Un cammino nella durezza dei suoni urbani, alla ricerca dell’umanità
di Renzo Cresti
Un richiamo al nostro inconscio, personale e collettivo, inquieto, nervoso. Insofferente verso il mondo che ci circonda che ci prende alla gola. Un viaggio nelle paure e nelle angosce del presente. Questo lavoro di Lorenzo Cimino descrive il baillame di rumori e di suoni che ci circonda, il nostro affogare nel mare magnum di una massa senza volti.
Cimino prende le voci da ogni parte del mondo, le registra come musica concreta e poi le circonda di strepiti, fragori, tumulti, calpestii, stridori, fruscii, cigolii ossia di tutto ciò che vibra attorno a noi e dentro di noi. Ci sono urla e grida ma anche mormorii e respiri, fremiti di preghiera (Addio). La forma musicale si costituisce seguendo il vissuto o meglio il vivere.
Accanto al mercato, che è diventato il simbolo della nostra (in)civiltà (Ballarò), vi sono voci di bambini, accenti di speranza. Le voci registrate sono inghiottite dai suoni/rumori dei campionatori, in una polifonia ora infernale, che ci ammonisce dei mali del mondo, degli orrori che si possono vedere/ascoltare (Fly in the world), ora più conciliante, accogliente, dove voci orientali (Mondo volato), africane (Dongo e Arredo urbano), arabe (Yamamte Line) fanno parte – inscindibilmente – del nostro vivere quotidiano, dove tensioni e rilassamenti convivono, come in ogni singola composizione qui proposta.
Non mancano un sentire ironico (Sonnambulo) e momenti di rasserenamento (Odessea nella mente e Orch’idea), ma le parti più oscure e quelle più positive non vengono espresse di brano in brano, si riscontrano nei pezzi singoli, dove i suoni campionati sono ora linee polifoniche tenebrose ora luminose. Nell’insieme predomina una certa opacità, un suono sporco e hard, un ritmo accentuato e andamenti enigmatici. Cimino vuole introdurci nel labirinto della vita contemporanea, non sapendo se ci sarà la via di uscita. Si veda la copertina, dove Cimino è fotografato di spalle, senza vederne il volto, in un ambiente oscuro, si incammina per dove? Il dedalo dei suoni non è solo ben pensato ma una parte rilevante e intrigante è l’intuizione (Witz).
Il lavoro è sostanzialmente dark, affastellato, dove i suoni si accumulano e terminano per soffocamento. Un lavoro nato nei meandri solitari di una psiche inquieta ma totalmente immerso nella spirale delle fatiche urbane, fatte di incontri, competizioni, artifici, inganni: una partita per la vita. Giocata con una sensibilità musicale matura.
Se vogliamo capire, senza idealismi, in modo nudo e crudo, cos’è il mondo che ci circonda e ci stritola; se vogliamo prendere coscienza delle durezze e dolcezze, dei rifiuti e degli abbracci, nulla di meglio che immergersi in questo ferreo lavoro di Cimino, amaro e grintoso, ma anche indulgente e comprensivo, con un’umanità conquistata, con fatica, ma raggiunta con passione.
COMMENTI