(Gli A67 ritirano il primo premio dell'edizione 2006 di "Voci per La Libertà" - foto di Giampaolo "Wally" Vallese)
Struttura cambiata per l’edizione 2006: se negli anni precedenti i 12 gruppi si sfidavano a 6 per serata e poi la finalissima domenicale ed il concerto-festa del lunedì, quest’anno si è partiti già dal giovedì con 4 gruppi a sera più un headliner, la finale domenica con la consegna del Premio Amnesty Italia a Paola Turci ed ancora concerto-festa il lunedì, peraltro riuscitissimo.
Quindi v’è da render conto di qualcosa come 12 gruppi esibitisi in 4 serate e 5 “big”, per non parlare del “contorno”, dell’atmosfera e delle impressioni, anch’esse degne d’esser descritte.
Esperimento mai tentato prima su queste pagine, ladies and gentleman, ecco a voi un pezzo scritto a otto mani! ..ma cosa dico otto, forse di più!
Spieghiamoci meglio: anche se camuffati in vesti diverse e/o sotto l’egida di altre testate o associazioni o fanzine, all’interno della giuria a Villadose (Rovigo) di Rockit eravamo... ben quattro! Di qui, l’idea di una relazione non certo con pretese di “collettività”, mica una Wu Minghiata, chè ci mancan i mezzi letterarii einaudi e il tempo, però un collage delle (nostre) più varie impressioni. La colla la mette il sottoscritto, paròn de casa con troppe ore di sonno in arretrato e ruolo, appunto, suo malgrado di “collante”.
Di seguito - siore e siori - i vostri reporter dalla prima linea: hanno affrontato l’impervio viaggio che conduce in Polesine, hanno sofferto il caldo, fatto a pugni con le zanzare, sbevazzato, chiacchierato, tentato di dormire nonostante il caldo e, soprattutto, ascoltato musiche per voi. Quindi, seduti in religioso ascolto - e non certo in silenzio! - durante le esibizioni c’erano Renzo Stefanel per “Il Gazzettino”, Fausto Murizzi per “Rockit”, Elisa Orlandotti per “Jam” ed Enrico Rigolin di “Voci per la Libertà”. Inoltre, a latere anche un piccolo contributo del presentatore della manifestassione, quel Michele Orvieti che molti di voi avranno già conosciuto come presentatore di Magazzeno Bis.
Abbozzando questo articolo, scrivevo inizialmente un divertito: “Via alle danze, ecco ora la disamina dei Vostri 4 reporters rochittiani, ognuno dica la sua e please... non litighiamo come al solito! :)"
E’ stato difficile, mettere insieme tutte le voci, soprattutto darvi continuità: in tal senso, ho deciso di eliminare i commenti gruppo per gruppo della serata finale, “agganciando” direttamente ogni pensiero alle esibizioni dei gruppi nelle eliminatorie. Spesso mi sono ritrovato a cucire opinioni molto simili, altrove ci sono botta e risposta tra commentatori, impressioni generali sul Festival virate nettamente sul positivo, e commenti davvero aciduli rispetto a qualche gruppo: spero scorra bene, sia un piacevole collage.
Giovedì 20 luglio, semifinale
Laura Mars
Enrico: Patrizia Laquidara rompe il ghiaccio. L’importante è che siamo partiti, vedremo poi sulla lunga distanza, è solo la prima band su dodici. Ne rimarranno solo sei...
Renzo: passa senza lasciare traccia.
Fausto: conoscevo già Laura Mars, vista in azione in precedenza. È evidente che le piaccia molto la melodia, però non riesce ancora a costruire canzoni che lascino il segno. Anche stavolta raggiunge la sufficienza a malapena…
Elisa: pop senza emozione, passa e non ce ne si accorge… e pensare che è fuori con un cd!
Kodama
Enrico: promettevano bene, i Kodama, e c’è ancora qualche indie-rocker villadosano che ne ricorda le gesta, ma alla resa dei conti si son rivelati ancora... acerbi.
Renzo: solita band nu-metal ferrarese. Nulla di nuovo. Ma a Ferrara sapranno che esistono anche altri generi? Durante l’intervista nel backstage mi sconvolgono: la loro canzone si intitola “Osama”, ma si riferisce a un ragazzo, non a “Osama Bin Laden, un personaggio scomodo”. Un personaggio scomodo??? Spero che l’emozione dell’intervista gli abbia fatto sbagliare parola. Cosa sarebbe allora Hitler? Un simpatico monello? E Stalin? Un brontolone da osteria? Ma lo sanno cosa farebbe Osama Bin Laden a loro e a tutti quelli che fanno rock?
Fausto: Non mi dispiacciono per la loro idea che hanno di rock, ma il punto è che sono pretenziosi oltremodo.
Elisa: roba di 10 anni fa fatta da ragazzi che ci credono, parlano di noia/disagio nella loro città e della difficoltà di...
Skarubbi
Enrico: il genere si evince dal nome. Qui si fa ardua, perché si tratta di un gruppo di amici polesani, e so già che i miei “colleghi di testata” diranno la loro senza alcuna remora. Non posso tuttavia esimermi dal rilevare che sono parsi piuttosto... scollati.
