Il cast quest'anno era formidabile, e visto come il festival è cresciuto, vista la cura nei dettagli, la bella atmosfera, possiamo ormai scrivere con certezza che il Welcome To The Jingle di Piacenza è un festival con una propria identità, un proprio stile, e che fondamentalmente è festival figo, un appuntamento da seguire, edizione dopo edizione. Fausto Murizzi e Mara Guzzon ci raccontano.
Occupare lo slot del week-end subito dopo quello del MI AMI per vedere ancora concerti di band italiane, non significa necessariamente "volerne ancora". Anzi, dovendoci lavorare al MI AMI, con una turnistica che prevede un impegno fisso ogni due ore dietro qualche cassa o qualche spina, l'occasione del "Welcome to the Jingle – Festival della musica bella a polmoni aperti" è quantomai ghiotta. Giunto ormai alla sua terza edizione, questo piccolo evento, che nell'arco di due giorni vede alternarsi su un piccolo palco 10 indie-band nostrane, è uno dei pochi ormai rimasti nella zona a portare sollievo e godimento a chi è ormai stufo delle solite sagre/feste della birra che si rivelano sempre un groviglio di cover-band e ‘coseanonime’. In più aggiungeteci la giusta dose di spensieratezza amplificata da installazioni artistiche e - soprattutto - cucina piacentina per avere il quadro completo di cosa significhi “stare bene”. Sabato 23 tocca ai Jules not Jude aprire le danze, ma arriviamo giusto in tempo per ascoltare gli ultimi 3 pezzi e constatare che rispetto all'esibizione di oltre un anno fa, in occasione di "Prima", la loro resa sul palcoscenico è notevolmente migliorata.
Cambio dei musicisti, che sfruttiamo anche per una rapida cena a base di fritto (oh yeah!), e i News For Lulu prendono possesso della scena. La gente si assiepa in prossimità del limite fissato dalle casse spia (il palco, infatti, è a livello del terreno) e i quattro pavesi snocciolano il loro repertorio, dove le bellissime canzoni di "They know", il loro ultimo album, la fanno da pardone. Loro non si risparmiano, e il feeling che si crea praticamente qualche istante dopo rimarrà inalterato per tutto il live. Bravi e convincenti, anche con la formazione ridotta al minimo e gli arrangiamenti molto più r'n'r che su disco.
A seguire gli Ants Army Project, sul palco al calare del buio, i quali giocano in casa e si trovano leggermente avvantaggiati. Reggono bene la scena, soprattutto se si considera che alle mie orecchie risultano dei perfetti sconosciuti. Artisticamente distanti dalla band che li ha preceduti e da quella che seguirà, hanno nel dna sonorità prettamente indie che dal vivo acquistano ancora più spessore. Il pubblico sembra gradire, mentre noi ci ripromettiamo di approfondire una volta tornati a casa.
Ormai è buio ed è la volta dei The Gentlemen’s Agreement, band partenopea che lo scorso anno ha dato alle stampe l’eclettico "Carcarà". Anche dal vivo sono un vero e proprio viaggio: un tripudio di colori e danze con tutta una serie di contaminazioni esotiche e vibranti di cui è costellata la loro musica, fattore che impedisce letteralmente ai presenti di tenere i piedi fermi. Lo stile bohémienne e anche un po’ retrò di questi ‘artisti di strada’, tra mandolini e contrabbassi, è la chiave con la quale, per una mezz’ora abbondante, riescono idealmente a fermare il tempo in un passato lontano. La chiusura del set è come il carnevale di Rio: urla, tamburi e un’esuberanza incontenibile, mentre la folla richiede il bis a gran voce ma i tempi “da festival” sono improrogabili.
Cambio palco, ed è già il turno dei Movie Star Junkies, ai quali spetta la chiusura della prima giornata. Cosa raccontare di nuovo su questa formazione, quando ormai è risaputo che sono in perenne stato di grazia ogni qual volta salgono su un palco? Forse possiamo solo notare che, nonostante la dimensione ridotta dello spazio in cui si esibiscono, loro non si risparmiano per nessuna ragione. Con la carica che da sempre li contraddistingue, vanno avanti per un'ora abbondante lanciati in un trip rock'n'roll che a tratti toglie il fiato. Avercene.
