20 album che compiono 20 anni nel 2018
Da Franco Battiato ai Prozac+ , in questa gallery ripercorriamo che anno straordinario sia stato il 1998, tra dischi che sono passati alla storia e storie più nascoste ma non meno valorose.
A cura di Libera Capozucca
Il singolo del disco è il vero tormentone del 1998. Trasmesso ininterrottamente dalle radio e dalle tv musicali, decreta il successo e la popolarità della band su larga scala. Subito l’album che lo contiene vende milioni di copie e lo stile punk-rock dei Prozac+ si fa conoscere. I contenuti parlano di disagio esistenziale, dipendenze, solitudine e la continua tensione di liricità e ruvidezza melodica, fa emergere nel disco le angosce di una generazione. Così il dolore viene smascherato attraverso la leggerezza del pop e il furore del punk, che diventa fenomeno da classifica. A distanza di venti anni dall’onda d’urto di Acidoacida, nel 2018 arriva la ristampa del disco, con la stessa energia di una volta, e la band si è riunita per una data al nostro MI AMI Festival .
Corre l’anno 1998. Il Maestro sperimenta nuovi tipi di sonorità. Il disco viene definito da Repubblica “un esempio di elettronica e di suoni striscianti” tra techno e hard rock intellettuale. Loop, campionamenti, sintetizzatori, rendono l’ascolto dell’album un viaggio psichedelico e futurista. I testi sembrano anticipare l’Apocalisse di fine millennio (“Shock in my town”), parlano di danze africane in stile neoavanguardistico in cui l’elettronica si fonde con l’etnico (“Il ballo del potere”), di introspezioni inquisitorie (“Auto da fé”), di estasi tantrica (“La preda”). Morgan, Madaski, Ginevra di Marco contribuiscono alla sua realizzazione. Sul retro del disco, si legge: “I suoni di Gommalacca sono suoni di superficie, di striscio… solo gli indovini li praticano, solo i fortunati li ascoltano” . Noi lo abbiamo ascoltato tantissimo.
La cantantessa non delude mai. Dopo “Confusa e felice”, arriva il suo terzo album: una galleria di personaggi femminili che raccontano di tradimenti, passioni forti, paura di invecchiare. L’approdo ad un rock più nervoso e dissonante, corrisponde alla disillusione di una giovane donna maggiormente consapevole dei propri sentimenti e desideri. È l’urlo di chi guarda la realtà con disincanto dopo essere stato ferito, pur rintracciando bellezza nelle cose. Forse il disco più cupo della Consoli che, come una sirena, incanta e colpisce.
Dopo aver debuttato come cantante nel 1994 con l’album “Contro un’onda nel mare” e dopo una fortunatissima turnè con Battiato, Max Gazzè si immerge nella produzione di un nuovo disco che esce nel 1998 anticipato da due singoli: “Cara Valentina”, in gara a Sanremo giovani, e “Vento d’estate” con Niccolò Fabi . Arriva la notorietà e l’album rimane uno dei lavori più belli dell’artista romano; gli arrangiamenti già particolari, le strumentazioni che prediligono chitarra acustica, basso e batteria, i testi intelligenti, divertenti, piacioni, dettano quello che Gazzè sta diventando. Un nuovo pop, dalle tentazioni soul ed elettroniche, si affaccia in classifica. Nasce un fenomeno musicale ancora oggi sulla cresta dell’onda.
Svolta più intimista e riflessiva rispetto al precedente album d’esordio. L’uscita del disco è anticipata dal singolo “Lasciarsi un giorno a Roma”, in gara a Sanremo. Numerosi i pezzi degni di nota – “Vento d’estate”, “Il male minore”, “Immobile” – e importanti le collaborazioni con Riccardo Sinigallia, Max Gazzè, Frankie hi-nrg mc . I testi sono più maturi, in bilico tra malinconia e dolcezza; le canzoni più pop contenute nel primo disco, si trasformano in musica d’autore. Fabi dimostra di essere un artista di talento realizzando un album apprezzatissimo dalla critica e dai fan. Non a caso, vince il disco d’oro e si piazza tra i lavori più belli della sua carriera.