Renzo: si presentano come gruppo ska punk e di ska non hanno nulla. Di punk poco. Il chitarrista solista è rimasto a Edward Van Halen. Una fiatista indossa una mise che par appena uscita da catechismo. Tanto casino per nulla.
Fausto: Assolutamente nella media, fors’anche un pochino più scarsi.
Elisa: 15 minuti in levare. Bello che una donna sia ai fiati e che il sassofonista usi il microfono attaccato allo strumento per fare i cori. Loro si divertono, loro…
Neruda
Enrico: bella sorpresa, almeno pel sottoscritto. Qualcuno mi ha detto: Renga dei migliori Timoria a spasso con Jeff Buckley travestito da Clark Kent. Pop à la Negramaro, però son piaciuti: accederanno alla finale di domenica.
Renzo: bravi, tre bei pezzi (anche se non è il mio genere) e soprattutto una bella interpretazione vocale, semplice e molto intensa, del brano in concorso. Peccato che l’assoletto di chitarra somigli molto a quello di “Yellow” dei Coldplay, come nota Fausto. Nella serata della finale, inspiegabilmente scelgono una canzone che due giorni prima non han fatto, ed è bruttissima. Sono convinto che il premio lo perdono così. Sempre grande “Yellow”.
Fausto: Innamorati del pop, non nascondono il loro debole per quello d’OltreManica tanto in voga in questi anni. Si candidano per la finale perché migliori degli altri, non certo perché sorprendono! Ci lasciano a bocca aperta perché la buona impressione della prima serata viene smentita la domenica, visto che la scelta cade su un altro pezzo del loro repertorio che è un monumento all’anonimato. Si bruceranno tutti e due i premi…
Elisa: rock cantautorale, gradevole e non “economico”. Si sente che hanno qualcosa da dire e col tempo sapranno dirlo ancor meglio. La canzone di Amnesty è quella che meno porta il loro marchio… come mai? Ma comunque la loro proposta è quella più valida al di là di Chiarastella e A67 (gruppi di cui si parlerà in seguito, ndr).
Chiude la serata Cuore a Nudo>, il progetto di Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus, assieme a Fabio Barovero dei Mau Mau, Paolo Milanesi e Lorenzo Corti.
Renzo: Forse troppo caricato sul palco Giò. A tratti va molto bene, a tratti no. Bravi, ma dopo un po’ mi stufo. Forse non ero dell’umore giusto, e non è “colpa” loro.
Elisa: Io ho apprezzato la carica in più di vocione Giò La Crus! A dispetto dello scarso e difficile da coinvolgere pubblico, hanno tenuto il palco da professionisti ripercorrendo la canzone d’autore con una mirata selezione dagli anni 60 ai successi dei La Crus, godibilissimo tra nostalgia e coccole….è il passato! La teatralità di Giò strappava sorrisi e scuoteva (vedi l’incipit de “Il vino” di Piero Ciampi)… chi vuole uno spettacolo iper raffinato e costruito a puntino? Va bene così… con una voce che ci richiama sotto il palco e ci racconta perché c’era… ecco… pallosi un po’ i reading, ma ora vanno tanto di moda. I problemi di suoni che avevano sul palco (da notare gli sguardi e i gesti tra i 4, soprattutto di Fabio Barovero che si divedeva tra pianoforte a coda e organetto) non hanno intaccato lo spettacolo in platea dove si sentiva bene.
Fausto: Bello perché recuperano le “cose belle” dei La Crus, ma anche quando suonano le cover. Non sono riuscito a goderlo appieno, perché forse ero un po’ “saturo” di musica dopo quattro band sul palco…
Cuore a Nudo è piaciuto.
Venerdì 21 luglio, semifinale
U.More
Enrico: gruppo di diplomati al conservatorio, come rileva Michele Orvieti. Cantantessa dall’ugola vibrante, la battuta (cattiva) è: scartati a Sanremo nell’87. Sanremesi, appunto.
Renzo: La band con meno senso d’umorismo del pianeta, a dispetto del simpaticissimo (eh!) calembour che han scelto come nome… ditemi se russo!
Fausto: Rischio di passare per misogino se scrivo che l’unica nota positiva è il fisico della cantante? Però ammettete che sono sincero…
Elisa: Ormai rimossi musicalmente…
Evoè
Enrico: partono con un mix tra Estra e Pearl Jam, sorta di grungettino/one che si vergogna un po’ d’esser tale. Su cd sembravano ancora meglio, qualche indecisione nelle esecuzioni. Resta ancora “in sospeso” il giudizio sul gruppo di stanza a Bologna che, comunque, accederà alla finale e rimarrà tra la gente di VxL a godersi il festival anche nella serata del lunedì, a concorso ormai concluso! Vuol dire che si stava bene...
