Il rito della città, album d’esordio di Francesco Pelosi in uscita il 6 ottobre 2017 e anticipato dal singolo O Morte, ha come protagonista la città, luogo di partenza di un’indagine sentimentale e sonora che, più che suggerita, gli è stata costretta per diritto di nascita. Leonard Cohen cantava di non avere scelta, poiché nato con una “golden voice”. Più o meno allo stesso modo, nascere in una città di provincia, stretto fra due fabbriche e inondato di mitologie a basso prezzo (ma costosissime per l’anima), dall’osteria alla resistenza e dal cattolicesimo al mercato globale, non lascia scampo. Bisogna darsi da fare per raccogliere ciò che di vero esiste ancora in quel piccolo mondo nuovo che ci ha accolti. Si scopre così, non senza amarezza o rassegnazione, che esistono spiriti affini, che alcune mitologie sono ancora vive e concrete e che il viaggio, per quanto difficoltoso a arduo, esiste, si manifesta.
Il rito che ne consegue e che abbiamo imparato ad ammansire per non esserne divorati completamente è allora la porta spalancata del passato che ci permette di appoggiarci e dare il colpo di reni verso l’avanti. Il bancone di un bar. Il letto di un amante. Il legno di una chitarra.
Alcuni santi* guidano l’impresa, pochi amici si fermano ancora a cantare tutta la notte, molti critici avversano. L’entropia sembra governare. Ma un fiore sboccia ancora tra le labbra e custodito fra un seno e un palmo irradia il mondo di vita. In alto i calici allora (e un goccio a terra per i defunti), il rito della città non è soltanto distruzione servile e malinconico annegamento. È un gesto antico che comprende i nostri giorni, ci guarda nelle viscere e quieto come un orso soffia il suo respiro sui cuori. Di questo si è cercato di cantare.
Suggestioni e mitologie. Carne e magia. Materia e Immaginazione.
Canzoni fatte di maglia sdrucita e pasta per le mani. Ricordi, dissolvenze, spietate constatazioni e amore irriducibile. Chi metterà un piede nel cerchio della danza non potrà non partecipare al rito. Costa ben poco: un ascolto dedicato e senza indulgenze, un tempo lento, una coperta, un fuoco, un bicchiere di vino e qualcuno con cui condividerlo.
Il rito della città
Francesco Pelosi
Descrizione
Credits
con: Francesco Pelosi, voce e chitarra acustica Rocco Marchi, chitarra elettrica, pianoforte, pianet, synth, basso, glockenspiel, cembalo Rocco Rosignoli, chitarra classica e acustica (2, 3, 10), violino (6), harmonium, cori (4) Salvatore Iaia, violoncello e cori (4) Luigi Martinelli, voce (9), violino (6, 8, 9, 10) e cori (1, 2, 9, 10) Nicolas Furlan, voce (9), chitarra acustica (9) e cori (1, 2, 9, 10) e Davide Giromini, fisarmonica e diamonica
Testi e musiche di Francesco Pelosi tranne Sonno (testo ispirato ad un antico canto greco, già interpretato dagli Area in Gerontocrazia, musica di Francesco Pelosi e Andrea Peracchi) e The auld triangle (Brendan e Dominic Behan, Richard Patrick Shannon). La traduzione in goriziano di Nordest è di Michel Torrisi e Francesco Pelosi. Arrangiamenti e produzione artistica di Rocco Marchi, tranne Nordest (arrangiamento di Davide Giromini). Registrato, mixato e masterizzato da Roberto Passuti presso lo Spectrum Studio di Bologna tra Febbraio e Giugno 2017.Produzione esecutiva di Michela Arlotta, Antony Hogan e Francesco Pelosi.
Foto di Lelanonstudio (lelanonstudio@gmail.com) presso L’Enoteca dal Lino (ex- Pina) in Borgo Onorato 12, Parma. L’assenzio sul muro è ad opera di Miki e Fra’. Grafica di Tania Comelli (comelli.tania@gmail.com). Social media e web manager: Eleonora Montesanti (eleonora.montesanti@gmail.com).
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