Thruppi Collected

Per le strade dell'Arenella a Napoli, poi in studio assieme: il cantautore e il collettivo di "Discomoneta" hanno passato una giornata assieme, un incontro artistico e generazionale. Noi l'abbiamo documentato tramite gli out-take del podcast "Essere finiti"

Truppi e i Thruco
Truppi e i Thruco

Lui è un cantautore, forse sottovalutato, di certo uno di quelli bravi bravi della sua generazione. Loro sono – lo ripetiamo sempre – una delle cose migliori capitate alla musica italiana negli ultimi anni, protagonisti di uno dei migliori dischi del 2020. In comune hanno Napoli, una città che è oggi è quasi un'entità a sé nel panorama italiano per quanto sia spiccata e potente culturalmente la sua identità. Lui è Giovanni Truppi, loro sono i Thru Collected, protagonisti pochi giorni fa di una delle preview di MI AMI Festival e DR. MARTENS

Truppi – qua il racconto del suo recente live a Milano assieme al teatro d’ombre di Unterwasser – pubblicherà il 28 aprile il suo nuovo disco Infinite Possibilità Per Esseri Finiti, prodotto come sempre da Marco Buccelli e Niccolò Contessa. E ha deciso di introdurlo, anticiparne i temi, con un podcast, Essere finiti, scritto da Giovanni insieme a Marco Rip e Giacomo De Poli e prodotto da Virgin Music e LifeGate Radio. Negli episodi racconta cosa sono la musica, l'impegno, la famiglia, l'amicizia per lui, assieme a numerosi ospiti, da Dargen D'Amico a Max Collini. E, appunto i Thruco

Con loro Truppi ha passato un week end nella città in cui è nato e ha vissuto fino ai 20 anni, prima di trasferirsi a Roma. L'artista e il collettivo campano hanno parlato delle loro infinite giornate per le strade dell'Arenella e, soprattutto, di musica. Un'occasione molto interessante per un confronto tra due artisti con approcci diversi, per questioni di genere e generazionali. Qua sotto un estratto del loro dialogo in versione out-take, per tutto il resto vi rimandiamo alla puntata 2 di Essere finiti. Come al solito i Thruco rispondono in tanti, noi li trattiamo come un'entità collettiva, quale appunto sono. 

GT: Ero curioso di sapere come funzionavate come gruppo di persone, diciamo come comunità (anche se è una parola un po' abusata). Sì, insomma, se io volessi diventare un Thrucollected come funziona?

TC: Ci vuole una buona dose di autoironia. Una bassa autostima. Un passato difficile. Sì, insomma, sono queste le cose che ci accomunano (ridono).

GT: Riflettevo sulla differenza che c'è tra una band e una realtà come la vostra, che è fatta di individualità, ognuna che conserva giustamente la sua personalità e il suo ego. Il vostro album Discomoneta (del 2020, ndr) è davvero bello, mi ha colpito, è stato un riferimento per il mio lavoro recente. Immagino non sia semplicissimo mettere assieme esigenze, idee e stile di tutti. Eppure nel vostro disco tutto questo suona semplice, naturale. Qual è stato il processo per cui siete arrivati a questa amalgama?

TC: Il roster del collettivo è nato in vari momenti, c'è chi è arrivato prima, chi è stato "scoperto" poi. Anche grazie a dei luoghi: c'era la casa in cui ci trovavano sempre, lo studio da Giovanni in cui ci trovavamo sempre a condividere musica e quotidianità. Il disco è nato così, in maniera del tutto irregolare. Una volta che abbiamo avuto tra le mani un tot di pezzi fatti, alcuni curati da uno altri da altri del gruppo, Riccardo ha detto: "Perché non facciamo un disco?". Non era l'idea iniziale, in alcun modo. A quel punto, senza nemmeno renderci conto, eravamo un collettivo. Le cose sono capitate e basta.

Giovanni e i Thruco all'Arenella
Giovanni e i Thruco all'Arenella

GT: Per formazione, storia e attitudine, io ragiono in modo diverso da voi. E so che mi troverei a pensare: "Se un pezzo è figo me lo tengo per me, lo voglio nel mio disco". Farei fatica a condividere tutto quanto, artisticamente.

TC: Il fatto è che non abbiamo avuto nemmeno il tempo di fare un ragionamento così. Quella fase di cui parlavamo prima è stata veloce e un po' confusa, tutto è nato in una dimensione collettiva: siamo cresciuti assieme al progetto. Nell'incoscienza del momento, abbiamo avuto la prontezza di capire e provare a valorizzare le individualità di ciascuno. Era magica questa cosa, ognuno dava qualcosa all'altro. E così abbiamo investito in questa cosa: ognuno ci ha messo il proprio contributo, piuttosto che concentrarsi su un percorso solista. Ognuno continuava ad avere la sua roba, a fare musica anche per i fatti propri, ma sapevamo che stare lì dentro a quella cosa, fare squadra, era giusto e utile per tutti. 

GT: Personalmente mi angoscerebbe pensare di organizzare uno studio con 16 persone, uscirei pazzo.

TC: Se pensassimo di fare tutto ciò che abbiamo fatto oggi, con consapevolezza ed esperienza, non riusciremmo, o non avremmo il coraggio di farlo. E invece è successo. E il risultato è stato un disco catalogato come pop, fatto da gente che produceva più o meno tutta musica elettronica, nella propria cameretta. Eppure quando andavamo in studio, jammavamo finché non saltava fuori un'idea che sentivamo ci avrebbe portato a un pezzo. È stata una cosa semplice alla fine: dei ragazzi hanno fatto musica assieme.

GT: C'è stato un momento in cui cercavo di capire come svoltare un brano del mio nuovo disco, e sono andato a risentirmi le cose vostre. C'è una cosa che rispetto alle altre produzioni attuali mi parla molto: quello che fate è contemporaneo e sporco assieme. Questa cosa della sporcizia, che io amo, mi manca nelle produzioni di oggi. Forse thasup ce l'ha.

A bere un caffè
A bere un caffè

TC: Perché anche thasup viene dalla cameretta, il suo è lofi sincero. Nessuno di noi viene da ambienti musicali classici, siamo mossi dall'esigenza di esprimersi e al più da qualche rudimento. Poi, pian piano, si evolve. 

GT: Che rapporto avete con la musica suonata, che è quella da cui vengo io.

TC: La maggior parte di noi suona, oltre a essere tutti appassionati di elettronica. Peppe e altri all'inizio facevano una roba tipo gli Strokes, con la scheda audio in cameretta.

GT: Io per la prima volta con questo disco ho cantato sulle tracce. Per voi magari è una cosa ovvia, ma io sempre cantato accompagnato da pianoforte o chitarra. In questo caso invece mi sono fatto delle piccole basi e ci ho iniziato a cantare sopra. Mi è anche successo, ed è stato bellissimo, di ricevere cose da Marco e Nicolò, i due produttori del disco, di scriverci e cantarci sopra. Per me è una cosa totalmente nuova. Mi ha fatto sentire giovane questa cosa. 

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L'articolo Thruppi Collected di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-04-20 15:45:00

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