Renzo: L’anello mancante tra i Pearl Jam e i Negramaro… ovvero come non basta vivere a Bologna per essere “up-to-date”. Quando il cantate dice qualcosa a proposito della “sperimentazione” sono propenso a segnalarlo a Zelig. Però, nel loro genere, un gruppo onesto e sincero. Il cantante stecca, ma per problemi di audio sul palco: si rifarà in finale. Imperdonabile la lunghissima introduzione del brano in concorso, specie se si considera che, dopo Povia, il Darfur (oggetto della song) lo conoscono anche i bambini (e fanno oh?). Ma perché bisogna spiegare sempre tutto?
Fausto: Mi piacciono perché fanno il rock che piace a me! Peccato che sulla canzone in concorso sbaglino la tonalità, sicché il cantante inevitabilmente stona! Mi rimane impressa “Vanità”, proprio una bella canzone... Nella serata finale si vede che sono più sicuri… e si sente! La resa sonora di “Vanità” è decisamente buona, ma sono ancora lontani per poter competere per la vittoria finale.
Elisa: eccessivamente tooliani nell’ispirazione (soprattutto la voce, che non ho trovato così terrificante come Renzo) devono ancora imboccare la loro strada; ci mettono tanto impegno e sincerità, questo si sente. Non è semplice la strada musicale che hanno scelto, ma lo fanno con coscienza di causa.
Psedo Amorfeus
Enrico: per nulla profetici i miei appunti iniziali, che recitavano più o meno così: non è il mio genere, penso che passeranno alla finale: bella chitarra, buona presenza scenica... Mi sbagliavo nettamente. Vado a prendermi un’altra birra.
Renzo: Quando il cantante dice che gli piace Gianna Nannini “perché sperimenta sempre” mi preparo al peggio. Scrivono in cartella stampa di fare rock elettronico e arrivano dei lontani parenti degli U2 (e non quelli di “Pop”, uno dei miei album feticcio dei ‘90…). Di elettronico c’erano delle basi pre-registrate. Capisco allora che vivo in una casa elettronica: ho il pc.
Fausto: Nel pomeriggio Michele Orvieti, il presentatore, mentre si preparava sulle schede dei gruppi, mi faceva notare che a RadioRockit avevo persino passato un loro pezzo. Stasera li ascolto e mi chiedo: perché l’ho fatto? Non mi ricordavo molto della loro musica, ma certo non quest’accozzaglia di suoni e parole per me inutili.
Elisa: il gruppo non è nulla più che il vocalist con la camicia aperta per far intravedere il petto... nemmeno sexy. Il resto è altrettanto triste contorno, anche la musica. Ognuno suona per i conto proprio e anche i pezzi sono inconsistenti. Ho sperato che finissero in fretta.
Concerto Musicale Ambaradan
Enrico: e vai col folk! Qualcuno nutre dubbi sul come si possa cantare di tematiche impegnate, serie e di protesta quando il ritmo è così sostenuto, l’aria così allegra: non sono tanto d’accordo. Però le canzoni volano via piacevoli, e non portarli alla finale sarebbe stato delittuoso.
Renzo: Nel loro genere - solito folk mediterraneo (vengono dalle Marche: ma quante vittime hanno sulla coscienza i fratelli Severini? Rivoglio le sorelle Bandiera…) - neanche male. Il mandolinista svela durante l’intervista nel backstage di suonare con Gragniagniello. Elisa in questo momento non c’è. Chissà che avrebbe fatto, lei, fan della Napoli che canta. Il loro problema è uno solo: cantano di clandestini morti annegati su una musica allegra da sagra. Mi chiedo se il pezzo l’ha scritto Borghezio.
Fausto: Tecnicamente bravi, personalmente rimango indifferente. Passeranno in finale perché c’è poca concorrenza… sigh!
Dell’esibizione in finale, Fausto annota: "Non li seguo con più di tanta attenzione perché so già cosa fanno. E infatti ripetono il copione della prima serata".
Elisa: ero a farmi uno che ho visto nel pubblico: ))) No, scherzo! Se è vero che gli strumenti erano folk, l’attitudine era più vicina al cantautorato. Ne è risultato un suono comunque bello e gradevole ma non trascinante e ricco di pathos come prometteva il loro look e la scelta di suoni. Hanno dato il loro meglio al termine del festival nella zona pizzeria improvvisando classici napoletani e blues coinvolgendo nelle loro scelte tutti i musicisti (e anche la sottoscritta!) in una fantaband da stand gastronomico che suonava ogni cosa capitata a tiro: dalle posate ai braccialetti (io!!!). Qui c’è stato per me il momento più bello del festival, musica fatta col cuore, per tutti e… di qualità!!! Lo giuro… c’era anche la qualità!
Chiude la serata Sandy Muller, già vincitrice del premio del pubblico sempre qui a Villadose due anni fa. Un ritorno dopo ragguardevoli “passaggi mainstream” come la partecipazione a “Striscia la Notizia” o l’airplay su Radio DeeJay.
E’ comunque caustico l’amico Stefanel: “Mi rimane un mistero. Tecnicamente brava, ma artisticamente anonima. A pensar male, come farebbe Andreotti, verrebbe il sospetto che qualche santo in paradiso debba avercelo. Ma io non sono Andreotti e non penso male. Semplicemente, guardo, ascolto, e mi stupisco”.
