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La scena di un processo come teatro metaforico del racconto della difficoltà riscontrata nella genesi di un progetto musicale.
«Siamo nella scena di un processo, dove sta per essere condannato un innocente. L'imputato in questione è accusato di possedere una dote, una sorta di potere inesplicabile che, in succo, è quello dell'arte. E quest'uomo passerà per un matto. La storia è raccontata in prima persona dall'imputato, ma ci sono anche degli spostamenti di prospettiva e di punti di vista. E il protagonista si difende esprimendo più o meno questo concetto: "Come puoi tu, che vivi una vita costantemente formalizzata, guidata dai tuoi codici e dai tuoi abiti, che hanno ormai preso il sopravvento sulla tua natura di uomo, come puoi tu che sei il prodotto di parole che qualcun altro ha scritto perché tu le applichi, giudicare chi invece è atto spontaneo, creativo, e che dunque non puoi comprendere?". Ma ad uno snodo cruciale di questa storia surreale si scopre che, tutto è il prodotto di un'ennesima arte, che si tratta semplicemente della scena di un film e che dietro il tutto c'è un altro uomo, il regista del film, che a sua volta sarà giudicato per matto, per aver partorito questa storia››
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