Esce il 31 maggio per Rivamare Record, Moon Kin, l’ultimo album di Emanuele Triglia; e arriva dopo la sua vittoria all’ultimo David di Donatello per la Miglior Canzone originale insieme ad Elodie e Joan Thiele.
Moon Kin è un viaggio accattivante in cui jazz contemporaneo, hip hop e world music convergono in un arazzo sonoro che a tratti ricorda il flusso liquido delle maree, in altri il moto lento ma violento del magma.
Nell’album sono forti le reference di Karriem Riggins, Herbie Hancock e J Dilla.
Moon Kin altro non è che la celebrazione della sincronicitá tra musicisti e ascoltatori, dove ogni nota, battito e ritmo sembra un’esperienza condivisa dove ognuno ispira ed influenza l’altro senza una voltá precisa . Ogni traccia funge da testimonianza dell’interconnessione dell’espressione musicale, intrecciando melodie intricate e groove contagiosi che risuonano con l’anima. Dai ritmi ipnotici della batteria alle melodie sensuali della tromba, l’album è una testimonianza della potenza della strumentazione organica. Strati di improvvisazione dal vivo creano un ricco panorama sonoro, dove ogni strumento ha la sua voce e contribuisce alla narrazione complessiva della musica. Moon kin è piú di una semplice esperienza musicale: è piuttosto la testimonianza che il linguaggio musicale ha una funzione che supera quella di semplice produzione e ascolto, ma arriva ad essere un vero e proprio linguaggio a tratti sinestetico, che unisce le persone e genera momenti che superano la comunicazione verbale, trascinando chi ne è protagonista in una dimensione completamente diversa.
La produzione dei brani, ma molto piú profondamente la relazione artistica e umana che tiene insieme i vari musicisti che hanno preso parte all’album, ha a che fare con il concetto di “sincronicitá” di Carl Jung: è un fenomeno che osserva come fatti ed eventi apparentemente casuali che si verificano contemporaneamente siano invece determinati da una connessione significativa a sua volta resa possibile da una condivisione simbolica, spirituale o anche umana. Un’interconnessione tra il mondo interiore dell’individuo e il mondo esterno degli eventi materiale: come una sorta di inconscio collettivo o di chiaroveggenza interiore.
Per questo motivo la scelta del titolo, nonostante sia estremamente simbolica e metaforica, appare estremamente didascalica. Dall’idea di sincronicità e dal concetto che siamo tutti parte di una connessioni più ampia, intangibile ma percettibile, si é arrivati a Moon Kin, che suggerisce un legame consanguineo con la luna stessa, il cui potere di influenza sul mondo, sugli elementi naturali ma anche sugli esseri umani è talmente forte da essere determinante in modo pratico.
Moon Kin è un'opera nata spontaneamente, una libera esplorazione sperimentale, a tratti tribale, che riflette il costante mutamento del progetto e la sua evoluzione condivisa.
Con la sua miscela innovativa di influenze jazz, hip hop, e world music, questo album ha tutti gli elementi per lasciare una traccia del suo passaggio, al di là dei confini italiani.
La formazione si è ampliata, con Emanuele Triglia al basso e al flauto di bamboo, Davide Savarese alla batteria, Pasquale Strizzi alle tastiere e agli effetti, Vincenzo Lato alle percussioni e Francesco Fratini alla tromba; si aggiungono Federico Romeo alla batteria, Giulia Gentile ai violini, Simone Alessandrini al sax e al flauto, Alessandro Rebesani (RBSN) alla chitarra e alle voci, e il cantautore calabrese Davide Ambrogio.
TRACKLIST
SIAMO é la traccia di apertura dell’album e anche il suo epicentro. Il pezzo sintetizza in modo perfetto l’evoluzione del progetto in questi anni, non solo a livello individuale, ma anche di rapporto con i musicisti che ci collaborano in modo continuativo e che sono sempre piú determinati sia nella produzione che nell’ispirazione. Attraverso questo brano si celebra la libertà e l’importanza della sperimentazione condivisa. Samo prende il nome dallo pseudonimo di Jean-Michel Basquiat: SAMO, acronimo di Same Old Shit. Basquiat è una continua fonte di ispirazione per il progetto, specialmente per un brano dallo spirito "Jazz-punk" come questo.