Fausto: Mi fermo insieme a Renzo ad ascoltare 3 pezzi. All’inizio del quarto decidiamo di alzarci perché mi sembra di sentire la stessa canzone da 20 minuti. Il singolo è piaciuto a Linus e in effetti lo si ascolta volentieri. Il resto m’annoia, ma forse perché non è un genere nelle mie “corde”.
Sabato 22 luglio, semifinale
Paolo Scheriani
Enrico: chiacchierato assai, per via dell’eccessiva verbosità, il nostro inizia con un pezzo in pieno stile Fossati e chiude con un pezzo sull’uccisione di Calipari gonfio di retorica, con tanto di chiosa in stile Gassman Brancaleone.
Renzo: Mi piace Gaber, mi piace Gassman e non faccio nulla per nasconderlo: ecco Paolo Scheriani, da Milano. Una torrenziale vena logorroica arrestata a fatica dal povero Michele Orvieti. Il brano in concorso, con la sua invettiva anti-diamanti, si guadagna le simpatie di tutti i morosi presenti, che mettono da parte un nobile argomento per non gettare soldi in cazzate. Il brano su Calipari, che vorrebbe essere ironico nei confronti delle dichiarazioni dell’ex ministro Martino sullo 007 italiano, impone Scheriani come scambio per qualsiasi ostaggio in mano a qualsiasi terrorista nel mondo. Troppo oleografico, forse, per i miei gusti. Però il pezzo su diamanti e Sierra Leone alla fine è azzeccato, anche se stereotipato, ed è quello in concorso per Amnesty, e inoltre non è la sua unica canzone sul tema dei diritti umani, ma tutte e tre lo sono. Per cui dimostra una sincerità e un impegno che non tutti sempre possono sfoggiare.
Fausto: Apre la sua esibizione recitando un pezzo sul significato di un diamante a tutte le latitudini – per la serie: se in occidente serve a suggellare l’amore, nei posti in cui viene estratto suggella lo sterminio di famiglie intere. Peccato che la canzone parli dello stesso argomento utilizzando un linguaggio che più didascalico non si può! Sicché Scheriani, preso dal morbo della retorica, si lancia in un altro pezzo in cui vaneggia sulla morte di Calipari. È la fine… credevo! Invece passa tranquillamente in finale! Dove, ancora più convinto della sua arte, strappa anche diversi applausi quando intona il pezzo su Calipari. A questo punto non so più cosa inventarmi per abbassare un voto già al minimo sindacale.
Elisa: troppo caricato, se anche dice cose giuste scivola clamorosamente nel grottesco ottenendo l’effetto opposto. Voce recitata anche durante i pezzi, slogan al posto dei versi; i musicisti lo seguono nel suo essere “cheap” sottolineando con una dubbia rumoristica la ridondanza del parlato. Nella sera di domenica anche se tagliato (ma mica troppo!)… smarona!!!
Marydim
Enrico: quando ci sono questi concorsi, occorre spogliarsi dai preconcetti, farsi di bocca buona ed assaggiare generi anche distanti da quelli solitamente frequentati. A me - ma ero quasi solo - l’Irene Grandi di Gorizia piaceva con quel suo (e nonostante il suo) pop patinato.
Renzo: a Sanremo 1987 li avrei visti bene. Ultimi però. Preceduta da una lista di premi vinti lunga dieci minuti, la goriziana Mariangela Di Michele, che parla uno strano toscano-napoletano, si veste e si pettina come il suo idolo Irene Grandi, mi ammorba con tre canzoni di insulso pop pseudosanremese e testi banalissimi. Tra il pubblico, ascolto battute che fanno a gara sul nome del gruppo: gli Anonimi? Gli Insulsi? Risolve qualcuna: “I Tristi”. Vox populi…
Fausto: sale sul palco convinta di portarsi a casa anche questo premio, dopo le decine di cui scrive nel suo curriculum. Per fortuna finisce per essere settima in classifica, per cui abbiamo altro a cui pensare domenica sera.
Elisa: cantautrice un po’ in là con l’età e con tanta voglia di colpire sentendosi rock‘n’roll ma facendo pop. Parole dure inserite nella melassa a sproposito per un piatto che non sa di nulla né nutre. Come disse George Michael “il pop è uno dei generi più difficili da fare”: Marydim ne ha appena dato la prova.
A 67
Enrico: quando ci sono questi concorsi, occorre spogliarsi dai preconcetti e bla, bla bla. Quindi possiamo averne le scatole piene della storia di Scampia e non aver (fortunatamente) mai avuto a che fare con associazioni malavitose e colpi di arma da fuoco, possiamo anche essere saturi di 24-Grana-curre-guagliò-almamegretta-rap-e-incazzature, ma questi spaccano! Anche se è il/la solito/a la-sol-fa: una spanna sopra tutto quanto sinora ascoltato.
