Da anni Napoli sta imponendo la sua "egemonia culturale" in Italia, e anche ben al di fuori di essa. La musica (di ogni genere), il cinema e le serie tv, lo sport: tutto ha contributo alla "rivincita del napolismo", che è una delle cose migliori capitate al nostro sistema culturale negli ultimi tempi. Per quel che maggiormente ci riguarda, ci siamo concentrati su nuovi artisti e collettivi che stanno rimodellando il suono di Napoli, aggiornandolo a partire da tradizioni fortissime e vissute in maniera viscerale.
Un gruppo in particolare ha colpito la nostra attenzione, i Thru Collected, autori de Il grande fulmine, che per noi è stato il miglior disco del 2023. Sano, Altea, Alice, Specchiopaura e tutti gli altri sono un collettivo unico nel panorama nazionale e domani, giovedì 14 marzo (qua i biglietti che sono rimasti), per la prima volta al gran completo e con un sacco di ospiti presenteranno l'album a Milano, ai Magazzini Generali, in occasione dell'ultima tappa del MI AMI CLUB TOUR presented by Dr. Martens.
Un'occasione unica per vedere questa band che sta portando qualcosa di completamente nuovo e personale nella musica italiana. Per l'occasione abbiamo chiesto ad alcuni colleghi musicisti napoletani – il primo è stato Capone, papà di Sano – che cosa ne pensano di questa band e di come si collochi nella storia della musica "alternativa" cittadina, che è sempre stata vivida, peculiare, spettacolare.
"Conosco i Thru e ne sono incantato", ci spiega Dario Sansone, fondatore dei Foja, folk rock band attiva dal 2006, e autore di alcune bellissime colonne sonore. "È un progetto artistico vivo, potente, attuale, sincero, caleidoscopico. Quello che amo è il messaggio di collettivitá e di libertá creativa del gruppo. La band trasmette la volontá artistica degli anni dei centri sociali e di quella che si poteva definire (realisticamente) musica indie, ma con il potere produttivo e le tematiche del proprio tempo. Nei loro lavori c'è tutto il melting pot culturale dagli anni '60 a oggi senza distinzione di genere. Sicuramente sono cambiate le possibilitá realizzative e di diffusione della musica, ma quello che non cambierá mai è l'esigenza espressiva e comunicativa delle arti".
Se c'è un gruppo che ha rappresentato meglio di ogni altro (per lo meno dopo i fasti del periodo Napoli Centrale) l'unicità della scena "altra" napoletana sono stati i 99 Posse. Meg, voce della band e poi protagonista di una carriera solista fantastica (che ripercorriamo qua), è una grande fan dei Thru Collected, con cui ha anche collaborato nel suo disco.
"Sin da quando ho ascoltato per la prima volta i Thru Collected, ho provato un grandissimo senso di libertà", ci dice. "Non hanno vincoli, non hanno recinti stilistici: la loro musica mi comunica un profondo senso di libertà creativa e la freschezze dei vent'anni, che li rende ancora più irresistibili. Nel loro suono convergono l'hip hop, la drum and bass, l'hardcore, il punk: così, per una certa corrispondenza di amorosi sensi, mi sono rivista in loro e nella loro musica, e me ne sono immediatamente innamorata".
A piacere all'autrice di Vesuvia è soprattutto il fatto che siano "un collettivo multidisciplinare, un grande contenitore nel quale convergono la musica, la scrittura, i video, la grafica, la produzione artistica, l'organizzazione di feste dal sapore. Tutto dal sapore molto underground. La cosa che mi attira come un magnete è che quando senti la loro musica, avverti che la fanno solo per loro stessi e non per assecondare le orecchie di altre persone".
Torna sempre Napoli, una città in cui si rimane con testa e cuore anche quando si va via (e che sarà protagonista al CLUB TOUR anche con la bravissima Anna and Vulkan e con Giovanni Truppi) "Napoli è una città senza regole, dallo stile inconfondibile" aggiunge Meg. "Non può che partorire artisti con simili caratteristiche. I Thruco usano figure retoriche, metafore e immagini molto legate alla tradizione napoletana, così come lo sono melodie, accordi e ritmiche. Allo stesso tempo i musicisti qui si sentano liberi di sperimentare. Questo crea un filo conduttore tra le epoche".
È una tradizione che si aggiorna continuamente. "I 99, io, ma prima Pino Daniele, Tullio De Piscopo, la Nuova Compagnia di Canto Popolare e ora i Thruco abbiamo tutti usato la lingua napoletana in una maniera peculiare. A me, ad esempio, piace moltissimo quando è contaminata con altre lingue, come l'inglese (oltre che l'italiano). E lo stesso faceva Pino Daniele, o Liberato. Radici salde e forza propulsiva che tende sempre al futuro".
Ma qual è la differenza tra i suoi vent'anni e i loro: sta nel fatto che nel frattempo tutto è cambiato nella discografia. "Quando abbiamo cominciato con i 99, negli anni '90, sperimentavamo soprattutto con l'uso campionatore, utilizzando campioni che provenivano da vinili di ogni genere" conclude Meg. "Inoltre l'elettronica ci consentiva di essere quasi onnipotenti: buttavamo tutto in un calderone, e vedevamo che cosa ne usciva fuori. Questo ci procurava un certo snobismo da parte di musicisti che utilizzavano solo gli strumenti 'tradizionali'. Anche le radio non sapevano come catalogarci: hip hop, pop, elettronica e nessuna cosa allo stesso tempo. Questa cosa era stimolante, ma molto faticosa. I Thruco hanno meno tabù da rompere: fare un live con dentro un pezzo rap, subito dopo un pezzo punk, un pezzo indie e subito dopo un pezzo underground, fortunatamente oggi è una cosa assodata".
Rispetto ai 99 Posse sono ancora più radicali nel suono, più liberi, anche perché sono legati meno strettamente a un movimento politico ideologizzato. "Anche loro parlano di politica e di temi sociali, ma lo fanno attraverso l'introspezione. In questo modo veicolano emozioni fortissime, soprattutto ai live dove 'spaccano malamente'. Non vanno in radio, non hanno numeri pazzeschi negli strem. Ma tutti sanno che i loro live sono qualcosa di davvero pazzesco. Questo significa che il passaparola alla vecchia maniera funziona ancora, questa attitudine un po' piratesca è fantastica: cioè io faccio la mia cosa con i pochi mezzi che ho a disposizione, la faccio perché mi piace farla. Pian piano questa cosa arriva alla gente. Ed è ciò che di più soddisfacente possa capitare a un artista".
Oggi tutto è cambiato: ci sono post, reel, algoritmi, operazioni commerciali, foto patinate. "Tutto bene, poi però non si vende un cazzo. È ancora più difficile oggi campare per un giovane musicista, le difficoltà sono enormi. Molto più che ai nostri tempi, quando, se le cose funzionavano un po', la qualità della vita di un giovane musicista era ottima. Sono fiera dei Thruco, perché nonostante questa situazione continuano a fare le cose a modo loro, in maniera originale. C'è già che si sta ispirando a loro".
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L'articolo Tradizioni, sperimentazioni, libertà assoluta: Napoli si specchia nei suoi Thru Collected di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-03-13 09:26:00
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