Credits: Emanuele Triglia (Bass), Davide Savarese (Drums), Vincenzo Lato (Percussions)
Francesco Fratini (Trumpet), Pasquale Strizzi (Keys/FX).
STRANGE TIMES, nasce durante una jam in studio con Federico romeo (batteria) e Pasquale Strizzi (moog); è totalmente frutto di un’improvvisazione e per questo motivo è stato tra i primi pezzi selezionati per l’album: in quanto rispecchia a pieno l’anima del progetto e il modo in cui le cose prendono forma (ritornando quindi al concetto di sincronicità alla base di ogni produzione).
Rbsn ha poi registrato uno speech (prendendo ispirazione da un disco di Gil Scott-Heron e Makaya McCraven), dove il protagonista è la società, personificata come una forza cattiva e prepotente.
Credits: Emanuele Triglia (Bass), Federico Romeo (Drums), Pasquale Strizzi (Moog
Voyager/FX), Rbsn (Vocals).
Why do we leave?, é il primo singolo pre album e rappresenta una fusione perfetta tra jazz e hip-hop; è un brano intimo, ma anche molto deciso ed è un perfetto anello di congiunzione tra il passato e la sua attuale evoluzione artistica.
La produzione nasce durante un fine estate in Calabria, cattura e racconta perfettamente quella sensazione malinconica di fine delle cose, tipica di quando la bella stagione volge al termine. Una malinconia non per forza triste, che ha dentro di sé anche l'eccitazione per l’inizio di qualcosa di nuovo. La ripetizione delle melodie riprende il concetto di MANTRA, centrale nel suo ultimo ep, avvolgendo l’ascoltatore e offrendogli una sorta di guarigione.
Nel titolo c'è invece una fortissima malinconia determinata dal distacco e dalla lontananza con la propria terra. La domanda nasce da un momento di riflessione sul perché, ancora oggi, si è costretti a lasciare i posti da cui veniamo nonostante siano quelli che ispirano maggiormente, soprattutto nell’arte, che anche nella distanza fanno da motore alle scelte e alle azioni.
Il titolo piú che una domanda è una vera e propria riflessione fatta a voce alta, diretta a Scilla. Ed é anche la consapevolezza e l’accettazione che più le stagioni passano, più il distacco è difficile.
THERAPY (INTERLUDE) è un brano interamente registrato utilizzando un flauto di bambù costruito da Emanuele Triglia. Da alcuni anni l’artista si dedica all’esplorazione ma anche alla costruzione di questi nuovi strumenti, segno della sua continua ricerca di stimoli artistici differenti; quello di Emanuele è anche una vera e proprio asigenza di entrare in contatto con qualcosa di primitivo, ancestrale: il flauto di bambú é uno dei primi strumenti utilizzati per la comunicazione paraverbale. Suonarlo è un'esperienza che coinvolge costantemente il respiro tra inspirazione ed espirazione, quasi come una sessione di yoga, ed è quindi anche un mezzo meditativo e terapeutico (da qui il titolo del brano). La ricerca del materiale e la costruzione stessa del flauto richiedono una calma ed una concentrazione che fa diventare anche la fase manuale parte dell’esperienza.
Credits: Emanuele Triglia (Bamboo Flute, Bass, Perc, Fx)
PACÍ è il brano piú significativo dell’album sia a livello simbolico che di rappresentazione del progetto stesso; è totalmente ispirato ad un evento apparentemente casuale che ne ha determinato poi la scrittura e l’evoluzione. A settembre dello scorso anno Emanuele Triglia é a Scilla, ospite di Federico Romeo nella sua casa sulla scogliera nota come Pací. Durante una passeggiata tra gli scogli ritrova un pezzo di bamboo essiccato e restituito dal mare e dal sole. Pensando che potesse essere adatto per la lavorazione di un flauto Emanuele ha iniziato a praticare dei fori in modo peró completamente casuale, senza alcuna pianificazione precisa, quasi come un’esplorazione.
