Se Tutti Fenomeni sapesse quante volte ho pensato alla sua musica come un genere letterario, sono certo che ne riderebbe. Immagino che il signor Guarascio non sia tipo da indignazione, al più da fastidio, celato più che esplicitato, con un sorriso dubitante, un muovere della testa tutto intorno, un aforisma lanciato a mezza altezza, che va appuntato immediatamente sul taccuino o sulle note del telefono, da inserire nella prossima canzone. Guarascio riderebbe di questo mio pensiero con un riso socratico da manuale. Eppure, nonostante lo sdegno del maestro per me sarebbe duro staccarmi dall’idea di un libro, dalla rilegatura rossa, che contenga il suo Zibaldone. Ma dato che Tutti Fenomeni fa musica, e dalla musica è continuamente creato, questa premessa è solo uno sproloquio più o meno inutile.
La fortuna di aver incrociato sul suo percorso la mente e l’estro sfacciatamente pop di Niccolò Contessa ha fatto sì che dopo Merce Funebre, disco dall’impacchettamento ordinato e riquadrato, soprattutto privo di sbavature, si potesse tornare a guardare ad approcci stilistici e poetici del passato. Per far calzare alla perfezione i raptus solipsistici che eravamo abituati a sentire nelle composizioni di SoundCloud – o in quelle gemme che sono i due volumi di Radio Guarascio – ci voleva ancora un grande produttore, e soprattutto un progetto editoriale altrettanto forte, perché svarionare è commovente se si sta dentro i bordi. Privilegio Raro è quello spingersi ambizioso coi pennarelli verso il contorno della figura più importante da colorare, la cover del disco stesso, un Magritte imbavagliato a cui non è concesso lo svelamento della realtà.
Ancora una volta la realtà rimane filtrata da quel panno bianco che è il linguaggio di Tutti Fenomeni, e l’impresa impossibile e senza dubbio fallimentare che consiste nel cercare una serratura a tutte le chiavi di significato è servita nuovamente. Ma l’irregolarità strutturale, il saliscendi degli arrangiamenti studiato ad arte per farci perdere la bussola, rendono il cammino ancora più tortuoso. Ormai lo sappiamo che Guarascio è un impositore di ironia, con cui scombina tutti i paesaggi linguistici, reali e storici, anche solo per il gusto di vedere un diverso scenario possibile. Non tutto in questa musica è irreale o falsato, soltanto nessuno ha mai deciso di prendersi la responsabilità di comunicare in questo esatto modo. Perché se fingere di essere poeti è facile e ormai patetico, creare poesia appositamente per crocifiggerla non appena viene regalata e condivisa ad un pubblico è una pratica sconsiderata, a cui difficilmente si resiste.
Se qualcuno mai volesse psicanalizzare Tutti Fenomeni dovrebbe chiedergli il suo rapporto coi poeti, citati con alternato sarcasmo e tenerezza lungo tutto il suo comporre. Dai poeti dall’eccessiva aggettivazione a Hikmet, usato come baluardo della chiarezza verbale in amore dentro Merce Funebre, fino ad oggi, dove negli ultimi minuti di Porco (Outro), alla fine di una litania su un nuovo dualismo anima-corpo la voce di Massimo Guarascio – parente od omonimo?− recita Esco solo sulla strada di Lermontov. Privilegio Raro si conclude con la tensione romantica verso gli oggetti della natura, nella calma notte in cui l’eroe si accorge della sua grandezza. In mezzo a questi due esempi di poesia usata come elevatore di un pop sempre più esagerato, viene scomodato Karl Marx, definito poeta della merce.
Il disco creato da Guarascio e Contessa è un oggetto unico, che cerca sempre di superare a destra il concetto di musica. Si fa osservare come uno schema, si fa leggere come una composizione in versi, e come essa richiede di porre un accento diverso su ogni canzone, a prescindere dalla durata. Non esistono intermezzi in Privilegio Raro, e persino Intro e Outro godono di autonomia sorprendente. Per accorgersi meglio della raffinatezza del lavoro fatto basta ascoltare come Mister Arduino continui con strumenti diversi ne Il grande Modugno, o come la sveglia nell’epilogo documentaristico di Vitaccia sembri annunciare il doppio Mi bemolle di piano che fa iniziare A Roma va così, canto scanzonato sulla città del cupolone, sempre a metà strada tra ironia giudicante e decadentismo. Anche l’ingresso dell’unico feat non è lasciato al caso. L’entrare di Francesco Bianconi nell’ultimo ritornello di Antidoto alla morte sembra essere un certificato più che la necessità sonora di avere la voce dei Baustelle in una propria canzone. Un bollo di validità che dura una manciata di secondi.
In una perla estiva pubblicata alla fine dello scorso agosto Tutti Fenomeni cantava la frase "L’amore è Vanzina”. Cercando di stare nell’ormai consueto solco che mescola serietà di significato e gioco innocente si è tentato di stare al gioco ancora una volta. A essere “Vanzina” è l’amore con cui Giorgio Quarzo Guarascio osserva le sue creature, un istante pare prendersi beffe di loro per come ne parla, un istante dopo fa loro dei regali, delle architetture musicali sempre più belle colte, basti pensare all’innesto randomico di Garota de Ipanema in Cantanti.
Così si comportava il regista romano coi suoi personaggi, con un’ambiguità che faceva da motore stesso del dramma che li avvolgeva. Ascoltando Privilegio raro siamo dispersi in una parentesi di unicità del nostro pop, in un museo di bellezze forse anacronistiche o forse fuori dal tempo, come Gabriele Mainetti nel suo viaggio nel tempo de Il Cielo in una stanza. In questo caso non c’è Elio Germano a scorrazzarci in moto per Roma, ma il carro di un eroe romantico, herr Tutti Fenomeni.
Tutti fenomeni porterà live brani di questo disco, e non solo, venerdì 27 maggio al MI AMI. Qua per i biglietti.
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L'articolo Tutti Fenomeni è l'ultimo dei romantici di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2022-05-06 14:39:00
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