Vi abbiamo già parlato di progetti nei quali il suono di determinati ambienti naturali è diventato il protagonista di studi decisamente particolari e di installazioni artistiche. Oggi vi presentiamo il lavoro di Giuseppe Cordaro che, da anni, si dedica ai rumori emessi dai vulcani. Nel tempo il musicista ha elaborato dei modi molto interessanti per sfruttare le sue registrazioni e, a breve, le presenterà dal vivo in collaborazione con l’artista Elena Mazzi e la videomaker Sara Tirelli. Ha anche in cantiere un disco composto insieme a Corrado Nuccini e a Simon Scott degli Slowdive.
Ciao Giuseppe, da dove arriva questa fascinazione per i suoni di un vulcano?
Crescendo in un'isola vulcanica come la Sicilia, il fascino incondizionato di quel fenomeno geologico inizia a rapirti fin da piccolo. Penso che l'immagine di mio nonno, che nelle mattinate limpide dalla sua terrazza mi indicava il pennacchio fumante dell’Etna, rimarrà indelebile per il resto della vita. Da quel momento in poi, l'idea di poter scrutare e ascoltare dal bordo del cratere la potenza di quel "fenomeno" naturale è diventato un obiettivo da raggiungere. Da anni porto avanti un percorso di crescita musicale legato al field recordings: avendo acquisito competenze tecniche nella registrazione di paesaggi sonori sono finalmente riuscito a realizzare questo desiderio.
Che vulcani hai visitato e come hai portato avanti praticamente le registrazioni?
Sono partito da quelli più vicini - Etna, Vulcano e Stromboli - fino a trovarmi, la scorsa estate, a compiere un viaggio al centro della "terra del ghiaccio", l'Islanda. Qui ho avuto modo di raccogliere tantissimo materiale audio per via delle caratteristiche uniche di quella terra considerata il punto d'incontro tra la placca americana e quella europea. Per tutto ciò che riguarda l'aspetto tecnico: porto sempre con me un registratore digitale ed un set di microfoni.
C’è un messaggio, o suggestione precisa, alla base di questo tuo progetto?
La suggestione parte dal mito di Empedocle che, per dimostrare la sua immortalità, si gettò dentro il cratere dell'Etna. Come il filosofo agrigentino scelse il cratere del vulcano per il suo gesto, così il fascino per i vulcani mi ha spinto sino alla sommità del cratere più attivo d'Europa e registrare il suo respiro. Partendo da quei suoni, il brano è una composizione algoritmica a base seriale gestita da un software compilato dal sound artist Giorgio Sancristoforo. I singoli campioni audio vengono gestiti da una griglia numerica seriale, che ne stabilisce alcune variazioni, come la durata, l'esecuzione, la transizione e la spazializzazione. Così come l'uomo non potrà mai domare la forza dei vulcani, anche il compositore non potrà avere il governo della materia sonora.
Qual è stata la parte di più difficile?
Sicuramente l'aspetto più importante ed impegnativo è riuscire a raggiungere la zona in cui poter effettuare le registrazione. Trattandosi di vulcani, l'aspetto della loro imprevedibilità, pericolosità e tossicità (anidride solforosa) sono da tenere sempre in considerazione. Non mi avventuro mai da solo, la collaborazione e l'esperienza dei vulcanologi è fondamentale per il mio lavoro. Raggiunto il punto ottimale per le registrazioni cerco sempre di cogliere la parte più spettacolare del fenomeno, ossia i boati di degassamento.
Ci racconti meglio la tua prossima istallazione che presenterai a Roma?
Il lavoro sull'Etna è nato dalla sonorizzazione di un progetto ideato dall'artista Elena Mazzi e la videomaker Sara Tirelli. Il progetto, chiamato "(a) fragment world", sarà un installazione audio/video su tre schermi con audio in quadrifonia che verrà presentata il prossimo dicembre alla Quadriennale di Roma. I suoni sono il frutto della rielaborazione delle registrazioni del nuovo cratere di sud-est che accompagnano le immagini realizzate da Sara Tirelli presso il vulcano.
Stai collaborando anche con Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò e con Simon Scott degli Slowdive, di che si tratta?
Da un paio di anni, vivendo a Reggio Emilia, porto avanti progetti di sonorizzazione audio/video con Corrado Nuccini. Avendo a disposizione quel materiale audio abbiamo deciso di pubblicarlo, dandone una nuova forma. In questo contesto entra in gioco anche Simon Scott, autore sensibile alle dinamiche di ecologia sonora e al field recording. Ho parlato con lui dell'esperienza sull'Etna e così ha accettato di collaborare con noi. Il progetto ha come finalità la reinterpretazione dei suoni, dando un punto di vista personale dell'artista sul fenomeno vulcanico, ci stiamo lavorando contiamo di pubblicarlo a breve.
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L'articolo Abbiamo intervistato l'uomo che cattura il suono dei vulcani di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2016-04-19 16:20:00
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