Renzo: san suonare, sanno stare sul palco, pestano, anche se la musica è vecchia (ancora funky rock? noooooooooo), e son sinceri. Meritano. Peccato che la loro manager-factotum li sostituisca nell’intervista introduttiva regalando al pubblico uno dei momenti più assurdi mai visti sul palco. A un certo punto non capisce una domanda e dà una risposta di dieci minuti. Riportatela in cucina.
Fausto: Riciclano vivacemente gli stilemi di certa musica napoletana (Almamegretta in testa, sarà per il modo di cantare del vocalist) e lo fanno in maniera credibile. Per questo convincono più di tutti e si meritano il primo posto nella classifica parziale. Alla fine si riconfermano i più bravi, ma la concorrenza non era all’altezza; senza nulla togliere alla loro vittoria, in altri e più competitivi contesti, avrebbero faticato a salire sul podio.
Elisa: gli A67 sono di Napoli, hanno nel sangue quella musica e quell’amore-odio che li lega alla mentalità partenopea, come gli innumerevoli gruppi che sono cresciuti dagli anni ‘90 ad oggi. Il gangsta è mischiato ad una spruzzata di funky. Il gruppo sa il fatto suo, ci crede e lo urla: il mondo deve cambiare, siamo tutti colpevoli.
Chiarastella
Enrico: Eh, sapesse Mara Redeghieri quante figliocce hanno, volontariamente o meno, seguito le sue tracce lungo gli anni. Mettiamoci anche un pizzico di Madreblu, e la melassa è servita. Però xe braveta, anche se quel nome in veneto ricorda una vecchia tradizione natalizia.
Renzo: Fra trip-hop e drum’n’bass. Dieci anni fa sarebbero stati interessanti, ora mi fan due palle così. Non hanno dinamica: le canzoni non “partono” mai e annoiano. La cantante stecca da paura, probabilmente per problemi audio sul palco, ma stecca sempre da paura e mi dicono che bisogna “prenderla come Mara Redeghieri”. Già: una che cantava così bene che sciolto il gruppo è andata a far la prof d’inglese. Minchia. (…orcamiseria, Renzo! Non posso stare zitto: meglio tornare alla vita normale piuttosto che mettersi a fare inutili album solisti! L’influenza degli Ustmamò su certa musica italiana è innegabile, su! ndr). Poi, i testi. Per me sono pensierini da quinta elementare. Ecco: “Guarda / quella è la casa / lei ci vive ancora / con il cuore infranto / Limpide lacrime a fiumi / si riversano tra i corridoi / sui ricordi del marito / Si dice che quella notte / la luna sia entrata piena nella cella / a confortarlo / illuminando sul corridoio stretto / la strada per il paradiso / L’ hanno giustiziato all’ alba / all’ alba ha abbracciato il suo tramonto (...) ”.
Allora. Io sono quattro anni che faccio il giurato qui, gratis e spostando vacanze, perché è il mio modo di dare un contributo a una causa in cui credo profondamente. Perciò non voglio sentire canzoni “di buona volontà e basta” come questa, non voglio sentire inni su “come siamo bravi noi che stiamo da una parte politica e crediamo in certi valori”. Lo scopo del festival è trovare una canzone che diffonda il messaggio di Amnesty International (che non ha parti politiche). Per cui io voglio qualcosa che scuota, che faccia fermare a pensare la gente di qualunque parte politica la pensi. E la gente, nel 2006, ha visto tutto. Come fa a scuotere qualcuno un testo del genere?
Fausto: La presenza scenica c’è, le canzoni un po’ meno. Però l’impianto generale del progetto sta in piedi e ha un senso. Certo sarebbe bello se Chiarastella rischiasse un po’ di più, imbastardisse la lingua con le macchine per spiazzarci. Invece non lo fa e lo spettacolo sembra procedere per inerzia. Peccato.
Domenica: ripropone lo show della sera prima senza variazioni - e sinceramente mi aspettavo un colpo di reni o qualcosa di simile. Però tanto basta per aggiudicarsi il Premio della Critica.
Elisa: premessa: Renzo è snob. Chiarastella ha una voce ancora da adolescente ed adatta ad interpretare i testi semplici ma ricchi di sogni e dolcezza. Il cuore con cui canta è il perfetto contrappunto all’elettronica su cui si muove. Non trovo stonature, trovo uno stile che sa di già sentito ma ha anche materiale e tempo per maturare. Brava anche la band che la segue. Mi è piaciuta la canzone per Amnesty, dove pone l’accento sulla pena di morte vissuta tra la vergogna ed il dolore da chi sta vicino al condannato. D’accordo che “The Mercy Seat” non sarà mai eguagliata, ma forse è comunque un argomento su cui è il caso di porre attenzione e che si presta per una storia: la civile violenza degli stati evoluti…
Pareri contrastanti, eh!? Si riunisce la giuria. Non è ancora allargata a 15/16 persone come nella serata della finale, ormai ci si vede da più sere: si procede spediti nella decisione dei sei finalisti. Conservo ancora la tabella con i numeri di tutti i giurati: poco da discutere sui primi quattro, mentre si giocano l’accesso alla finale Paolo Scheriani e gli Ambaradan, seguiti a un passo da Marydim, poi esclusa dalla finale. I sei gruppi che finiranno nel cd (quello dell’edizione 2005 è stato allegato alla rivista Rockstar nel mese di febbraio 2006) sono quindi i seguenti: Concerto Musicale Ambaradan, Evoè, Paolo Scheriani, Chiarastella, Neruda e ‘A 67.
