La notizia è questa: in Italia, le vendite del vinile hanno superato quelle del CD, per la prima volta dal 1991. È un dato raccolto da Deloitte per FIMI, nel primo trimestre del 2021, le vendite dei dischi sono cresciute del 121% rispetto allo stesso periodo del 2020 e questo fatto ha generato maggiori ricavi rispetto al compact disc, in calo del 6%. Il vinile rappresenta oggi l'11% delle vendite di musica in Italia, ma il mercato è comunque dominato dallo streaming.
Abbiamo dato la parola ad Alessio Cruschelli, titolare del negozio Slow Record Shop a Cecina (LI), nella provincia toscana, perché commentasse a modo suo questa notizia ed è andato in freestyle, bastonando quando c'è da bastonare. Perché dietro una news entusiastica ci sono il duro lavoro sotto traccia di tutti i negozianti di vinili che tengono duro durante la pandemia (ma anche prima), che devono lottare contro i colossi della vendita online, i collezionisti privati, l'IVA al 22%, le edicole e tutti gli altri bastoni tra le ruote che impone la modernità.
La storia ha il sapore della fiaba. Tutto ha inizio un bel giorno del 1948 quando dei geni malvagi del reparto (presumo, è pur sempre una fiaba) Ricerca e Sviluppo della Columbia Records celebrano la crasi tra il divino materiale vinilico, portatore di durevolezza, praticità e dinamica sonora, e la rassicurante ampiezza di 12” (pollici), musa di lunghe registrazioni e tracklist più dense, ma anche strumento di diffusione di artwork più creativi, personali, indimenticabili. Avevano pensato a tutto: dopo il 7" o 45 giri nasce il 33 giri, o Long Playing.
Quello che non sapevamo e che si aspettavano in pochissimi (me compreso), è che dopo 40 anni di bagordi e una morte apparente per circa 20, dopo 40 anni di red carpet e successivi 20 di culto carbonaro, il disco in vinile, proprio lui, sarebbe ricomparso sui radar in maniera così evidente.
Prima ritagliandosi piccoli spazi come fenomeno un po' pittoresco e marginale, poi diventando un caso da paginone Spettacoli, fino a giungere alla notizia di ieri: la vendita dei dischi in vinile supera quella dei CD. Che rimane sempre su paginone Spettacoli ma chissenefrega.
Per me che propongo solo ed esclusivamente vinile dal giorno uno, è una grande notizia. Tra le altre cose, questo distacco non accadeva da ben 3 decenni, quindi brindisi, sorrisi e pacche sulle spalle per tutti, ma è vero anche che sono anni che, a varie riprese, si parla di gran-ritorno-del-vinile, come di un nuova, eccitante, spumeggiante novità.
Cara Italia, ti dispiacerebbe accogliere una volta per tutte nel tuo cuore questa curiosa nozione come un dato di fatto? Ti ringrazio molto. E un po' di delicatezza. Nessuno pensa mai a chi vende i CD, saranno incazzati come tori. Senza contare che l'80% del mercato rimane lo streaming.
In effetti, però, la notizia in sé è la ciliegina sulla torta per un percorso partito da parecchio lontano e che ha già regalato belle soddisfazioni. E' il dato spiegone definitivo per chi ancora fatica a comprendere il concetto di negozio di dischi in vinile, quello spazio che non è Amazon dove i dischi si vendono, e dove questa cultura trova il suo compimento. Ne avrete visti di ogni tipo in giro.
Ops, problema: non si può andare in giro, c'è giusto una pandemia che ci ha reso la vita talmente incomprensibile da iniettarci anche il timore che non avremo più quella di prima. Che fare, costretti in casa, TG volume nonno e una limitata scorta di distrazioni? Per molti, una bella soluzione è stata gettarsi anima e corpo nella produzione di pane.
Tanti altri, è vero quel che si dice, hanno fatto due conti e hanno preso a ordinare dischi manco fossero all you can eat. TANTI dischi. Voglio dire: lato distribuzione hanno dovuto limitare le copie effettive in stock di alcuni artisti per evitare di venderle tutte e ritrovarsi senza per mesi.
Quindi sì, durante la pandemia molti di noi hanno comunque lavorato, è vero, touché. Ritenere la pandemia come l'atto finale che decreta il ritorno del supporto fisico in vinile è però falso e di una tristezza inaudita. Ha agevolato ulteriormente un percorso di crescita molto costante, ma se adesso si vedono entrare famiglie intere e non solo appassionati come me e te, è perché si è investito del denaro a suo tempo e tenuto duro quando era il momento di farlo.
Rimangono però dei problemi strutturali che non possono essere ignorati. Il sistema brutale che premia la grande distribuzione online e limita il ricarico dei negozi al dettaglio porterà molti colleghi a rinunciare alle vendita di nuove stampe, impoverendo la proposta, riducendo il portafoglio clienti.
Ognuno fa il suo gioco. Da un lato chi produce e distribuisce viaggia a braccetto con i giganti dell'internet, scambiandosi condizioni vantaggiose mentre a noialtri tocca ciucciarci il dito sperando nella prossima disponibilità in catalogo, dopo mesi, a prezzo fisso; dall'altro, ormai anche chi possiede una collezione di stampe originali dal valore e dal target opinabili, chiede cifre Saudite.
C'è il mercato parallelo di amatori/rivenditori che in alcuni casi raggiunge volumi fastidiosi, da lavoro tout court. Per quest'ultimi: occhio ragazzi, prima o poi ci arrabbiamo. E poi l'IVA al 22% che dovrebbe scendere al 4, come per i bellissimi libri che amo. Dover ribadire che anche un disco è cultura è una vergogna.
Ha stranito anche la disparità di trattamento subita nei confronti di edicole e librerie, fortunatamente aperte in zona rossa, ma talvolta ingiuste nel proporre al pubblico, tra gli altri, lo stesso prodotto che definisce la nostra attività come non necessaria.
Per fortuna, per tutelare i diritti dei negozi di dischi Italiani, adesso potete appoggiare le richieste di UNDICI (Unione dei Negozi di Dischi Italiani Coesi e Indipendenti), la prima associazione di settore, tra cui appunto la possibilità di lavorare in zona rossa come fanno altre attività che vendono lo stesso prodotto. Nel frattempo viva il vinile.
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L'articolo Viva i vinili e tutte le cose non essenziali di Alessio Cruschelli è apparso su Rockit.it il 2021-04-26 11:11:00
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