Festa del Ringraziamento 2015
Nel 2012 la bassa emiliana è agitata da varie scosse di terremoto e due di queste hanno come epicentro un piccolo paese nella campagna modenese, Finale Emilia. Tra i molti edifici danneggiati anche il Circolo Musicale LatoB, riferimento importantissimo per le band della zona: subisce danni tali da renderlo inagibile e un gruppo di amici organizza un festival ("Abbassa" a Bosco Albergati) per raccogliere i fondi necessari alla sua riparazione. La cifra raccolta non solo copre ma addirittura supera quella necessaria, e quando ti succede qualcosa di bello viene tanta voglia di dire grazie. Se lo fai, spesso inneschi dei circoli virtuosi molto belli. Così la Festa del Ringraziamento, che da tre anni a questa parte ricorda a tutti i suoi partecipanti il valore che può avere la musica “oltre al fatto di essere musica” attraverso un evento gratuito nel cortile del LatoB, il cui ricavato è devoluto a iniziative a sostegno della musica e dell’educazione musicale.
Un festival in due giorni, tre palchi, tanti gruppi. Giulia Callino era lì e ci racconta com'è stata la Festa.
Aprono i colorati We Sound Shit, che sembrano incedere su una serenità vagamente sixties per un breve set dal sapore onirico.
Seguono i cosentini La Fine, una pallina da flipper impazzita che rimbalza tra punk rock e post-hardcore stendendo una cupa vernice nera nella sua rapidissima traiettoria.
La carica si mantiene molto alta anche con il quartetto trentino Hallelujah!, un pieno di urla e synth liquidi tra punk e noise.
Meno chiari i riferimenti degli Elephants Above Crocodiles, giovanissima formazione di Finale che propone un repertorio di animo emo-core mescolato a due belle chitarre che non rinunciano a improvvisi assalti punk.
Primo tra i cantautori che si esibiranno in questi giorni è il one man band vicentino Phill Reynolds. La sua chitarra dipinge le strade assolate di Finale, il suo canto rauco dà l’avvio al nostro viaggio, parte una mietitrebbia nel campo appena vicino e sembra tutto una coccola folk.
La calma non poteva durare troppo a lungo ed ecco sul palco gli emiliani Dirty Sanchez. Tu chiamalo se vuoi rapcore, tu chiamalo se vuoi crossover, il punto è che ciò che ne esce restituisce una potente compattezza e un’arrabbiatissima lucidità nei confronti delle più diverse tematiche sociali.
Nel suono dei trevigiani Lucertulas è percepibile una certa maturità, riflesso di un percorso più che decennale che li ha portati ad arrivare a un noise molto compatto. Resta difficile non immaginarsi le loro prove come sedute ancora più ipnotiche e disturbanti, decisamente sconsigliate ai deboli di cuore.
Dagger Moth si rivela un’interessante scoperta. La chitarrista propone un set breve ma ben costruito, che restituisce in stratificazioni composte con maestria un serio lavoro di ricerca sullo strumento e sulla sua effettistica.
È silenzioso Egle Sommacal, delicato e inquieto. Nella sua acustica un senso di solitudine fragile, di accettata deriva–la stessa di un relitto in mezzo ai flutti, la stessa da cui si augura di ritrovarsi prima o poi.
Probabile che i Brothers in Law avrebbero potuto costituire un respiro trasognato, ma la catastrofica tempesta che si scatena sul LatoB ferma l’intera serata, in un fuggi fuggi generale mentre cadono raffiche di grandine e crollano grossi rami.
Come rendere giustizia alla Banda Rulli Frulli? A dare valore a questo progetto basterebbe il fatto che si tratti di un’iniziativa sperimentale di integrazione musica e riutilizzo di materiali di scarto. Il punto è che sono anche bravi ed estremamente coinvolgenti, strumenti e età si mescolano e quello che ne è esce è una ritmica potentissima.
Sotto due affascinanti maschere di cartone appaiono ora i I DINOSAURI, duo garage/noise chitarra-batteria di notevole potenza.
Non è possibile non soffermarsi almeno un attimo sulla reazione di pubblico durante il live dei Riviera: decisamente molto gradito, il compatto quintetto suscita i più grossi sorrisi che avrò occasione di vedere in questi due giorni, mentre crea un potente muro sonoro impreziosito dalla tromba di Piccinini.
Hanno appena concluso e partono i Three In One Gentleman Suit (diventati cinque per l’occasione) per un set controllato, con una certa attenzione vocale e una ritmica quasi tribale che cede il passo a improvvisi sfoghi post punk.
Non c’è voce per gli emiliani Ornaments, a cui una densissima massa strumentale è però sufficiente per comunicare un certo senso di inesorabilità. Sciolti dentro riverberi post-rock, ma compatti a sufficienza per mescolarli in modo non scontato alle tinte plumbee del drone metal.
