Dentro all'Auditorium Little Tony di Serravalle, a San Marino, intitolato al più noto cantante mai uscito dalla minuscola repubblica posta al confine tra Emilia Romagna e Marche, non c'è campo. Ci troviamo due piani sottoterra, nelle viscere di una scuola media, e la traballante rete Wi-Fi non riesce a reggere stabilmente la connessione del mio telefono, perciò di scrollare non se ne parla. Poco importa, visto lo spettacolo offerto dal campionario umano presente alle semifinali di Una voce per San Marino, il contest nato per scegliere il rappresentante di San Marino all'Eurovision Song Contest.
C'è The Miss, drag queen che porta due vertiginosi stivali fucsia e che poi indosserà un abito da sposa in carta di giornale. C'è il gruppo This Is Elle, composto da una cantante con indosso un kimono rosso fiammante e con al seguito due percussionisti in abiti tradizionali giapponesi, due coristi che sembrano usciti da un manga e una ballerina nuda tutta dipinta d'oro. Ci sono gli Operapop, duo tenore-soprano con basco coordinato che fa un mix strano di lirica e pop (come si può intuire dal nome parecchio didascalico). E questi sono solo alcuni dei 30 interpreti della terza semifinale su quattro del contest, sdoganato del tutto nel 2022 con la partecipazione di Achille Lauro. Chi vince accede poi alla finale e si giocherà la possibilità per volare a Malmö con Loredana Berté, Jalisse, Marcella Bella e tutti gli altri big annunciati nei giorni scorsi. Un po' come in Coppa Italia, dove le squadre più forti partono direttamente dagli ottavi di finale o giù di lì.
Non mi trovo lì per caso, ma come parte di un'armata Brancaleone del pop che ha deciso di buttarsi in questa impresa con uno slancio invidiabile. Guida la spedizione un nuovo duo appena nato: Auroro Borealo, che per l'occasione mostra una scintillante chierica ben nascosta sotto la cuffia rossa, e Federico Martelli, in arte Martelli, artista dell'etichetta di Auroro, Talento, che si è fatto notare grazie al successo di Bello Bello al programma Italia's Got Talent, che si presentano al contest con il brano Giù dal pero. Chiudono il gruppo le sorelle Tania e "Tapu" Bornacin – la prima è Bornajeans, anche lei musicista di Talento – e il giornalista finanziario per Forbes (sì, davvero) Matteo Chiamenti, presentatomi da Auroro come "il Jack Black italiano" e ispiratore del titolo di questo pezzo. Questo terzetto, in outfit texano, è il coro. Io sono stato tirato in mezzo come cronista della spedizione (Erodoto purtroppo non poteva per sopraggiunti limiti d'età).
Entrare a San Marino è come finire in una dimensione alternativa. È tutto molto simile alla realtà che conosciamo, ma ci sono poi quegli elementi dissonanti che ci ricordano di essere tecnicamente in un altro Paese. A cominciare dalle targhe delle auto, composte da una lettera e una sequenza numerica, il tutto di colore azzurro. Anche chiacchierando con il nostro appoggio sammarinese – nonché trombonista nel duo dei Turbetto – Claudio, dove dormiamo la notte prima dell'audizione, torna fuori questo aspetto: è lui a raccontarmi dei compagni di classe che occasionalmente nei weekend non erano al solito baretto perché dovevano andare a giocare le qualificazioni all'Europeo di calcio a Wembley contro l'Inghilterra o al Bernabeu contro la Spagna.
Ecco, l'idea che porta ogni anno una marea di artisti a iscriversi a Una voce per San Marino è un po' la stessa. Trattandosi di uno staterello così piccolo, non è così scontato trovare qualcuno del posto che possa reggere un palco in mondovisione, per quanto trash e surreale possa essere. Per questo il contest offre la possibilità di candidarsi e, eventualmente, essere convocato a un casting preliminare, a cui seguono poi semifinale e finale, non solo agli artisti locali, ma senza limiti geografici. Sento subito una lingua simil scandinava, poi parecchio inglese, italiano maccheronico con accento straniero e varie ed eventuali mentre la compagine Auroro&Martelli è in coda per confermare la presenza all'evento. Io mi piazzo accanto a loro e vengo presentato come il manager del gruppo. La signora al di là del bancone mi squadra, scrive un generico "Vittorio" su un pass ospite e me lo consegna. Ok, sono dentro.
Non solo i concorrenti sono vari, ma sono soprattutto tanti. Tantissimi. Insensatamente tanti. Solo per le semifinali ci sono attorno ai 120 artisti presenti, divisi in batterie da una trentina ciascuna. Oggi sono una sessantina, da cui usciranno un vincitore e quattro ripescati per semifinale. Se aggiungiamo che alle selezione tenutesi tra novembre e gennaio sono passati quasi 300 progetti, potete immaginare che bombardamento musicale sia questo contest. E anche con un suo costo: per partecipare, ogni progetto deve pagare 150 € alle selezioni, così come all'eventuale passaggio in semifinale. Fatevi voi un po' i conti.
