Quella dei camp è ormai una pratica diffusa tra le major italiane: si tratta di sessioni organizzate della durata più o meno di una settimana, in cui gli autori e produttori dell'etichetta vengono riuniti tutti in un unico luogo, per poter collaborare alla scrittura di nuove canzoni che andranno a finire nel repertorio degli interpreti della stessa etichetta. Gli autori e i producer condividono per una settimana stanze, pasti, quotidianità, e sono organizzati in piccoli gruppi di 2-3 alla volta che si scambiano ogni giorno, per dare la possibilità a tutti di confrontarsi con tutti e garantire la mescolanza e lo scambio di idee il più possibile, anche tra autori che all'apparenza potrebbero sembrare lontani come scrittura.
Il mestiere dell'autore può avere diverse implicazioni: ci sono alcuni cantautori che hanno una propria carriera solista e scrivono anche per altri, oppure autori che scrivono solo canzoni, per molti artisti diversi o per un artista in particolare. Di esempi del genere in Italia ce ne sono molti: per il primo caso Ivano Fossati, Vasco Rossi e in tempi più recenti Calcutta e Tommaso Paradiso, per il secondo, sono storiche le accoppiate Battisti/Mogol o Battiato/Sgalambro. Ciò che è certo, è che dietro i più grandi successi quasi mai c'è una persona sola al comando, ma più probabilmente un team di autori e produttori che hanno collaborato alla stesura del pezzo, e questo è quanto più vero quanto più si guarda al pop italiano: ad ogni Sanremo le canzoni sono preannunciate da una serie di nomi e cognomi, e andando a guardare nei credits delle hit da classifica si scorgono più nomi, e col tempo si impara anche a riconoscerli.
Quest'anno sono stata all'undicesimo Warner Camp con gli autori della Warner Chappell che si è tenuto nel Castello di Bagnolo, in provincia di Cuneo. Salendo le colline della zona, subito dopo Pinerolo, seguendo le indicazioni per il Castello si arriva a una cinta muraria. Già lì ho modo di incrociare la Baronessa del Castello, che ci guida lungo la strada sterrata che porta prima al casale annesso, un maniero ai piedi del Castello che oggi è un agriturismo, e che ospita un primo gruppo di autori e produttori. Il primo che incontro, in calzoncini proprio come se fosse a casa, è Sergio Vallarino in arte Zibba, che mi offre un caffè fatto rigorosamente con la moka e mi invita nella sua stanza dove è allestita una regia ridotta all'osso: computer, scheda audio, un paio di synth, un microfono, casse. Sotto la finestra, una chitarra acustica. La stanza è proprio quella di una casa di campagna, con le finestre basse, l'arredamento quasi ottocentesco, le travi in legno. Fuori, solo bosco, i suoni della natura, squarciati ogni tanto da una cassa dritta o da un acuto che proviene da qualche stanza.
Zibba mi spiega molto bene lo spirito del camp: "Il primo giorno mi hanno messo con due giovani, Leonardo Lamacchia e Federica Carminati, non ci eravamo mai visti, è stato particolare, perché loro sono autori di testi." Detto così può sembrare una forzatura, eppure non è nulla di diverso da un brainstorming come quelli che si fanno in qualsiasi lavoro creativo "Leonardo ha una voce molto soul quindi ho pensato a un commento musicale che potesse cogliere questa sfumatura della sua interpretazione, ed è venuta fuori una delle cose più fighe".
I brani che mi fa ascoltare sono solo dei provini, eppure hanno la concretezza di canzoni fatte e finite. In alcuni casi gli autori e i produttori hanno in testa l'interprete per cui stanno scrivendo, in altri casi ci sono più possibilità aperte, e diventa importante non innamorarsi troppo di un certo timbro o di una certa sfumatura nell'interpretazione. I brani successivi che mi fa ascoltare sono di mood del tutto differente, ma non meno incisivi, e non si fa fatica a immaginarseli alla radio tra qualche mese. Ce n'è una scritta con I Miei Migliori Complimenti, ma Zibba ha lavorato anche con Galeffi e altri.
(Gianni Pollex)
Uno con cui hanno collaborato quasi tutti, e che in questa settimana ha tirato fuori veramente molte canzoni, è proprio Galeffi, che terrà per sé alcuni pezzi, anche perché si fa molto fatica a immaginarli cantati da qualcun altro. Sono tutti divertenti e abbastanza strampalati, ma in generale in questo camp sono stati prodotti più che altro pezzi fortemente radiofonici, con testi che trattano soprattutto di sentimenti, anche perché i destinatari di questi brani saranno interpreti come Lorenzo Fragola, Ermal Meta, Emma Marrone, Alessandra Amoroso.
