L'esordio di Sfera Ebbasta nell'anno 2015 s'intitolava XDVR, che per chi non mastica gli acronimi della gioventù significa Per davvero. Lì Gionata Boschetti aveva poco più di vent'anni, era un ragazzo di strada con tutto da dimostrare e una scala da salire nell'olimpo del rap che stava diventando trap, insieme al suo compare Charlie Charles. Oggi Sfera è uno schiacciasassi da classifica, quello che vende e che streamma più di tutti, ma questo ormai lo sappiamo da un pezzo. Album come Rockstar e Famoso hanno ricevuto più certificazioni di quando devi fare il passaporto, anche se l'internazionalizzazione è riuscita a metà. Nel frattempo il ragazzo è diventato uomo, si è ritagliato anche un posto in tv da giudice di X Factor 2019, vincendo l'edizione, ma soprattutto è diventato padre di Gabriel Boschetti Fiol, che ha preso il cognome suo e della madre Angelina.
Sfera e hype sono sono praticamente sinonimi: 179 dischi di platino, 32 dischi d'oro, milioni di follower, è l'artista degli ultimi dieci anni più ascoltato su Spotify e il primo artista trap a fare San Siro (che oggi come oggi non è esattamente inaccessibile ma comunque difficile per uno del suo genere). Ah, non cercate i biglietti, lo stadio è andato sold out in 24 ore. Capite da soli che ascoltare un dico viziati da questi numeri non è per niente semplice, perciò ci siamo presi 72 ore per digerire il suo nuovo album, intitolato in modo super autocitazionista X2VR e uscito venerdì 17 novembre un po' a sorpresa - ormai la prassi per gli album molto attesi - fingendo di ascoltare un disco normale e non un mastodonte capace di abbattere ogni record.
Prima riflessione sui record: per adesso a lui, che è il boss della trap under 18, è andata nel migliore dei modi e di sicuro i fan continueranno a supportarlo anche in questo disco, che musicalmente si dimostra più maturo e anche più aperto ai confini di un genere che sta implodendo e che cerca in ogni modo di trovare la propria identità dopo l'indigestione di consensi da parte di minorenni infoiati. Oddio, a guardare dai commenti sui social, ad alcuni il disco non è piaciuto per niente, forse troppo abituati al flexing arrogante degli album precedenti, ma in ogni caso lo hanno già ascoltato tutti.
Com'è sta musica? È sempre il capo del flow monocorde che ipnotizza, a volte si lascia pure andare senza l'autotune cosmetico - con buona pace dell'uscita poco a fuoco di Samuele Bersani - e grazie ai producer Charlie Charles e Drillionaire, amplia parecchio il suo bacino sonoro che stavolta flirta col nu soul e col pop pianistico (Lazza style). Niente di epocale, intendiamoci, ma gradevole da ascoltare anche per chi non ha mai digerito il genere.
Che dire poi dei feat., che fanno a spintoni per apparire nel disco predestinato campione d'incassi pur essendo nomi enormi: Anna, Lazza, Shiva, Elodie, Tedua, Thasup, Tony Effe, Paky, Guè, Geolier, Simba La Rue, Baby Gang e Marracash. Praticamente un sunto accuratissimo della playlist di qualsiasi ragazzino col piumino North Face e il taglio di capelli sfumato, cresciuto a Fortnite, Mare Fuori e faccia tosta.
Nel comunicato stampa di parla di un upgrade dei testi di Sfera, ma ciò che sentiamo spesso la solita solfa, quella che va dall'amore un po' tossico alla descrizione della vita da strada, al "guarda da dove sono partito e dove sono arrivato", ormai un cliché dei rapper di questa generazione, da Ghali a Sfera passando per Tedua. Quando pensi che magari la traccia con Marracash dal titolo 15 piani che conclude il disco abbia un pathos e un'energia diversa, ecco che appare il coro dei bambini alla fine a ributtare tutto nel calderone del Mr. Rain un po' più sporco. Diecimila volte meglio, va detto.
Sia chiaro: in media tutto il disco X2VR è, specie per un adulto, risulta più interessante da ascoltare dei precedenti capitoli della storia di Sfera dove l'ascoltatore si accollava intense sedute di "quanto sono figo". Purtroppo però il genere è ancora troppo vincolato all'edonismo e alla celebrazione de sé, con poca menzione riguardo il mondo circostante e questa peculiarità rischia di essere già diventata manierismo, così come la storia del ritorno alle origini che dà credibilità - e street credibility - a tutta l'operazione.
Possibile che in otto anni Sfera abbia già fatto il giro e sia già tornato al punto di partenza? Non è un po' presto per questa meta reunion con il suo quartiere - ovviamente Ciny - e con il suo passato, decisamente prossimo? Vero che oggi le carriere si fanno e si disfano nell'arco di due tre anni, arrivando al top e poi spesso franando terribilmente, ma possibile che oltre il percorso dalla strada alla fama non ci sia nient'altro di cui parlare? Questo tipo di epica, di narrazione rischia di implodere su sé stessa, specie se applicata ad ogni album, ad ogni canzone.
In parole poverissime: abbiamo tutti capito che i trapper vengono dalla strada, dalla provincia, dalla delinquenza, dalla vita brutta (così come tanti altri coetanei), ma quello è un punto di partenza, non di arrivo, neppure il territorio di stasi. Detto questo, il disco di Sfera è figo, suona molto bene e apprezziamo tutti i miglioramenti che lo portano verso un sound più maturo, pop senza snaturare l'essenza urban. Questo è il suo gioco, lui è padrone del campo e lascia la palla ai compagni per fare la partita, ma il goal dev'essere suo. Anche stavolta sembra abbia centrato la rete.
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L'articolo Sfera Ebbasta dice sempre le stesse cose, ma le dice molto bene di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2023-11-20 10:34:00
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