Chiudono la serata i Tre Allegri Ragazzi Morti.
Renzo: Che dire? Fighi. E tra i più grandi di sempre in Italia. “15 anni già” è la più bella canzone mai scritta sull’adolescenza. Dicono che la mia Pordenone è il centro del rock‘n’roll e mi fanno godere. Momenti topici: Toffolo che a un tizio che gli dice chissà cosa urla: “Vieni su! Vieni su che t’inculo!”. Poi esce Senor Tonto, col suo linguaggio alieno surrealdadaista, “zsazsazsà zsazsazsàzsa”. Lo stesso tizio di prima se la prende con lui. E Senor Tonto: “Zsàzsa su! Zsàzsa zsa zsazsulo!” Con mossa inequivocabile del bacino. Spaziale. Fucilerei invece i quattro che aspettando il bis cantano “Campioni del mondo” sull’aria di “Seven nation army”. Non se ne può più. Ci hanno tolto i White Stripes nel peggiore dei modi!
Enrico: Bella Renzo... Gli è che i T.A.R.M. fanno il loro solito spettacolo, e quindi io scrivo la solita impression/recensione: ormai non so più se aspettarmi e godermi questo o desiderare altro, una svolta.
Elisa: “La vita è cattiva ma non l’ho inventata io”… vaffanculoooooooooooooooo!!!!
Fausto: È un piacere risentire le loro canzoni, ma il volume è altissimo e mi allontano un po’. Quando però attaccano i pezzi di “Piccolo intervento a vivo” e “Mostri e normali” canticchio e batto il piedino. Il pubblico, numeroso, gradisce non poco.
Svestiti i panni di giurato e finiti i gruppi in concorso, lo sguardo diventa quello di chi ha vissuto anche il lato organizzativo, e pure quello del semplice spettatore con frequenti avvicinamenti alle casse (il buono “vale 1 bevanda” già ampiamente consumato...), chiacchiere, “pierraggio” e saluti e...cosa che più conta, da qui al lunedì il Parco del CRG sarà gremito come non mai di gente. Bel colpo d’occhio. Grazie a El Tofo e alla banda per il bellissimo sudato Solito Spettacolo. Non mi sono ancora stancato.
Domenica 23 luglio, finale
Già citati più sopra i sei gruppi che accedono alla finale di domenica: un paio di brani a testa, tra le presentazioni di Michele Orvieti ed i saluti “istituzionali” delle autorità.
Siamo al clou della manifestazione: mentre la giuria allargata si riunisce in una stanza del Centro Ricreativo Giovanile per decidere il vincitore dell’edizione 2006 di “Voci per la Libertà”, sul palco sale una Paola Turci in forma smagliante. Dentro: fa un caldo indescrivibile, il rappresentante di MusicBoom invoca simpaticamente il rispetto per i diritti umani dei giurati, ci si accalca attorno al tavolo tra sorrisini, un po’ di sana tensione e tanto, tanto sudore. Fuori fa un po’ meno caldo, ma c’è davvero tanta gente.
Usciamo dalla stanza che la Turci sta intonando il classico della musica cubana “Paloma”, con i Concerto Musicale Ambaradan, uno dei gruppi in concorso, a farle da backing band! Queste sono cose belle, dai...questo la dice lunga su un’artista che arriva in Polesine a ritirare un premio, che si esibisce chitarra e voce e poi, alè, si fa anche accompagnare da un gruppo che trova lì al concorso - e che degnissimamente l’accompagna, sia detto.
Se da Paola Turci ti aspetti quella spocchia da area-major, quell’arietta da star-io-sono-stata-in-televisione, a incontrarla ti si para davanti la piacevolissima sorpresa (o conferma) di una persona reale, inteso nel senso di piedi per terra, sensibile alle tematiche care ad Amnesty International, per nulla boriosa, alla buona eppure Artista, non voli una mosca per questa a maiuscola.
Dentro: si attardano ad arrivare alcune primedonne, un nome per tutti, il Luzzato Fegiz del Gazzettino il mitico Giò Alajmo, insigne firma che di concerti ne ha visti a iosa sin da quando molti di noi ancora non erano al mondo e continua a vederne.
Si vota. Alajmo appioppa un “tre” ad un gruppo quando il minimo è 4, imbastisce una difesa all’indifendibile Scheriani, insomma dice le sue venerabili cazzate e a seguire si confrontano le idee...
