è un disco live, in netta contrapposizione con le tendenze patinate e di post-produzione della musica attuale, è stato registrato interamente dal vivo dalla crew di FIRE e dubbato direttamente sul palco dal grande maestro del suono inglese Adrian Sherwood davanti al pubblico.
FIRE è un clash di musica elettronica, dub, jazz, global beats, field recordings e visual art, è un condensato di linguaggi musicali e visivi che nasce in un setup tecnico A/V immersivo sia per gli artisti sia per il pubblico. Cinque musicisti, la leggenda del Dub inglese e un video artista hanno fatto collidere le tecniche del jazz elettronico contemporaneo con il live dubbing e la creazione in tempo reale di un “film” editato e proiettato su un layer di tessuto tra il pubblico e i musicisti sul palco.
Il cuore della FIRE Crew riunisce in un unico oggetto live il trombettista e ideatore del progetto Ivan Bert (Dark Magus Orchestra, Emma for Peace, Jazz TO Nepal), il sassofonista Gianni Denitto (Zion Train, T.U.N., Kora Beat), il polistrumentista e produttore Marco “Benz” Gentile (Africa Unite, Meg, Architorti) ed il genovese dj/producer FiloQ (Istituto Italiano di Cumbia, Uhuru Republic, Vinicio Capossela); con loro sul palco per queste performance uno dei nomi più internazionale del jazz italiano attuale, il vibrafonista e percussionista Pasquale Mirra (Mop Mop, C-mon Tigre) e al mixer la leggenda del dub Adrian Sherwood.
FIRE feat. Adrian Sherwood oltre ad essere una live recording session é anche un’opera A/V realizzata dal vivo utilizzando il software Resolume con la tecnica del Live Cinema dall’artista visivo Aksha Riccardo Franco-Loiri.
L’album FIRE feat. Adrian Sherwood è la restituzione di una notte di musica live senza Overdub, con le sue sporcizie e le sue imprecisioni, con tanta anima, è la colonna sonora di un’opera A/V che precipita in 7 atti le domande cruciali su come ci sia “scappato di mano” il fuoco trasformandoci da cacciatori raccoglitori in “Titani scatenati”.
La composizione dei brani trova la sua forma finale immortalata nell'album grazie a un rimescolamento totale degli elementi musicali - composti in parte prima della performance attraverso un radicale utilizzo dell'improvvisazione e dell'interplay, elementi fondanti sia del jazz sia della musica afro e di quella giamaicana. Sherwood, che mixa e dubba dal vivo i musicisti, manipola il suono nel momento stesso in cui prende forma, invertendo le consuete prassi di lavoro in studio di registrazione.
FIRE utilizza materiali audio-video documentali, field recordings, dati scientifici, concetti antropologici, biologici e frammenti di cronaca per descrivere quello che è il nostro peso sul pianeta e la condizione attuale del panorama ambientale riconducibile alle attività antropiche.
LP Credits
Produced by Ivan Bert, Marco Benz Gentile, Gianni Denitto, FiloQ
Additional production by Marco Benz Gentile, Ivan Bert at La Curt Studio
Mixed by Simone Squillario, Marco Benz Gentile, Ivan Bert
Mastered by Simone Squillario at Hybrid Studio
Live dubbing and live mixing by Adrian Sherwood
IVAN BERT concept, trumpet, brazilian nose whistle, ukrainian flute, direction
MARCO BENZ GENTILE guitars, Moog, melodica
GIANNI DENITTO alto sax, live electronics
FILOQ beats, synthesizers, live electronics
PASQUALE MIRRA midi marimba, live electronics
RICCARDO FRANCO LOIRI live cinema, visuals
ADRIAN SHERWOOD live dubbing, live mixing
All tracks written by FIRE
Cover photo by Antoine Le Grand
Band Photos di Marzia Benigna @marziabenigna_ph
in collaboration with
Salgari Records, High Grade Entertainment, Cubo Teatro, Stellare
Label: Salgari Record - Stellare Publishing: Stellare - Oyez!
Registrato dal vivo il 02 Ottobre 2020 da Simone Squillario nel CUBO Teatro di OffTopic a
Torino, ITALY
Track by track LP
A queda do cèu
Ispirato dalle parole dello sciamano Yanomami brasiliano Davi Kopenawa e dal suo libro scritto con l’antropologo Bruce Albert, il primo brano del disco live è un inno corale avvolto dai suoni del popolo Yanomami nella loro foresta.
Dedicato alla cosmogonia nativa americana dell’Amazzonia brasiliana e alla “caduta del cielo” riflette su come la nostra incursione predatrice ed estrattiva stia disintegrando irreversibilmente non solo le comunità dei popoli nativi ma anche le fondamenta del loro atavico rapporto con l’ambiente forse più importante del Mondo.
