Non capita spesso che una puntata di X Factor presenti un dilemma etico su quanto possa essere giusta o sbagliata l'attitudine a un'esibizione musicale, su come si possa presentare una cover credibile e su come si possa, al contrario, fare una brutta figura con una prova iperbolica.
Andiamo con ordine e poi ne riparliamo: secondi Bootcamp, tocca a Dargen e Ambra mentre Fedez e Rkomi hanno fatto quelli della settimana scorsa, decisamente non troppo arzilli (leggi qui).
Dargen un po' timido, non riesce a cuor leggero a eliminare i concorrenti ma alla fine porta alle decisioni finali un gruppo di artisti di tutto rispetto che comprende la band Disco Club Paradiso, già ai live e già padrona del palco, la voce delicata e dolcissima di Matteo Orsi, Beatrice che ha convinto tutti con la cover di Marcella Bella, Martina Baldaccini che ha osato con Mia Martini, Irene Pignatti che ha fatto venire i brividi con I hope there's someone di Antony and the Johnsons e la brava bravissima Cinzia Zaccaroni che con la sua innata classe ha portato Glory box dei Portishead.
Ambra dalla sua ha fatto scelte spesso incomprensibili e al netto di talenti cristallini come Cecilia Quaranta (Talea) che ha portato Dancing in the dark di Bruce Springsteen e Lucrezia Fioritti con Teardrop dei Massive Attack, ha preferito Matteo Siffredi che ha portato un inedito decisamente non indimenticabile a Colin McDonald con una voce strepitosa. Bene Francesca Rigoni, bene i Tropea e i Nervi, forse più a fuoco questi ultimi, strano che non abbia portato i Gemini Blue, super in forma. Ma vabè, ci sono sempre un bel po' di scelte da operare per tutti e prima di fare troppo chiasso aspetterei le scremature finali, che verranno fatte in studio con il pubblico e non nei castelli a caso ognuno per i cazzi propri come negli anni scorsi.
Ok, affrontata la telecronaca di un Bootcamp con polemichette varie, andiamo a parlare di un argomento che mi interessa ben di più, quello dei vari approcci alla cover, che spesso è il vero banco di prova del talent. Nella puntata degli ultimi Bootcamp abbiamo visto la palese differenza tra una canzone portata a casa con semplicità, senza strafare scontrarsi con la foga, la voglia, l'incoscienza e la pazzia ma pure la tracotanza di voler imprimere il proprio marchio a fuoco su un classico, senza ancora aver le credenziali artistiche per poterselo in qualche modo permettere.
Parlo dell'esibizione di Martina Baldaccini in arte Marla, busker con voce graffiante e un'energia animalesca molto potente, in grado di prendersi una standing ovation con la sua versione di Mi sei scoppiato dento al cuore di Mina, che torna davanti al proprio giudice, in questo caso Dargen, con una proposta di quelle kamikaze: Almeno tu nell'universo di Mia Martini. Una canzone che o riesci a farla del tutto distante dall'originale, tipo la versione eterea di Elisa, oppure che devi rispettare urlando ed esplodendo d'emozione nei punti giusti, per farla davvero volare.
Marla/Martina entra già un po' da diva, bella decisa nella sua mise street nera e decide per una via di mezzo in cui quando c'è da aprire non apre, fa un sacco di smorfie teatrali ma, almeno nel montaggio proposto in tv, non emoziona come dovrebbe, e pensare di ascoltare una registrazione di questo pezzo così come l'ha cantato, non avrebbe alcun appeal. Troppa sicurezza? Forse si sentiva già ai live? Ci sta, come ci sta l'emozione, ma il punto è la regola aurea che guida tutte le scelte basate sull'umiltà: meglio togliere che aggiungere.
Di contro, ieri abbiamo visto esibizioni perfettamente misurate, calibrate sulla personalità delle cantanti che hanno deciso di non strafare ma di portare il proprio mondo: brava Lucrezia Fioritti al piano con Teardrop, pezzo già decisamente abusato dei Massive Attack, molto brava Irene Pignatti che porta Antony e si prende un rischio enorme ma vince la sfida, parimerito nel mio podio personale per Cecilia Talea Quaranta che dopo Amandoti dei CCCP cambia genere ma non registro con Bruce Springsteen, cantato senza una sbavatura né un effetto speciale, solo voce e cuore. Lei sta su al primo posto insieme con Cinzia Zaccaroni che arrangia Glory box per chitarra, fischio morriconiano e voce suadente. Anche qui, nessuna strizzata d'occhio per consensi facili, solo un sacco di voglia di far bene, di far emozionare mantenendo il controllo della propria emozione.
Ecco, se un talent come X Factor serve ancora, è per far emergere il talento vero, quando c'è, prima che i concorrenti entrino nel circo del trucco parrucco, del singolo buono per le playlist di Spotify, per l'omologazione. In ogni caso, la potenza è nulla senza controllo, come diceva una vecchia pubblicità di pneumatici.
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L'articolo X Factor 2022: la potenza è nulla senza controllo di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-10-14 08:59:00
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