Senza che fosse necessaria la millimetrica conta dei voti, pare ormai evidente che il premio sia da assegnarsi ai napoletani ‘A67. E non c’è granché da discutere. Il premio della giuria popolare, effettuato lo spoglio delle schede compilate dal pubblico, dà per vincitori i miei preferiti Neruda con al loro “Neppure una bugia”, e quindi non mi oppongo più di tanto quando da più parti si propone il nome di Chiarastella di “Cronache immortali” per il premio della critica. Anche se più sopra avete letto pareri molto contrastanti in merito. Giusto così.
Il responso finale, quindi, è che vincono gli A67, il Premio della Critica a Chiarastella, e il Premio della Giuria Popolare ai Neruda.
Alla fine di tutto, una volta spente le luci del palcoscenico, i musicisti improvvisano per ore in allegra compagnia. Sì, ma cosa improvvisano? Un’ora di pezzi da sagra paesana (compresi i duri rocker Evoè), per poi smarrnare sull’inevitabile blues. Penso a cosa avrebbero improvvisato a un festival in Usa, o in Uk.. .Lo dico agli altri del tavolo dei giurati. A parte Elisa, che è già inserita nel vortice della sagra, tutti vengono presi da un breve attimo di sconforto, riflettendo forse in cuor loro sulla temuta costituzionale inferiorità musicale italiana in fatto di rock. Dovremo morire sanremesi o folkizzati? Il nostro abc rock è sempre fermo a “mi-la-mi-la-mi-si-la-mi”? Non mi avrete mai, fottuti bastardi!
Ed ora, il delizioso commento di Michele Orvieti, presentatore della manifestazione…
E’ stato un piacere e un onore per me poter trasportare quanto sperimentato fra le quattro mura del Magazzeno bis anche sul palco villadosiano (si dice così Enrico?) di “Voci per la Libertà”. Ricordando a tutti che si dice Villadòse (con la "o" chiusa) e non Villadose (aperta), come avrei detto io che mi ci è voluto parecchio davanti allo specchio per impararlo, posso portarvi qualche immagine sparsa che mi è rimasta addosso dopo questi quattro giorni di festival, rigorosamente in ordine sparso - anche se lo dico più per me che per chi ci legge. Ad esempio il rito della birra doppio malto e le patatine fritte consumate davanti al palco guardando il concerto conclusivo, quando ormai i miei servigi erano stati svolti (ciao Elisa).
Guardarsi sul grande schermo a lato del palco mentre presentavo e correggersi continuamente la postura. Alcune interessanti discussioni fra me, Rigolin e un nutrito gruppo di zanzare che facevano uno stage presso l’Informagiovani. Detto questo, niente più che note a margine - marginali appunto ma importanti per me - devo dire che “Voci per la Libertà” è un bel festival, soprattutto perché ha qualcosa che dovrebbero avere tutti i festival musicali: una bella atmosfera. I musicisti che vengono invitati a suonare si trovano attorno un affiatato gruppo di persone gentilissime, disponibili e professionali, che si fanno in quattro per lasciarti addosso un bel ricordo: per la mia piccola esperienza di musicista posso dire che questo succede per poche realtà festivaliere italiane e VxL è una di queste. E poi trovo sempre fantastico quando un festival musicale riesce piacevolmente ad ibridarsi con l’atmosfera da sagra di paese: questo accade qui a Villadose, e conferisce al tutto una notevole dose di genuinità e autoironia.
Purtroppo, essendo un festival per gruppi emergenti, devo dire che la qualità delle emergenze era quest’anno piuttosto bassa: concordo decisamente col verdetto finale della giuria di “operatori del settore”.
A proposito… in questi giorni ho imparato molte cose: fra queste ho imparato che gli operatori del settore (musicale) si riconoscono perché indossano cappelli a tesa larga e vestono in stile coloniale, mantenendo, nei confronti del pubblico e dei semplici appassionati, un atteggiamento di ironico riserbo e distacco anche metrico-decimale.
Ri-detto ciò, saluto e ringrazio pubblicamente e a mezzo stampa tutta l’organizzazione del festival, che mi ha scelto preferendomi a Claudio Capone (che però era in vacanza) e Daniele Piombi (che ha rifiutato), e saluto tutti gli operatori del settore coi quali ho passato quattro giorni caldo-umidi e molto divertenti.
Bene, Signor Orvieti! Per inciso, si dice: villadosani.
Va ora in onda la passerella degl’innamorati di Michele Orvieti, ovvero, di quella volta che avevo chiesto il parere circa i presentatori.
Renzo: Nuova coppia comica dell’anno Gianni (Brazzo, l’altro presentatore assieme a Michele, ndr) e Michele. Quest’ultimo spaziale. Lo voglio vedere alla Rai. Il nuovo Arbore e Boncompagni. Lui da solo.
Fausto: Una sorpresa assoluta!!! Oltre a confermarsi un grande presentatore, dimostra di essere un autore eccellente: le sue interviste ai gruppi, con le domande spesso a bruciapelo, sono spassosissime. Oltre a ciò, è perfetto nella gestione dei tempi. Consigliato a tutti coloro che organizzano eventi, qualsiasi sia il target di pubblico.