“Nel momento in cui ho iniziato a soffiarci dentro, mi sono reso conto che quello che ne
veniva fuori era una scala musicale molto particolare, influenzata da sonorità fortemente mediterranee. L'introduzione del brano è stata creata proprio da quella casualità, senza alcuna modifica seguente. È una storia incredibile, che sembra quasi suggerire che qualcosa di più grande
abbia guidato il nostro incontro con quel pezzo di bambù tra gli scogli. Forse quello che stavo cercando era un ritorno alle radici, alla tradizione, ma contaminato e arricchito dall'evoluzione e dalla complessità della nostra identità attuale. Proprio per questo motivo, ho pensato subito di chiamare in studio Davide Ambrogio, cantautore e polistrumentista calabrese”
Cu l’a salvari l’alma mia
Cca du mari fu apputtata
unni mi vogghiu marinà
mi lassa sulu e mi nni vo
Chi deve salvare l’anima mia che dal mare è stata portata (via)?
Dove mi voglio fare marinaio, mi lascia solo ed io ci vado.
Le poche battute del testo fanno intravedere il fortissimo legame con il mare ma anche dal paesaggio con cui Emanuele é cresciuto in perenne contatto: così l’acqua, le barche, le reti, le persone, il rais, le leggende, le urla, la lingua ed il canto sembrano far parte della stessa unica entità e sembra quasi inutile cercare di coglierne il senso e la bellezza senza affacciarsi ai vari tasselli che compongono questo grande mosaico: come una celebrazione di un suono che i pescatori hanno sempre usato sia per comunicare ma anche per entrare in una connessione simbolica con il mare, da sempre amato ma anche temuto e rispettato.
Credits: Emanuele Triglia (Basso, Bamboo Flute), Davide Savarese (Drums), Vincenzo Lato (Percussions), Pasquale Strizzi (Guitar Samples), Francesco Fratini (Trumpet), Simone Alessandrini (Saxophone, Flute), Davide Ambrogio (Vox).
LA PANTERA è un vero e proprio sfogo. Nasce dall’ennesima improvvisazione in studio con Francesco Fratini, Federico Romeo e Pasquale Strizzi. Tutto parte da un beat drum & bass di Federico Romeo che ha dato poi il via a tutto il resto. In modo sincronico tutti hanno iniziato a suonare mossi come da uno sfogo, in un turbinio di libertà e rabbia.
Credits: Emanuele Triglia (Bass), Federico Romeo (Drums), Pasquale Strizzi (Clavinet/Fx), Francesco Fratini (Trumpet).
CABEZA LOCA è apparentemente molto complessa a livello ritmico, ma nel momento in cui attraversa l'ascoltatore, si trasforma in qualcosa di molto fluido e appartenente ad un’energia comune. Ritorna il concetto di mantra, il suo potere centrale sia nella musica che come strumento meditativo.
Credits: Emanuele Triglia (Bass), Davide Savarese (Drums), Vincenzo Lato (Percussions)
Francesco Fratini (Trumpet), Pasquale Strizzi (Keys/FX).
ELORO prende il nome dal posto in cui é nata l’idea del pezzo, durante un’estate in Sicilia. Eloro è uno di quei brani che ha preso forma in modo del tutto naturale, spontanea, quasi in forma prescindibile dalla band e dagli strumenti e in questo flusso spontaneo il sound ha virato verso la psichedelia anni ‘70, che ha reso poi indispensabile il contributo di RSBN alla chitarra, aprendo ulteriormente il cerchio della band.
Credits: Emanuele Triglia (Bass), Davide Savarese (Drums), Vincenzo Lato (Percussions)
Francesco Fratini (Trumpet), Pasquale Strizzi (Keys), Rbsn (Guitars).
“AUNDI(Outro)” chiude l’album. Registrata in casa di Emanuele a roma, utilizzando un pianoforte a muro nel salone, con le finestre spalancate e il telefono in modalitá rec. Nasce da un momento di riflessione introspettiva, non c’era alcuna velleità di volerla far diventare altro. Per molto tempo é rimasta infatti tra le note del telefono, solo dopo, e quasi per gioco, Emanuele ha deciso di passarla all’interno di un Echo e di giocare con i nastri per sperimentare un po’. Ne è venuto fuori qualcosa di perfetto per chiudere il cerchio, un sound che riporta l’ascoltatore in una dimensione quasi eterea.
Credits: Emanuele Triglia (Ac. Piano, Bass, Fx)
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