarla”.
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L'articolo Tenebra, l'infinita lotta tra la luce e il buio di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2022-04-29 10:52:00
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