"I binari dividono in due questa città, da una parte c'è la Bolognina, il quartiere popolare dove vivono alcuni di noi, dall'altra il centro. Questo è un quasi come se fosse un confine". Inizia da qui la nostra chiacchierata con Lo Stato Sociale, protagonisti della quinta e ultima puntata della terza stagione di Venticinque prima della pausa estiva (torniamo prestissimo con le puntate che chiuderanno questa meravigliosa esperienza). Il nuovo episodio del podcast prodotto da Rockit e Life Gate Radio – scritto da Dario Falcini, Giacomo De Poli e Marco Rip –, da oggi disponibile su tutte le piattaforme di streaming, prende il via da un luogo fondamentale per la loro città e – ahinoi – per la storia italiana: la stazione di Bologna.
Quel confine, evocato all'inizio della nostra chiacchierata da Bebo e Albi, i nostri primi "accompagnatori", i regaz lo hanno varcato più volte, metaforicamente e non. Perché il valore de Lo Stato Sociale nella storia recente della musica "altra" italiana è stato enorme, impossibile da negare. Il suo ruolo è stato quello di facilitatore, pioniere o forse cavia di molti degli stravolgimenti accaduti alla discografia italiana nell'ultimo quindicennio. Ha aperto spazi per tutti, accumulato un'infinità di prime volte, cambiato regole e consuetudini, normalizzato cose, preso un sacco di insulti.
Rievochiamo tutti questi momenti in una puntata collettiva e on the road come mai prima, che dalla stazione si muove per via dei Mille in una città assolata e piena di gente, meravigliosa, sincera eppure sempre più "gentrificata". Dopo aver ripercorso il momento del primo incontro tra i membri del gruppo, che risale agli anni delle superiori e delle "rappresentanze studentesche" nel grande istituto tecnico che era un po' come una caserma, l'esperienza a Radio Fujiko e i primi tentativi davanti a un microfono attorno al 2010, il quintetto si riunisce nel centro di Bologna, la loro città. Siamo in piazza Santo Stefano, qui ci raggiungono Lodo, Checco e Carota.
Il viaggio nei ricordi parte dal Panenka, il loro primo live club. Ora c'è una porta sbarrata e nessuno ci entra da un pezzo, ma lì dentro hanno suonato in tanti ed è successo di tutto. "Era estremamente scomodo portarci giù qualsiasi cosa, perché le scale erano molto ripide e gli scalini stretti e parecchio scivolosi per via di birra e sudore", dice Bebo. "L'unica speranza era che la birra sulle scale creasse quell'effetto appiccicaticcio che non ti fa volare", aggiunge Carota.
La camminata, documentata nell'audiodocumentario, prosegue per tutto il centro di Bologna (dove effettivamente non ci siamo persi, nonostante la confusione creata da questa mini truppa di una decina di persone che si spostava tutta microfonata). Ci fermiamo in piazza Maggiore, il cuore della città, dove LSS tenne uno storico (e conteso) concerto dopo l'exploit di Sanremo con Una vita in vacanza (pezzo di cui sveliamo dei notevoli retroscena!). Quella data ha segnato un prima e un dopo. "Suonare in piazza Maggiore significa avere sotto palco veramente tutte le persone della tua vita. Dopo aver passato metà della mia esistenza a schivare la fresa, a suonare, organizzare eventi, spostare sempre un po' più in là l'asticella del fare le cose insieme, arrivare lì sopra ed esibirsi, era qualcosa di fortissimo. È stato bellissimo, ma sentivo che qualcosa doveva cambiare", spiega Bebo, che da quel momento (unico "esule" della band) si sarebbe trasferito a Roma.
Andiamo a berci un bianco friulano all'Osteria del Sole, uno dei posti che fa unica questa città. Qua suonavano come vecchi trovatori Dalla e Guccini e oggi c'è una festa di laurea, un paio di ragazze chiedono un selfie a Lodo. Come sempre, è lui l'istrione del gruppo. Ma il racconto è corale e ognuno ci mette un pezzo e la propria personalità.
Facciamo un giro bello lungo e arriviamo al Pala Dozza, palazzetto dentro le mura antiche della città, casa della Fortitudo Bologna e teatro (ora che i doppi San Siro sold out si sprecano) del "primo palazzetto dell'indie" da parte della band (che poi avrebbe fatto altrettanto al Forum di Assago). "Se tutto fosse andato bene, e avessimo venduto tutti i biglietti, a prezzi popolari, forse saremmo andati in pari", dice Lodo. "Così avvenne, nonostante la tensione e Checco che abbracciava gli alberi per scacciarla. Ricordo che dopo il live c'era l'afterparty al TPO e la mia morosa mi portò lì in motorino, sotto il diluvio di quella notte. Siamo entrati in quel posto totalmente fradici e ho pensato di essere veramente molto felice in quel momento".
Torniamo verso la stazione. L'ultima tappa, non distante, è la sede della loro etichetta Garrincha Dischi, dove parliamo di quest'esperienza unica per la discografia indipendente italiana, fatta di balotte e qualche volta scazzi, di picchi di popolarità e risacche, cazzeggio e ideologia. Un'esperienza che è proceduta e tuttora procede di pari passo con quella dello Stato Sociale, che ha da poco pubblicato un nuovo disco – Stupido Sexy Futuro, anticipato da Fottuti x Sempre, brano manifesto – dopo un periodo non semplice, anche da un punto di vista interno, ed è tornato in tour. "Abbiamo avuto dei momenti di difficoltà, ad esempio dopo Sanremo, dice Bebo. Abbiamo reagito guardandoci negli occhi e ricostruendo sulle poche cose che ci siamo detti essere fondamentali".
* Questa puntata è dedicata alla memoria di Matteo Costa Romagnoli, fondatore di Garrincha Dischi e "sesto membro" (come manager, autore, anima) dello Stato Sociale, una delle figure più importanti della musica indipendente in Italia degli ultimi anni. Matteo ha organizzato assieme a noi, come sempre, ogni aspetto delle registrazioni e ci ha accompagnato durante una bellissima giornata fatta di birrette, risate e qualche paranoia tra amici. Mandiamo un abbraccio a tutti coloro che gli hanno voluto bene.
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L'articolo Venticinque, episodio 21: lo Stato Sociale ha vinto la sua guerra di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-07-12 10:51:00
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