Skankification
La religione è ossessione, ripetizione, mantra, distinzione. La seconda traccia del live è una provocazione, un cortocircuito tra la solennità e la paranoia dei riti religiosi basati sul fuoco. I religiosi di tutte le culture del mondo appaiono come in un rave a cavallo tra le spirali danzanti attorno alla Kaaba della Mecca e le allucinazioni New Age del Burning Man nel deserto del Nevada.
Tra fiati epici in stile Abyssinians e la cassa dritta il fuoco distrugge e rigenera i frames video delle ossessioni di “purezza” che pensavamo di aver relegato alla memoria del secolo scorso.
Sinnervisions
La terza traccia del live è un film nel film. Un “canto delle sirene” che le città di tutto il mondo emanano come una promessa che non manterranno mai.
L’estetica della città sfavillante illuminata 24/24 da milioni di pixel led è la facciata di una trappola bulimica che attira tutti a sé come le falene sui fari di un’auto elettrica in corsa senza una meta. I palazzi di vetro e metallo nascondono tutto il resto, invisibile e indicibile, nessuno escluso, tutti esclusi.
Le città immaginate suonano tutte uguali, ti vendono un po’ la NY di Miles Davis, un po’ la Tokyo di Ryūichi Sakamoto, un po’ la Beijing di oggi, ma appena dietro le colonne del centro c’è una distesa di periferie, una distesa di vite incastrate nell’urbanistica senza visione.
Janjaweed comes at Sunset
Questo è un gioco di parole che fa apparire romantica la silhouette di un miliziano a cavallo nella luce rossa del tramonto africano.
Ma la parola Janjaweed arriva da un viaggio del 2003 in Chad al confine con il Darfour quando i “demoni a cavallo” spingevano milioni gli sfollati oltre il confine sudanese nelle aride terre del Sahel per quello che non ci sembrava ancora l’inizio della “guerra per la terra e per le risorse” che oggi spinge le grandi migrazioni interne al continente africano e “out of Africa”.
Strategy of Tension
Questo è il frame di una transizione, in tutti i sensi. Nel disco e’ stato inserito l’estratto di un momento del live di impro jazz, noise, rock mescolata alle reali registrazioni dei telegiornali americani durante le rivolte e la violenta repressione dei militari e della polizia in USA dopo l’uccisione di G. Floyd nel Maggio 2020. Una strategia che noi in Italia abbiamo conosciuto molto bene durante gli “anni di piombo” e con i terribili attentati degli anni ‘90 del secolo scorso, talmente bene da risentirne l’odore oggi.
Nel caos di suoni e di grida emergono due “solisti”, i timpani sinfonici e un flauto di legno fatto a mano comprato la notte di Natale nel 2018 da uno studente ucraino come in una visione premonitoria di questi déjà vu e dell’accelerazione della Storia.
Proton Swap
Un titolo ambiguo e duplice che allude agli scambi dei trader di criptovalute e alle reazioni termonucleari.
La forma è quella di un pezzo techno con la cassa dritta in 4/4 tutto dedicato ad un lungo assolo di chitarra skank ma la voce narrante che scorre è quella di un fisico tedesco che nel secondo dopoguerra ha riflettuto in modo molto profondo e critico sulle conseguenza di aver trasformato l’uomo in un semidio appeso tra la paura e l’hybris.
Come disse J.R. Oppenheimer dopo aver visto l’esplosione atomica nel Trinity Test citando le parole di Bhagavagītā induista “Sono diventato Morte, il distruttore di Mondi”
Masaai Smiles
La settima traccia del live è il punto nel quale la vita riparte come un’esplosione di corpi, mandrie sterminate, stormi immensi e coloratissimi dopo che la furia dell’energia nucleare Finale ha appena “cauterizzato” il mondo.
La natura riparte immediatamente e più rigogliosa di prima come abbiamo potuto vedere quando ci siamo fermati per qualche mese per il lockdown pandemico. È un party liberatorio nel quale il sound dei fiati e della marimba si fanno fanfara e balafon in una parata afro- sincretica e le allusioni alla musica degli anni ‘60/’70 rivelano qualcosa del titolo per i cultori del jazz di Miles Davis.
Next come from Waves
Tutto viene dal Mare e tutto tornerà al Mare. Un’inaspettata composizione estemporanea corale fondata su un giro armonico di chitarra acustica che richiama una Sea Shanty dei marinai inglesi iper rallentata. Un brusco freno a mano che accompagna la fine del live e la caduta del tulle per le proiezioni che fino agli ultimi istanti ha nascosto i musicisti, il crollo della quarta parete svela al pubblico tutto il palco e lo studio di registrazione, riunisce le speranza collettive, i desideri di salvezza e le paure che da sempre viaggiano sulle onde.
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L'articolo Biografia FIRE di FIRE è apparso su Rockit.it il 2023-02-27 02:30:17