Era de maggio, citando la canzone napoletana omaggiata da Franco Battiato ma resa celebre ancora prima da Roberto Murolo, l'ultima volta che abbiamo avuto modo di parlare di buon punk su queste pagine. Erano passati già due mesi dalle nuove uscite dei Turin Horse e dei Winter Dust, e da quel Endocannibalismo che ha caratterizzato il chiacchierato ritorno degli Storm{o}: tutti e tre, per vari versi e a loro modo, dischi personali, capaci di interpretare in modo malinconico e tragico la realtà della nuova generazione di punk italiani sempre più schiacciata dal precariato musicale, facili prede di un mercato discografico che non perdona, facile a scagliarsi sempre contro gli anelli deboli della catena produttiva.
Consapevoli come pochi che la nuova marcia su Roma non sarà fatta da lugubri e riconoscibili figuri vestiti di nero, ma da ebeti masse danzanti e sorridenti, composte da neoprimitivi allattati dalla televisione, ebbri di pericolosi slogan elettorali e vacui tormentoni estivi, rabboniti da conquiste social e giornali gonfi di veri gossip e notizie false. E proprio per questo ancora più tesi e in battaglia – grazie a dio, si potrebbe chiosare. Perdonate la ridondanza di questa introduzione ma i giorni sono quelli che sono e mi risulta assai difficile non fare incrociare il senso dei miei ascolti a ciò che sta succedendo là fuori, da quella villa ad Arcore in giù, passando per il Duomo di Milano.
Fin da subito, il punk italiano ha segnato una forte diversità con la scena “rock” a cui a volte è stato ingiustamente avvicinato, ma lo ha fatto conservando un certo legame con il mondo cantautorale, in particolare quello più politico. Vi basti pensare alla vecchia ed incuriosita intervista del punk Freak Antoni al prof Roberto Vecchioni sul numero di Frigidaire del 1984. O quando già dieci anni prima, nel 1974, l'appellativo punk venne attribuito a Edoardo Bennato, su Ciao 2001.
In questo contesto nasce nel 1977 la Harpo's Bazaar di Oderso Rubini, che pubblicò nel giro di poco tempo alcuni dei primissimi gruppi della scena punk, come appunto gli Skiantos, tutti rigidamente su cassetta e tutti caratterizzati dal tentativo di essere avanguardia intellettuale a cui piace usare le parole. Laddove il rock è bravissimo a far canzoni superflue: il massimo del budget applicato al minimo dei contenuti, vale a dire canzonette buone per milioni di sorelle maggiori e per prima la mia, i punk sono sempre e da sempre radicali ed estremi. Hanno cominciato la loro storia nella consapevolezza di non sapere suonare e hanno continuato a non volere imparare, o almeno non come ci si aspetta. Di più: hanno ipotizzato e teorizzato maggiore interesse per l'invenzione creativa dell'analfabeta, piuttosto che i risultati scontati e risaputi dell'artista conclamato. Che poi, coi dovuti distinguo, è proprio lo stesso approccio di tutti i cantautori più interessanti, da De André in giù, senza doverli elencare tutti.
Ecco, il fulcro del discorso credo che sia tutto qui. Prendete così i Traiettoria: si può già prevedere un roseo futuro per questi giovani padovani perennemente in giro; titolari di un affascinante esordio dal titolo programmatico Prima di essere morti che ricorda da vicino Impact e a tratti gruppi come Affluente. Quattro scavezzacollo che avvolgono l'ascoltatore con sonorità oppressive e cupe, ritmi incalzanti e penetranti, testi critici che farebbero figura degna nel catalogo dei Declinio.
Da tenere a mente sono anche i milanesi Selfore. Ragnatela è il nuovo singolo. Bello il titolo, copertina anche e testo ancor di più, il quartetto già autore di una bel omaggio ai Title Fight (va là, un gruppo nuovo!) si presenta con un singolo innevato ora che serve, fatto di violenza indie-punk e intimità dreamy che è una presa di coscienza di una generazione cresciuta di colpo e senza scegliere una propria rotta sia a livello personale che lavorativo.
Altro giro altro singolo, i Madbeat con La strada più dura che c'è sono il classico gruppo che si farà (anche se ha le spalle strette / il prossimo anno giocherà con la maglia numero 7); il nome ricorda i Madball e il resto i Bull Brigade, ma i colori son belli come belle sono le melodie e bello il testo, in un ibrido tra punk rock e indie rock sociale foraggiato dal feat. di Fabio Valente del culto torinese Arsenico.
Il discorso si fa più tondo e completo per gli All Coasted di Never Ending Puppet Show, EP che esce dopo il singolo A Cow To Milk. I vicentini restano sul pezzo, anche qui i testi affrontano temi sociali e quindi inevitabilmente personali (Bird In Cage) e lo fanno come al solito loro con ironia e sarcasmo di NOFX-ana memoria (cfr. la veste grafica) su un sound skate-punk di razza al quale si uniscono spruzzatine di Fichissimi.
Il ramones-core dei Retarded di Voghera è stato da sempre, e quindi tipo venticinque anni, divertente e acuto (per non parlare del nome, preso dai Queers): non fa eccezione il nuovo singolo Follow My Pride / Goodbye To You che andrebbe sentito a prescindere.
I Klaus's Branch la buttano sui videoclip ma anche il power trio pesarese che unisce il tiro e l'immediatezza del HC alla melodia delle aperture emo è tra quelli per cui tutto o quasi ruota attorno a ciò che si canta, si condivide, si urla: Kharkiv's Sky, Adriatic Sea Anthem e Constantly Awake, uscite nel corso degli ultimi sei mesi, sono mature e sofferte, grandi pezzi per cuori solitari.
Chiudono il cerchio i campani Psychopatic Romantics che con il nuovo EP Some Tracks appaiono come una prova del nove. Riescono nell'ardua impresa di risultare punk e al contempo citare mondi ancestrali del songwriting e del folk rock. I loro pezzi sono dotati di fascino e di una forza seduttrice sciamanica, mentre i loro testi stimolano il pensiero critico su sentimenti e società. Ora, non so da dove vengano (mea culpa) e dove vadano ma credo che in Italia poco abbia congiunto così bene Joe Strummer e David Eugene Edwards.
Purtroppo c'è chi, per inguaribile esterofilia e inguaribile trendismo, sembra incapace di vedere punti di interesse in molti di questi lavori e quindi non lascia poi intravedere la nascita di nessuna nuova scena che sia lontanamente verosimile. L’abitudine poi di pensare agli italiani soltanto come emuli della musica internazionale è troppo forte per potere essere superata con facilità. Ecco, nel nostro piccolo, noi proviamo a drizzare il tiro e, se non buttasse la luna, almeno siamo certi di avervi dato ancora qualche onesta e non dopata dritta per supportare la scena locale.
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L'articolo Tre accordi e sette dischi: tutto il meglio del nuovo punk in circolazione di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2023-06-19 10:42:00
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