L’album viene registrato nella chiesa di San Domenico di Alba nel 1996, in occasione di un live in memoria di Beppe Fenoglio . Pubblicato nel 1998, rimane un disco che celebra la musica e la letteratura, ricreando gli scenari di alcune importanti opere dello scrittore piemontese, attraverso le canzoni. L’album è suddiviso in tre parti: la prima si riferisce allo stretto legame che unisce l’uomo alle sue radici, la seconda ha come nucleo tematico la tragedia della guerra, l’ultima è un canto introspettivo sulle angosce umane, i sentimenti, l’amore. Essenziale, asciutto, eppure carico di pathos, come le pagine dei libri di Fenoglio, il disco è una selezione di pezzi della band scelti a far da cornice ai temi trattati. Un’opera in equilibrio perfetto tra presente e passato, tra musica e poesia. Sul mercato per un tempo circoscritto, degno di essere ricordato anche dopo venti anni.
Parliamo del quinto album dei 99 Posse. È il ’98 e sono già trascorsi due anni dal precedente “Cerco tiempo”, quando la voce di Meg iniziava a farsi conoscere. L’impatto sonoro del disco oscilla tra elettronica, rap, reggae, drum and bass, crossover; i contenuti raccontano di vite faticose in una società che non le comprende, dello Stato noncurante del disagio giovanile, di governanti ottusi e manipolatori ma anche di amore e bellezza. Il canto di Meg, contrapposto al grido di protesta di Zulù, crea un’atmosfera in cui la ribellione si trasforma in resa e la rabbia in dolcezza. “Quello che”, “Corto circuito”, “Vulesse”, sono tra i migliori pezzi di un album para-generazionale che ha mosso coscienza e pensiero.
Secondo album di Neffa, il cui titolo fa riferimento agli elementi contenuti nell’hard disk dell’artista alla fine della sua realizzazione. Con il contributo dei rapper Deda e Al Castellana , nasce quello che viene considerato un classico dell’hip pop made in Italy. Metriche mai banali, tematiche importanti anche nei pezzi più ballabili e godibili, il disco è un abile gioco di parole, un suono nuovo tra doppi sensi, linguaggio metaforico, beats, cuts, rime. Dallo stile inconfondibile e unico, modello “old school” del rap italiano, viene celebrato oggi dai maggiori rapper e producer del circuito. All’avanguardia nel 1998, ancora punto di riferimento venti anni più tardi.
In occasione di questo ventennale, verrà ristampato
È il disco d’esordio dei Perturbazione, interamente cantato in lingua inglese. Sebbene la notorietà arrivi qualche anno dopo con “In circolo”, Waiting to happen rappresenta realmente l’attesa verso qualcosa di speciale. La malinconia è l’ingrediente chiave dell’album; dal folk-rock elettroacustico al pop da camera, il disco omaggia qua e là R.E.M., Tindersticks, Robert Wyatt , trovando una personalissima via al pop d’autore. La band torinese è ancora acerba ma ha stile e personalità da vendere. Per risalire alle origini di una formazione interessantissima – i successivi dischi ne sono la prova – riascoltate Waiting to happen dopo venti anni.
Tra i molti album di Elio che appartengono alla decade dei ’90, spunta “Peerla” il meno conosciuto alla massa ma popolarissimo tra i fedeli telespettatori di “Mai dire goal”. Di contenuto calcistico e dal titolo irriverente, l’album presenta alcuni pezzi divenuti sigle della nota trasmissione della Gialappa’s (“La cinica lotteria dei rigori”, “Nessuno allo stadio”). Spassosi i brani “coverizzati” di Huey Lewis , dei Dik Dik e di Nek ; resta indimenticabile “Balla coi Barlafus-time warp”, cantata con Marina Massironi e Giacomo – del trio comico – e “Giocatore mondiale”. Un lavoro di sicuro non a livello dei migliori dischi della band, ma troppo divertente per passare inosservato. Ci vuole talento per mantenersi “Peerla” per venti anni, conservando un livello musicale sempre alto.
