Cronaca di un naufragio che profuma di balere, vino e corallo. Di quando perdere la rotta e andare a picco, puntando verso mete non stabilite, può far scoprire che nell’abisso è tutto uno spasso. È questo l'invito di un emozionato Vinicio Capossela, poco dopo aver raggiunto un palco sommerso da chitarra, armonium, banjo, theremin, batteria, archi e percussioni, in uno dei teatri di maggior prestigio in Italia e nel mondo, La Fenice di Venezia, già sold out oltre un mese prima della data del concerto.
(Il Teatro La Fenice di Venezia. Guarda la gallery completa >>qui<<)
Perché quella di oggi è una festa, la celebrazione di venticinque intensissimi anni di carriera in uno dei quattro speciali appuntamenti italiani nei teatri all’interno del tour europeo “Qu’ART de Siècle”, partito lo scorso ottobre da Parigi. E, poiché in un naufragio è bene avere un albero maestro a cui aggrapparsi, il cantautore di Hannover ha scelto con grande cura gli ospiti della serata, coinvolgendo il violoncellista classico, “polena fissa” Mario Brunello e il violista Danilo Rossi nella “miglior ciurma musicale avuta in venticinque anni di carriera” (Vincenzo Vasi a theremin, campionatori, marimba e voce, Alessandro Stefana a chitarra, banjo e armonium, Glauco Zuppiroli al contrabbasso, Mauro Ottolini a trombone e conchiglie e Zeno De Rossi alla batteria).
(Vinicio Capossela con l'orchestra. Guarda la gallery completa >>qui<<)
Due bottiglie in ghiaccio sotto al pianoforte, una miriade di cappelli e costumi, coriandoli, scialuppe e profezie: si salpa con “Bardamù” e la fischiettante “L’oceano olalà”, proseguendo con “Canzone a manovella” e puntando a Oriente con “Marajà” –dedicata alla lotta contro il passaggio delle grandi navi in laguna- e le acquatiche “Pryntyl” e “Polpo d’amor” (diventato per l'occasione un "Folpo d'amor", come nel dialetto veneziano più autentico), seguite da una delicatissima “Lanterne Rosse”. Se ogni concerto è stato pensato in stretto legame con la città in cui è ospitato, qui non può mancare una intensa versione di “Parla piano” –scritta per la colonna sonora del film di Valerio Mieli “Dieci inverni”, girato tra Venezia e Mosca-, la cui atmosfera rarefatta è presto sostituita dalle dondolanti “Corvo Torvo” e “Solo mia”. A introdurre una vibrante “La lancia del Pelide” l’imitazione del suono del duduk armeno realizzata dalla viola di Rossi, e poi ancora “Le pleiadi”, “La Madonna delle conchiglie” (in cui Ottolini suona realmente alcune meravigliose conchiglie), “Santissima dei naufragati”, i bis “Los mareados” e “Le sirene”. Le note fragili, dolci ed emozionate di "Ovunque proteggi" sono il ricordo che i musicisti, guidati da Capossela, dedicano a Valeria Solesin, veneziana tra le vittime dell’attacco terroristico al Bataclan di Parigi dello scorso novembre.
Quello di Capossela è un concerto di grande livello, tre ore marine suonate con tutta la passione di un’ebbrezza allegra, una piena qualità degli arrangiamenti e una dichiarata vicinanza alla città e ai suoi delicati e colorati equilibri, mescolati in un immaginario tra mitologia e leggenda, sirene da cui lasciarsi sedurre e orchestre a gettoni, pensieri delicati e ricordi di scorribande veneziane e viaggi verso Est. Uno spettacolo elevato, importante e multiforme: naufragando tra imprevedibili e scintillanti correnti, non possono che scrosciare "applausi di pinne e di bolle/ nel fondale spettacolare/ dell’abisso musicale".
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L'articolo Siamo andati a sentire "Naufragi", il concerto di Vinicio Capossela alla Fenice di Venezia di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2015-12-20 00:00:00
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