La seconda giornata inizia con Johnny Mox e Duit. È poi il turno degli emiliani Red Line Season, certamente molto hardcore nell’isterico accanimento contro piatti che vengono percossi e scaraventati in aria ma che in realtà gestiscono bene anche inserimenti musicali di più liquido respiro.
Seguono i Cabrera. Da dove sono loro “si sente tutto”, da dove sono loro “si vede tutto”, in una buona ricerca tra riferimenti emo e post rock. Sezioni strumentali ampie per cuori sinceri.
I prossimi sono i Clever Square, formazione ravennate più legata alle sonorità del rock statunitense anni ’90. Li seguono gli sconcertanti Mood. Sono in due, sembrano mille. Carichissimi, si esibiscono ai piedi del palco circondati da una folla che abbattono con una parete di suono impressionante. Si sente un moog e non c’è nessun moog, solo una chitarra collegata a svariati pedali sostenuta da una batteria poderosissima. La potenza è tale che anche piccole sbavature vengono perdonate.
E di nuovo un respiro delicato, un’acustica e una fisarmonica, il racconto di una paura. Di quando impari che l’unico modo per allontanare le tue paure è amarle immensamente al punto che loro stesse ti lasciano perché non ti amano abbastanza. Così Threelakes.
Cosa dire dei Cronauta? Costruzioni stranianti, un basso che si muove in linee seducenti distrutte da improvvise urlate screamo e da esplosioni noise, un cantante folle che si diverte parecchio a trascinare in giro panche e transenne e a gettare acqua sugli astanti. In tutti i sensi paurosi.
Meno male che segue il dj-set un po’ marino di J Paguro, la quiete dopo la tempesta.
Dopo il metal insistente dei LAB 69 sale sul palco Capra che presenta alcuni brani del suo “Sopra la panca” visibilmente emozionato (e alla fine anche commosso) dalla grande partecipazione all’evento e dall’impegno dei volontari per renderlo la cosa bella che stiamo vivendo. Prima di concludere, un momento per ricordare Enrico Fontanelli, a cui viene dedicata “Mio padre faceva il fabbro”.
Stemperiamo l’atmosfera con The Sleeping Tree. È il tramonto e il progetto solista dell’efebico Giulio Frausin ne colora il cielo con tinte delicatissime e molto preziose.
Nessuna visual stasera per i proiettili grindcore di Nicola Manzan e nonostante questo Bologna non è mai stata più Violenta. L’immaginazione si lascia pungolare da campionamenti di voci, telegiornali e violini, poi viene presa a pugni in faccia in un atto performativo che non sembra mai perdere carica.
Si è ormai fatto buio e quella degli His Clancyness sembra un’apparizione piena di riverberi elettronici. Le testine si muovono in echi liquidi, l’atmosfera si fa eterea.
Troppo poca mezz’ora per condensare il lavoro di Notturno Americano senza perderne il filo narrativo, così Emidio Clementi, accompagnato da Corrado Nuccini alla chitarra e da Emanuele Reverberi al violino, legge un suo scritto sulla letteratura, confermando ancora una volta la grande raffinatezza di questo progetto.
Segue il live dei Drink To Me, senza dubbio uno dei più belli dell’intero festival: su un tappeto di percussioni curatissimo e pieno di impulsi elettronici, la band crea una dance trascinante, resa molto bene dal vivo ed estremamente coinvolgente. Ballano tutti, loro che suonano e il pubblico giù.
Superata da un po’ di anni la definizione di “artista da tenere d’occhio” e entrato a buon diritto tra i progetti su cui l’occhio è meglio tenerlo puntato con attenzione, Iosonouncane esordisce con “Tanca”, mescolando poi cantautorato acustico e immissioni elettroniche rimbombanti. Per una buona mezz’ora, il LatoB è chiuso in una ricercata vibrazione.
Tra i gruppi più attesi della serata Lo Stato Sociale, che oltre a divertirsi molto coinvolge con un elettropop decisamente apprezzato un pubblico visibilmente contento di trovarsi qui. Eseguono anche un pezzo improvvisato, sulla cui base viene letto un testo dedicato al sisma scritto nel pomeriggio proprio al LatoB.
A concludere la festa è Paolo Baldini, che con i suoi DubFiles chiude tutti in una bolla di basi e creolo in compagnia di metà Mellow Mood e a cui seguirà il recupero del live di Goodbye Horses, annullato il giorno prima causa pioggia.
In definitiva, la Festa del Ringraziamento è una testimonianza di ciò che può nascere dalla musica e dei frutti importanti che essa può dare nel tempo se trova un contesto in cui crescere ed essere valorizzata. Senza dubbio, quello che è successo qui.
--- La gallery Festa del Ringraziamento 2015 è apparsa su Rockit.it il 2015-07-03 11:53:51