Rimane il disco forse più riuscito della band torinese, di sicuro quello più apprezzato da critica e pubblico. La geografia dell’album spazia dal sud America, all’Africa, dalla Galizia, all’Italia assorbendo sonorità e ritmi diversi. I Mau Mau sono viaggiatori, girovaghi alla scoperta del mondo, ed ogni disco è la sintesi di un viaggio compiuto. Morino e Barovero, grazie anche al contributo di Giovanardi dei La Crus, creano atmosfere world affascinanti, mantenendo uno stile unico e personalissimo. Rapite da immagini di luoghi lontani e musicalità etno-folk, si snodano le dieci tracce del disco: un’immersione dove la vita è ancora libera ma più cattiva. Eldorado è musica contro ogni forma di discriminazione; è un disco cosmopolita che accoglie l’alterità come ricchezza. Da riascoltare nel 2018, un tempo difficile e duro per chi abbatte barriere sognando un’umanità migliore.
Nel ’98 esce il primo album dal vivo di Vinicio Capossela con il contributo della Kokani Orchestar macedone. “Live…in Volvo”, dal nome dell’ultimo domicilio del cantautore, vale a dire la sua automobile, è un concentrato di liriche suadenti e malinconiche; una girandola di suoni, rumori, festa di paese attraverso le canzoni già note dell’artista. Capossela dimostra di essere una vero talento, soprattutto nella costruzione di un debordante clima da sagra in cui tutti sono felici, saltano e cantano a ritmo delle sue canzoni. Una testimonianza dal vivo talmente perfetta e trascinante da non poter passare inosservata.
Il disco forse più bistrattato del cantautore bolognese. Composto in casa, tutto mixato in lo-fi, sembra essere scritto sulla base di suggestioni estemporanee che parlano di quotidianità, macedonia di frutta, cravatte, e supermercati cinesi. L’impressione è che si utilizzino gli scarti del digitale per piegarli agli esperimenti “casalinghi” dell’autore. Carboni sembra ribellarsi allo status di popstar e, con questo album, allontanarsi dall’intento di realizzare un disco che spacca, per ritrovare una dimensione più personale, domestica, “fatta in casa”. Un lavoro coraggioso, non capito dal grande pubblico, non amato dalla critica, ma interessante nella sua unicità all’interno della produzione dell’artista.
Questo disco è un concentrato di energia e poesia e viene considerato il capofila della “patchanka” di casa nostra con schitarrate gitane, ritmi folk, musica da baldoria. Contagioso e trascinante dall’inizio alla fine, contiene i pezzi più popolari della band: “Beppeanna”, “Ubriaco canta amore”, “Lo sciopero del sole”. Erriquez Greppi incanta con il suo romanticismo da strada. Gli altri componenti non sono da meno e condiscono i testi di suoni che costringono tutti a cantare e a ballare. Attenziò, concentraziò…da riascoltare per affrontare la vita sorridendo, altri venti anni ancora.
Ensemble siciliana di genere folk-ambient, a partire dagli anni ’80, rappresenta un’originale commistione di stili, linguaggi, sonorità. A cavallo tra classico e moderno, nell’uso di strumenti arcaici della cultura popolare ed elettronici, gli Agricantus danno un contributo importante alla world music di marchio italiano. Miscelando abilmente lingue differenti e dialetto siciliano, il gruppo realizza, nel tempo, album tematici che ottengono importanti riconoscimenti nazionali. Ciò permette loro di spingere la world music italiana oltre i confini dello stivale. Kaleidos è uno di questi concept e amalgama passato e presente, campiona Albinoni, Paganini, Prokofiev legandoli alla tradizione popolare balcanica e armena, dentro loops e ritmi etnici. Colto e raffinato.