Tra i brani più particolari tra quelli ascoltati ci sono invece quelli prodotti da Take Away Studios (per capirci, la band di Benji e Fede) meno legate a dinamiche radiofoniche classiche. Loro stanno in un altro agglomerato di stanze più in alto lungo il sentiero, accanto ai Mamakass. Tra le due stanze c'è una bella confusione, nonché le produzioni più spinte e festaiole dell'intero camp.
Proprio con i Mamakass, prima ancora di aver ascoltato i brani, ho un fruttuoso confronto libero sulla scrittura e come riconoscerne la bontà con oggettività e pensando al tipo di destinatario che andrà ad ascoltare quel pezzo. È un argomento ampio ma molto importante per loro, che sono al loro primo camp, capitato nel corso del fortunatissimo sodalizio con i Coma Cose, e si trovano a collaborare anche con artisti molto lontani dal loro gusto. Non mi nascondono di aver avuto qualche pregiudizio nei primi giorni, ma devo dire che non si fa fatica a comprendere come questo posto isolato dal mondo, circondato da boschi secolari, nella quiete, mangiando bene e godendosi la fine dell'estate, abbia la capacità di mettere a proprio agio chiunque e di sviluppare energie positive. I brani che mi fanno ascoltare dopo sono veramente i migliori a livello di produzione. A pranzo, seduti tutti intorno allo stesso tavolo, gli autori continuano a cantare e parlare di canzoni, in un flusso creativo continuo, difficile da stoppare anche nei momenti di pausa.
(I Mamakass con Giulia Anania)
Un veterano del camp è Valerio Carboni, che nel pomeriggio è al lavoro con Masini. Per farmi capire quanto il camp al contrario di quello che si può pensare liberi la creatività degli autori, mi racconta di una canzone nata la prima notte del Warner Camp 2017. Trovandosi in stanza con altri due autori con cui non aveva mai collaborato (Federica Cambia e Daniele Coro), decidono di scrivere un brano per rompere il ghiaccio, pensando forse di destinarlo a Luca Carboni che allora stava chiudendo "Sputnik", quindi con poche speranze. Il brano viene inviato al mattino successivo a Carboni e non solo finirà nell'album, ma sarà la prima traccia e il primo singolo estratto "Una grande festa". Mi fa ascoltare il provino fatto quella notte e le canzoni sono straordinariamente simili a parte alcuni versi e alcune migliorie nelle produzioni. È in quel momento che ti rendi conto di due cose: il lavoro degli autori è straordinario per quanto riescano ad immedesimarsi in un interprete e a giungere in una sola notte a una canzone che è già pronta per essere una hit, pensando in autunno a cosa potrà andare in radio la prossima estate e di fatto anticipando il gusto popolare. Tutto questo non sarebbe possibile senza la tecnologia attuale, come mi fa notare Roberto Razzini, Managing Director di Warner Chappell Music Italiana: fino a una ventina d'anni fa non sarebbe stato difficile confezionare una canzone perfetta nel giro di una notte, per non parlare di 40 anni fa, con i nastri tagliati a mano. Qui ogni stanza è allestita con qualche synth e pochi strumenti, e tanto basta.
(Gli autori in un momento di pausa)
Nel pomeriggio avremo modo di ascoltare brani scritti da Gianni Pollex, Giulia Anania e altri, prodotti da Dj Cino, alcuni belli e altri meno, esattamente come il flusso della radio. Delle moltissime canzoni scritte qui in questi giorni alcune vedranno la luce prima del previsto, altre non usciranno mai dalle stanze di questo Castello, ma in generale l'aria che si respira è estremamente positiva e ricca di buone cose, e aiuta a smontare certi pregiudizi nei confronti della musica pop. Fa riflettere su quanto gli autori meriterebbero forse qualche attenzione in più quando si tratta di riconoscere i loro diritti d'autore (in tutti i sensi). Tanto che in alcuni casi, all'ascolto dei provini, resta il rammarico nel sapere che una bella canzone cantata dal suo bravo autore domani potrebbe finire davanti al microfono di un interprete che non rientra nel nostro gusto, portandosi appresso pure quel che di buono c'è nel brano. Siamo così sicuri che avremmo amato tanto "Cosa mi manchi a fare" di Calcutta se fosse stata cantata dal vincitore di Amici di turno?
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L'articolo Le hit del prossimo anno sono nate in un castello medievale di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2018-09-27 11:40:00
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