This record was born from a possession. The spirits of southern music, who transported me to a dimension beyond time and space. I incarnated in other lives, in presences of the past and the future, in the suburbs of the big cities of South America, breathing the life of the alleys of Santiago, Lima, Caracas, Bogotà, San Juan, on the streets of Mexico City, the day of the dead, Immersed in the Rio de Janeiro carnival or running along the Caribbean beaches late at night or alone, walking like a lonely rider on horseback, in the desert of Chihuahua.
This lucid journey, through the suggestions of South American rhythms and music, has therefore conditioned a whole research characterized by the use of classical instruments with warm sounds and colors (sax, winds in general, classical guitar, guitar , piano forte) and dynamic sounds born from the elaboration of the sinth and samplers. Maximum emphasis was given to the emotional and evocative impact in the harmonic and melodic construction, with particular attention to the melodies and harmonies typical of the genres of the black American and South American culture.
BACANADERA
D.In.Ge.Cc.O
Descrizione
Credits
Non credo di esagerare nell’affermare che è stata una sorta di possessione "sciamanica" ad ispirare la genesi e la realizzazione di “Bacanadera”. Da qualche tempo a questa parte è maturata, sempre più, in me, la convinzione, di prestare maggiore attenzione alla conoscenza del mio mondo interiore, nel tentativo di riuscire ad ascoltare e conoscere di più, il mio inconscio.
Durante le mie discese e risalite nella perlustrazione dell’io, (sempre più approfondite e complesse, soprattutto in questi ultimi mesi, caratterizzati da ataviche paure, emerse con la comparsa della pandemia e dalle limitazioni della socialità che ne sono scaturite), è maturata in me la conferma di una cosa di cui sono convinto da tempo, e cioè la consapevolezza che stiamo vivendo in un era di mezzo. Assuefatti dall’idea che la vita che conduciamo sia l’unica possibile, nella convinzione che siamo ciò che consumiamo, lasciamo scorrere i minuti, le ore ed i giorni della nostra esistenza all’interno di un perimetro già scritto da qualcun altro. Abbiamo perso il contatto con la parte spirituale della nostra identità, del nostro essere e, come per reazione, il nostro subconscio va cercando una via d’uscita. Ci manca il contatto con gli archetipi di Junghiana memoria, con la storia della coscienza collettiva. La distanza tra noi e la nostra storia, come esseri umani sembra, ormai, così grande che a stento ne percepiamo il richiamo.
Per quanto mi riguarda, la via per ritrovare il contatto con questi archetipi, e attraverso di essi, con la mia vera essenza, è rappresentata dalla musica. Per vocazione personale ho sempre considerato la musica il linguaggio più efficace per poter prendere coscienza dell’esistenza di qualcosa che va al di là della nostra percezione sensoriale e che rappresenta il contatto più diretto con quella che possiamo chiamare la nostra anima.
Per dirla con James Hillman, si è fatta sempre più potente l’esigenza di prestare attenzione e dare ascolto al mio “daimon”, nella convinzione di averlo trovato nella musica, nella ricerca dei suoni e nelle misteriose forme nelle quali può realizzarsi, per descrivere le sensazioni dell’esistenza, della mia percezione del mondo e del mio tempo.
In questa mia discesa nell’esplorazione dell’inconscio, sono riuscito a catturare una visione, una figura, uno stato di sensazioni, che sentivo di dover, assolutamente, rappresentare in musica.
E’ quindi nel sogno, nello strato più puro dell’inconscio, che la visione archetipica che costituisce l’ossatura ispiratrice di “Bacanadera”, ha preso forma. E sicuramente la mia “memoria musicale”, ci ha messo del suo. Nei primi anni 70 si poteva spesso ascoltare, trasmessa dalle radio, la musica sudamericana, quella di jilberto Jill, Chico Barque e altri. Ci fu un’ondata di saudade che investiva l’Italia della musica. Ennio Morricone, insieme a Chico Barque con la sua splendida Rotativa, aveva pubblicato il rivoluzionario “Per un pugno di Samba”. Qualche anno più tardi Ornella Vanoni con Toquino pubblicava “la Voglia e la pazzia”. E sebbene in quegli anni fossi ancora in culla, quelle atmosfere, quelle armonie, le ho metabolizzate nell’inconscio, riscoprendole anni più tardi.