Assistere alle riprese rende ancora più evidente la dimensione da rete locale – cosa che di fatto è – del tutto. Il palco è abbastanza stretto, tanto che le band più numerose non hanno granché margine di spazio. Ci sono 6 monitor, eppure sono diversi i musicisti che dopo l'esibizione commentano il fatto di aver sentito abbastanza male la propria base. D'altronde, vista la quantità di artisti, pensare anche a solo 5 minuti di soundcheck per ciascuno sarebbe una follia, quindi bisogna prenderla un po' come va. Nella penombra, di fronte al palco, c'è la giuria, che interviene pochissimo durante le registrazioni della puntata. Il programma è semplice: la presentatrice lancia il brano, l'artista di turno lo interpreta salvo eventuali problemi tecnici, ogni sei canzoni c'è l'intervento dietro le quinte dall'inviata. Avanti così a testa bassa, in un ritmo abbastanza straniante, visto che entro fine giornata vanno portate a casa le due semifinali e i rispettivi ripescaggi.
Dopo la semifinale della mattinata, protattasi fino a un po' dopo le 13, verso le 15 tocca a noi. Auroro e Martelli sono i primi a esibirsi per motivi puramente alfabetici. Vengono convocati nella saletta alla sinistra del palco, passo anch'io visto che sono il manager, almeno ai loro occhi. Qui vengo colpito da due concorrenti, Bluesy e Brenda Novella, con due outfit molto impegnativi: la prima ha indosso una tuta nera con delle linee bianche che sembra una versione attillata della tutona in vinile di David Bowie nel periodo Ziggy Stardust, la seconda invece ricorda una Statua della Libertà futuristica. È l'ennesima conferma che chi è qua ci crede un botto, si gioca il tutto per tutto per prendersi l'Europa. Una dedizione che non posso non ammirare, e al contempo mi disorienta il fatto che siamo nel corrispettivo del teatro della scuola dove andavo alle medie io. Ancora non riesco a metabolizzare 'sta cosa del minuscolo proiettato nel continentale. L'impressione di aver sbagliato tempolinea è costante, e ancora più paradossale è che l'unico senso di familiarità a cui posso aggrapparmi lì dentro lo ritrovo negli amabili freak che accompagno.
Auroro, Martelli e il loro St. Marinus Texan Choir fanno il loro brano che viene come viene per la situazione non ottimale, più che per loro, ma riescono a strappare un bell'applauso di tutti i presenti, giudici compresi. E va detto, Giù dal pero – che parla di chi viene lasciato dal proprio partner di punto in bianco e si trova a cadere dalle nuvole – è un buon pezzo: il ritornello è abbastanza killer, ha un bel tiro ballabile, non è piatto, è qualcosa di molto diverso rispetto alla media generale. Insomma, si può sognare la sfida con la Berté! Ovviamente non arriveranno manco ai ballottaggi.
Guardare le esibizioni in fila è un'esperienza sfiancante. Brani uno dietro l'altro, a raffica, senza un attimo per respirare. D'altronde non c'è tempo, bisogna chiudere la puntata che poi comunque ci sono pure i ripescaggi da passare in rassegna. E quindi si passa dal gruppo folk rock al cantante soul, con in mezzo una discreta infilata di pop plasticoso, da esibizioni molto essenziali a intere coreografie studiate al millimetro, è una bombardata così stordente che viene da chiedersi come usciranno i giudici da sta due giorni di semifinali, se poi dovranno ritirarsi per almeno un mese in un'abbazia sul monte Titano in assoluto silenzio.
Come spoilerato sopra, i nostri non passano. Notizia che tutto sommato viene accolta bene, perché la prospettiva di aspettare le otto di sera per giocarsi i posti bonus aveva un po' ammazzato lo spirito generale. E poi non vengono neanche chiamati a raccolta tutti i concorrenti per scoprire chi si gioca la finale, ma vengono solo portati dietro le quinte il vincitore più i quattro ripescati, per annunciare poi sul palco chi si è piazzato primo di questa cinquina. Per chi si sente abbastanza coraggioso e vuole scoprire com'è andata a finire, qua trova la semifinale per intero.
La spedizione è andata com'è andata, in ogni caso ci siamo divertiti. Auroro e io decidiamo di fare la mattata e andare a farci un giro in Umbria – da San Marino che fai, te ne privi? –, mentre il resto della compagnia riparte alla volta di Milano, compreso Martelli che non ha, e citiamo testualmente, "sbatti di stare in giro". Sono passati appena un paio di minuti di macchina che ci troviamo di fronte a un bellissimo negozio di strumenti musicali, tanto che siamo lì lì per parcheggiare ed entrare. Proprio in quell'istante esce un signore dal negozio. "Scusi, è aperto?", fa Auroro. "Ragazzi, chiudiamo alle 19:30", replica seccato l'altro. Sono le 19:31. Grazie San Marino, è stato un piacere anche per noi!
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L'articolo Troppe voci per San Marino di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-02-23 09:00:00
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