Descrizione

Questo terzo disco, Every love story is a death story, è un concept album che cerca di raccontare la consueta e ordinaria evoluzione di una relazione amorosa: l’infatuazione iniziale dove prevale l’attrazione fisica e chimica tra due soggetti; l’innamoramento in cui si approfondisce la conoscenza reciproca; la differenziazione e la disillusione che porta a vedere la persona per ciò che realmente è; l’inevitabile fine col suo dolore del distacco ed il senso di perdita.
Il disco è stato interamente registrato in casa ed ha visto la collaborazione di numerosi compagni di suonate che hanno impreziosito i brani con violini eterei, sassofoni spezzettati e poi ricomposti, batterie e percussioni intense, tenacia e pazienza. L’album si caratterizza come un lo-fi pieno di chitarre distorte, synth e rumoracci, meno industrial rispetto ai lavori che lo hanno preceduto ma comunque fedele al noise, con più psichedelia, ballate sintetiche e melodie pop non convenzionali.
E comunque è tutta musica folk.

Credits

Clov è il progetto solista di Piero Prudenzano, un manipolatore di suoni che accompagna le armonie tipiche di una chitarra, un basso o un sintetizzatore, con vibrazioni più sperimentali create da oggetti, giocattoli modificati e registrazioni in strada.
Inizia a suonare la chitarra fin da giovane collaborando con gruppi punk del tarantino, band caratterizzate da un approccio selvaggio, energico e minimale alla musica. In seguito si avvicina al circuit bending, pratica atta ad alterare in maniera creativa e tramite semplici cortocircuiti, dispositivi e apparecchi elettronici, soprattutto vecchi giocattoli. L’intento è quello di estrapolare da essi suoni inediti, creare nuovi strumenti musicali e bizzarri generatori di suono.
Questa sperimentazione e ricerca di nuove soluzioni soniche, l’utilizzo del “guasto” che genera novità e apre a percorsi creativi inediti ed affascinanti, porta alla registrazione del primo lavoro solista nel 2009. This is not Woodstock è un disco minimale che recupera sonorità kraut con innesti di industrial anni ’80: da una parte i Neu! con il loro cosmico ed indecifrabile sound e dall’altra le oscure miscele apocalittiche dei lavori dei Nurse with wound.
Nel 2012 fonda, insieme all’amico Stefano Spataro (Hysm?, Solquest), il duo avant-rock La sedia di Wittgenstein, progetto dedicato a Ludwing Wittgenstein, personaggio divertente della logica, ispiratore e guru dell’arredamento contemporaneo. Dopo una serie di concerti in Italia e oltralpe esce l’Ep omonimo, un condensato di chitarre distorte che si mescolano a registrazioni lo-fi, circuit bending, arie di musica lirica: un’improvvisazione tra sogno, psichedelia e rumori.
L’irrequietezza da smanettone lo riavvicinano alle esplorazioni e sperimentazioni sonore, alla ricerca di imperfezioni uniche, glitch poetici e deliri arbitrari. Da questi “difetti” nasce It’s all fun and games until someone loses an eye. Il secondo lavoro continua sulla linea noise e lo-fi del precedente ma strizzando l’occhio ad armonie smaccatamente pop, dando vita a musica formata più da mani ed emozioni umane che non da giocattoli rotti, field recordings, casse scassate e ring modulator.

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