Ma come ogni messaggio che arriva dal subconscio presentandosi in una dimensione atemporale, si è contaminato, col tempo, di tutte le suggestioni musicali attraversate negli anni successi alla mia infanzia. “Bocanadera” ha così preso forma, caricandosi di scenari e suggestioni del presente, del passato e del futuro, legato a quella tradizione, alla musicalità della cultura sud americana, al suo spirito gioioso e al tempo stesso malinconico, disperato ma pieno di vita.
E così, come rapito da uno stato di ipnosi, sono andato a cercare di costruire, mattone per mattone, l’ossatura e la carne di questo disco, dando un corpo e un volto alla sua anima. Con ossessione benefica sono quindi andato alla ricerca di quelle timbriche e lunghezze, di quei colori e di quegli strumenti che ne dovevano, per forza, costituire la forma. Quanti amici musicisti devo ringraziare, professionisti o semplici amatori, per avermi consentito di poter registrare e utilizzare anche solo un secondo di una loro esibizione, del suono di un loro strumento. Amici che non hanno voluto nemmeno essere citati: “per così poco”, così mi hanno detto tutti, “per la registrazione di un paio di note, di due secondi al massimo che cosa vuoi che sia”. Eppure il corpo e la voce di questo disco è merito anche loro. Così come è merito delle tante voci, suoni e rumori, di atmosfere rapite da registrazioni amatoriali e donate alla rete per l’utilizzo creativo del cosiddetto popolo.
Tutti i pezzi di questi puzzle, raccolti per la realizzazione di questo lavoro, li ho poi distorti, modificati, contaminati affinché potessero coincidere con il dipinto musicale ed emozionale che volevo rappresentare. E tutto questo grazie alla tecnologia che, in quanto figlio del mio tempo, ho sempre accolto ed utilizzato come fosse un dono, un dono dell’epoca nella quale sono nato e vivo, un dono senza il quale non avrei potuto dare forma al mio linguaggio musicale e rappresentare così il mio mondo.
Non a caso, infatti, ho scelto Il nome “Bacanadera” creando un neologismo che nasce come la rappresentazione di una profonda contaminazione. Bacanadera fonde il termine “Batucada” e “Baccanale”. Il primo termine rappresenta il primario stile percussivo e ritmico della musica brasiliana, quello delle origini e che è alla base del Samba, influenzato, ai primordi, dalla cultura africana e dalla voglia di riscatto degli schiavi che non avevano altro modo, per ricordarsi della propria identità e della loro terra, che cantare e suonare, riportando in vita le proprie tradizioni tribali, la propria storia, gli echi della propria terra ormai lontana. Ed è da queste radici che nasce tutta la musica “black” degli ultimi 100 anni.
Il termine “Baccanale”, invece, fa riferimento alla festa propiziatoria degli antichi romani, dedicata al Dio Bacco, una festa orgiastica caratterizzata da eccessi di ogni tipo, ma con una grande valenza misterica e iniziatica.
“Bacanadera” non può che essere, quindi, un disco fatto di ritmo e musicalità, di eccessi (anche sonori) ma anche di spiritualità e suggestioni mistiche, in cui l’elettronica fa da collante ad un immaginario musicale multietnico, caratterizzato da sonorità molto calde. L’utilizzo di strumenti tradizionali, come il flauto peruviano o il Guitarron messicano e la quica brasiliana, si amalgama con i riff rarefatti di campionamenti e registrazioni d’ambiente. Suggestioni in cui la musica tradizionale latino americana e sud americana, si scontra e si fonde con l’altra musica black, ovvero il Jazz, il Funky, il Soul, la disco music.
Con tutto il loro bagaglio di storia, il dialogo tra tutti questi generi e stili diversi, questo lavoro ha, fondamentalmente, la pretesa di riuscire a toccare l’anima e magari anche di curarla, con una moderna, futuribile, allegra, malinconica e dinamica suggestione musicale.
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