Domenica 24 è il giorno di Italia-Inghilterra, quarto di finale dell'Europeo 2012. Tutti ormai saprete come è andata a finire, e purtroppo anche il WTTJF non è immune alla Nazionale - in seguito capirete il perché.
Alle 19 in punto Philip & The Marmalade attaccano a suonare, e sinceramente, anche se piacevoli, passano inosservati. Sarà per la prossima, ma stasera siamo qui per le band che seguiranno, ad iniziare dai New Candys, che aspettiamo al varco dopo la conferma di "Stars reach the abyss". E anche dal vivo si fanno valere, inserendo in scaletta persino una parentesi centrale di brani col sitar ("Sun is gone", "Nibiru"); non tolgono comunque spazio alle tracce più tipicamente r'n'r, a cominciare da "Hand chian dog". Ormai il quartetto è collauditissimo e deve proiettarsi al di fuori dello Stivale per mostrare il suo assoluto valore. E sarà un caso, ma appena finisce il set, tutti si fiondano verso il megaschermo perché è già trascorso qualche minuto dal fischio d'inizio.
Non potendo quindi sfuggire a questa "dittatura del pallone", lo show dei Foxhound viene, ahinoi, relegato nell'intervallo, perdendo una gran fetta di pubblico. Peccato, perchè meritano di essere visti oltre che ascoltati: giovanissimi, con un look totalmente british, hanno tanta passione e ciò arriva subito dritto negli occhi e nelle orecchie di chi s'è fermato a guardarli. “Do it yourself”, oltre ad essere un brano de loro nuovo album “Concordia”, potrebbe essere un messaggio-manifesto: attitudine in bilico tra il post-punk e l’indie spettinato, e un misto indescrivibile tra grinta e coraggio espressivo. Un’esibizione che scivola via veloce, e ci porta fino al quarto e penultimo act.
Salgono quindi sul palco del wttj 2012 tre artisti dai tratti somatici tutt’altro che mediterranei: sono gli attesissimi Iori’s Eyes, che malgrado la loro residenza lombarda potrebbero benissimo provenire da una qualsiasi capitale nordeuropea. Tocca proprio a loro suonare subito dopo il trionfo della Nazionale che ha battuto l’Inghilterra ai rigori, e finalmente l’attenzione ora è tutta verso il palco. Sono delicati e lisergici come il pop che propongono, introspettivi e fragili al punto da mostrare la loro dimensione più intima. La percezione è quella di visualizzare sognanti atmosfere malinconiche e decadenti, che in questo caso vengono tradotte in chiave elettronica con qualche suggestione shoegaze. Distorsioni e cuore, un insieme nuovo di bassi, tastiere e batterie pulsanti.
Spetta infine ai surreali Drink To Me chiudere la manifestazione. Mentre qualcuno, fra il pubblico, è ancora seduto prima dell’inizio del set, la band si lancia fra i tavolini e prende per mano ogni singolo spettatore scortandolo al proprio cospetto. Inizia il set e un unicorno con i guanti che si illuminano gira tra la folla. E’ tutto vero, sono sempre loro, i Drink To Me. Come non essere curiosi? Onirici e trascinanti, il loro mood non-sense è lo specchio della musica che suonano: un’alternanza di psichedelia e immagini, rese ancora più vive dai synth imponenti. Inaccostabili ad altri e originali nello stile, con la loro lucida follia creativa, i quattro piemontesi sono la degna conclusione di questo Welcome to the Jingle 2012.
Il pensiero adesso va già è al prossimo anno, magari - giusto a voler fare i pignoli - con una line-up che bissi, a livello qualitativo, l'edizione appena conclusa. Per il resto complimenti e avanti tutta.
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L'articolo Welcome to the jingle Festival di Faustiko e Mara Guzzon è apparso su Rockit.it il 2012-06-23 00:00:00
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