(a Rockit - e ai Mariposa! - le commissioni per questo spot spudorato, ndr)
Elisa: Fantastico Michele!!! Una giornata per preparare l’intrattenimento tra un pezzo ed un altro con un occhio sempre ai musicisti e al cambio palco. Il tutto fatto con naturalezza… un grande! Troppo colto… la gente avrà capito il 12% delle sue perle! Splendido il corso per avvicinarci all’inglese musicofilo, interessanti le domande fatte ai ragazzi sui produttori che desideravano, i binomi della musica etc., etc.
E poi via, eccovi la famose “varie ed eventuali”: considerazioni sparse.
Le testimonianze circa il clima…
Renzo: c’è qualcuno là fuori, oltre le zanzare? Non riesco a vedere nulla. Zanzare a parte, è il festival meglio organizzato che conosca, con un senso di casa e di ospitalità imbattibile.
Fausto: Quest’anno forse è stato il più caldo di tutti! Il senso di appiccicaticcio ci assillava anche dopo la mezzanotte, quando ormai pure le zanzare decidevano di riposarsi. Però fa niente, tanto il clima era di festa!
Potevamo esimerci dal menzionare la ristorazione?
Renzo: ottima e abbondante.
Fausto: È un piacere mangiare la pizza ma anche vedere queste ragazze, volontarie gentilissime e alcune forse neanche ventenni, che apparecchiano e servono ai tavoli per la causa.
Elisa: birra troppo leggera; il team che si occupava degli avventori tanto inesperto quanto affiatato e genuino… da 10 e lode!
E ancora…
Elisa: accoglienza splendida… anche se era la prima volta mi sono sentita a casa. Fantastico Michele Lionello dal suo primo sorriso al suo ultimo massaggio!
Renzo: il festival meglio organizzato che esista. Come sempre.
Fausto: Facendo un piccolo bilancio, direi che l’edizione del 2006 è stata la migliore per come sia andata, nonostante il caldo umido e la qualità al limite della sufficienza dei gruppi. Però il resto è stato molto bello, il divertimento con cose semplici è stato assicurato anche quest’anno fino a tarda notte.
E’ un report, questo, rimasto a macerare nel disco duro oltre il dovuto, vuoi per il periodo vacanziero, vuoi per la sistemazione del collage: la cosa positiva è vedere/sapere già gli sviluppi imprevisti e graditi, le diramazioni che portano “Voci per la Libertà” lungo la penisola anche oltre la sua durata, oltre il preventivato. Prova ne sia la 3 giorni tutta a base di gruppi passati per l’ultima e le passate edizioni di VxL, organizzata, grazie all’intercessione degli Evoè, a Torre di Ruggiero (Cz).
Memorabili anche - e ci accorgiamo solo ora di non averli menzionati - gli “aperitivi musico letterari": per tutte le serate del festival, nel pre-cena i fiumi di spriz e gli “sfurizzi” assortiti venivano serviti nel suggestivo atrio di ingresso del Municipio di Villadose da due splendide donzelle dirette dal sorridente Sandro Cacciatori, ad accompagnare tra gli altri le esibizioni di Natalino Balasso - che interpretava alcuni estratti del libro “Pappagalli verdi” di Gino Strada - ed i sorprendenti lounge post-rockers rodigini Gonzo 48k, ormai pronti al debutto discografico.
Infine mi rileggo.
…e che palle con questa storia delle zanzare, oh! Possibile che si debba sempre menzionare? Perché ci sono cascato pure io? E alla fine il succo, quello che va comunicato, è quel clima accogliente, quel senso di festa che benissimo ha sintetizzato Michele qualche riga più sopra. Alcuni a volte addirittura lo chiedono, come sia potuto accadere che alla “periferia dell’impero”, nel lontano alluvionato (e daje!) dimenticato Polesine sia cresciuto, con gli anni, questo Festival. C’è Amnesty International, c’è Villadose, c’è “Voci per la Libertà”.
Bellissima, memorabile edizione.
Ho come il timore che l’Off, l’Autan, o qualcuna delle brodaglie presunte-ecologiche a base di rosmarino e citronella tanto care a Fausto, siano veleni che si insinuano sottopelle con il reiterarsi dei trattamenti, a volte siano invece del tutto innocui, altre volte assolutamente inutili.
E’ che quest’anno “Voci per La Libertà” è andato oltre le zanzare, a stampigliarsi nitido nella cartella dei ricordi migliori. Festival di portata nazionale organizzato fuori dalle città, kermesse riuscitissima e - vivaddio per una volta - non bagnata da temporali estivi. Nulla a che vedere col piovoso agosto, giornate di luglio azzeccatissime pure dal punto di vista climatico, anzi giornate afose e appiccicose e tanto, tanto dense di avvenimenti, in un rincorrersi di appuntamenti, concerti, corse, risate, birre, Autan e sudore. Per inciso: sarà la scorza del paludano doc, ma - giuro! - manco una puntura di zanzare. I foresti, invece, han fatto il pieno...
---
L'articolo Voci per La Libertà - Villadose (RO) - Parco CRG di Enrico Rigolin è apparso su Rockit.it il 2006-07-23 00:00:00
COMMENTI