Nel 2010 Atròphia è impegnato nelle registrazioni del nuovo album, che terminano nell’estate. Ma il lavoro resterà per un anno in naftalina, perché non è ritenuto convincente. Sarà riesumato solo l’anno successivo, senza cambiarlo di una virgola.
L’album si intitola “Subliminale”. Se i primi lavori erano abbastanza identificabili per un genere prevalente, quest’ultima fatica va oltre i generi e si potrebbe definire a tutti gli effetti un prodotto “alternativo“ rispetto a questi.
In raffronto alle composizioni precedenti, il lavoro privilegia un impatto più immediato e comprensibile sull’ascoltatore, meno ostico pur senza essere “pop” nel senso più dispregiativo del termine. Infatti, vi è una spiccata ricerca della melodia e della “cantabilità” dei brani, con architetture compositive più semplici e strutture più compresse, che in due - tre minuti pretendono di dire tutto, rispetto a brani di oltre cinque - sei minuti di composizioni precedenti.
Se proprio vogliamo trovare un riferimento stilistico, forse dovremo dire che questo disco è più gothic-metal che dark e che se questa definizione può reggere, si può affermare anche che è meno metal e più gothic. Anche i testi sono meno oscuri e più decifrabili e buona parte delle composizioni è incentrata sul rapporto uomo - donna, che finora Atròphia aveva trattato poco. Ad esempio, “Voyeurism” incarna l’invidia di chi è costretto a sbirciare nelle relazioni altrui per vedere quello che non possiede nella sua, “Di Norma” canta l’amore impossibile per una donna in là con gli anni, che forse arriva fuori tempo massimo, “Iside” è l’inno d’amore per una donna, venerata quasi come una divinità egizia, “Eva” racconta di donne apparentemente bellissime e felici, cui pare non mancare nulla, ma che, in realtà, nascondono segreti inimmaginabili, la protagonista di “Marlèn” è, invece, una donna che può permettersi di fare tutto quello che vuole e soprattutto far fare agli altri tutto quello che vuole.
Quindi, un’altro significativo aggiustamento di rotta di Atròphia, analogo a quello di “Sorvegliare e punire”, ma verso lidi meno tradizionali e più alternativi, dove il post-dark di “Echi” appare più assimilato nella struttura della forma canzone, in un universo in cui la disperazione, la tristezza e la nostalgia sono assunti a normalità e cantati quasi con gioia.
Di seguito alcuni versi tratti dalle canzoni.
“No non svegliarti, resta nei tuoi sogni, continua a viverci dentro e lasciati cullare, lasciati portare dal sogno in cui sei teneramente rinchiusa. Per ogni goccia un fiume, per ogni lacrima un mare, verso la strada che conduce da qui al deserto dei tuoi giorni. Lasciati svenire nel sogno da cui sei gelosamente custodita e abbandonati come arresa al silenzio ineluttabile di questi giorni. I nostri corpi arresi, i nostri cuori vinti, i nostri sogni infranti al gelo dell’attesa” (La resa)
“Il tuo sguardo di vetro e bistro mi trapassa e toglie il fiato, come questo fuoco sacro nelle vene. Mia dea risvegliami e conducimi ad assaporare l’alba, mia dea salvami e conducimi ad assaporare l’alba” (Iside).
“Eva perfetta profilo sottile dalla linea imperfetta, Eva racconta e si adombra del legame perverso. Ogni passato, ogni ora persa oggi ritorna e si impossessa di Eva che rimedia ad ogni suo sbaglio e una carezza si apre a ventaglio. Eva perversa distesa nel buio ora riversa tutto il suo odio” (Eva)
“La luce mi feriva gli occhi e sembrava non dovesse finire mai come quando pioveva alla fine di settembre e la sensazione del dopo, del senso di indefinito che arrivava inaspettato a farci rabbrividire. Ti immagino distesa ancora in quei luoghi dove torno a volte come in un sogno e tu nuda come la verità interrompi ogni mia certezza. Posso vederti impersonare le nostre danze macabre con il gusto del nulla” (Bluesong)
“Quello che non ho avuto, quello che non avrò mai, è sempre più distante come un tuono lontano, come fossimo morti da secoli senza essercene accorti. Disteso immagino quello che sarebbe stato, ciò che avresti detto, i sogni e gli incubi, i desideri svaniti nel nulla, i baci non dati, le parole sospese dalle labbra e mai pronunciate. Ora siamo così distanti” (Voyeurism)
Subliminale
Atròphia
Descrizione
Credits
“Ho prodotto questo lavoro presso lo Studio M42 di Monselice (PD) durante il gelido inverno del 2010, lo ho mixato e masterizzato presso lo stesso Studio in primavera. Tutte le canzoni sono state scritte da me, suonate da me e, purtroppo, anche cantate da me. Per farlo ho impiegato una Fender Telecaster, un basso Stagg Precision, un Vox Tone Lab per chitarra, un Digitech BP50 per basso, un amplificatore Fender FM65R, un FBT BX30, una tastiera Casio CKT-3000, vari synth, tra i quali Silver, Copper e Beat Box, un mini - mixer Beheringer a sei canali, molta Peroni fredda e tante ore perse di sonno.
Durante il periodo “compositivo”, ovvero il precedente anno e mezzo, ho ascoltato fino alla noia Editors, Metallica, Soundgarden, Queens of the stone age, Chingon (per chi non sa chi siano, è la band preferita di Quentin Tarantino), 69 Eyes, Velvet Revolver, HIM, Coldplay, Stray Cats, Rage against the machine, Guns and Roses, Bruce Springsteen, Steve Ray Vaughan, Amy Winehouse, Cream, Black Sabbath, PJ Harvey, Billy Idol, Smashing Pumpkins, Siouxsie and the Banshees, Foo Fighters, Clash, Verdena, Killers, ho letto fumetti della Marvel Comics, ho visto o rivisto i seguenti film: 300, Le crociate, King Arthur, Il gladiatore, Kill Bill, Pulp Fiction, Bastardi senza gloria, Gangs of New York, The secretary, Basic, C’era una volta in Messico. Inoltre, ho ripreso a fumare per cinque lunghi mesi, mi è cresciuta la barba, mi sono tagliato nove volte i capelli, ho fatto un altro figlio, sono stato quasi mollato dalla mia compagna (grazie per la pazienza), ho lavorato come un negro (senza offesa per nessuno) ed ho pensato seriamente e molte volte di piantare tutto, senza che di tutto ciò abbiano risentito minimamente le mie composizioni, o almeno questo è quello che credo.
Durante il periodo “produttivo” si è inchiodato due volte il pc principale dello studio (hard disk e monitor sostituiti) ed ho perso un file di una canzone già pronta durante un black-out, con molte immaginabili bestemmie (di cui mi sono immediatamente pentito) e parolacce (di cui non mi sono affatto pentito).
Per finire, “Marlèn” è dedicata a Marlèn, mentre “Margherite gialle“, solo la protagonista sa che è dedicata a lei.”
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