Lou X – pseudonimo di Luigi Martelli – è un rapper italiano, salito alla ribalta intorno agli anni ’90, nel periodo delle “posse”. Collabora con il gruppo romano “Assalti frontali” alla realizzazione dell’album “Terra di nessuno” e bazzica assiduamente il centro sociale Forte Prenestino, luogo creativo degli esordi. Modello indiscusso dell’hardcore rap, Lou X realizza dischi politicizzati, di grande impatto lirico e urgenza espressiva. Venature dub e trip hop dal suono cupo, scuro, inquietante, caratterizzano l’album “La realtà la lealtà lo scontro” del ’98, come sintesi di un rap militante e randagio. Per gli amanti del genere e non solamente.
Per chi non lo sapesse, Lalli è una cantautrice torinese non molto nota al grande pubblico ma considerata, dalla critica, una delle migliori voci della scena rock alternativa italiana. Dagli esordi con i Franti trent’anni fa – seminale band del dark-punk anarchico italiano – Lalli continua la sua carriera solista e nel 1998 incide l’album Tempo di vento ottenendo importanti riconoscimenti, tra cui il premio “Fuori dal Mucchio” come miglior disco d’esordio italiano. Rock d’autore e canzoni senza tempo, dimostrano che esiste un modo nuovo di intendere la musica: renderla libera da scopi commerciali o fenomeni da classifica, mettendola in sintonia con un pubblico attento e preparato; forse un po' troppo di nicchia ma abile a fiutare talenti destinati a durare anche dopo venti anni.
I primi dischi degli Almamegretta segnano un percorso evolutivo interessantissimo: “Anima migrante” è innovativo, intrecciando il dialetto napoletano a sonorità arabe, africane, reggae; “Sanacore” è ipnotico, caricandosi di dub e folklore popolare; “Lingo” è un disco elettronico e futurista, un “manifesto trance-global” sintesi dei precedenti album, ma con una personalità unica. Rappresenta la sprovincializzazione degli Alma alla ricerca di nuove soluzioni che fondono il napoletano all’inglese, su sonorità mediterranee, orientali, sintetiche. Numerosi gli ospiti tra cui Pino Daniele, Eraldo Bernocchi, Dre Love . La critica lo considera la loro opera migliore. Il singolo “Gramigna” è un capolavoro.
La cometa Hale bop benedice la nascita di questo album, considerato il lavoro della consacrazione degli Ustmamò. Proprio mentre la band lavora al disco, l’astro percorre la volta celeste incantando gli occhi. Mara Redeghieri – cantante e autrice del gruppo - dichiara che la luce ben augurante di quella stella segna la genesi di un album il cui titolo è, in tal senso, esplicativo. Trainato dai singoli “Kemiospiritual” e “Cosa conta”, Star d’ust approfondisce il legame tra elettronica, house, drum ‘n’ bass diventando, tuttavia, anche un ottimo esempio di musica cantata e suonata. In tal modo manipolazioni elettroniche lasciano spazio alla splendida voce della cantante e alle dolci melodie pop del gruppo. Ed è subito magia, quella polvere di stelle che ci avvolge all’ascolto.
Niccolò Zancan e Diego Lisfera realizzano un disco di tutto rispetto. Corre l’anno 1998 e nel sottobosco del mainstrem spunta “Zerochimera” a stuzzicare l’ascolto del popolo indie italiano. Pur essendo evidenti i richiami a Fossati, Conte, Capossela , il duo scrive testi e musiche che narrano di piccole avventure quotidiane attraverso una raffinata rielaborazione – a volte elettronica – della canzone d’autore. Loro stessi dichiarano di essere poco originali per aver attinto alla fonte dei più importanti cantautori italiani, ma – senso di umiltà a parte – dimostrano di saperci fare con la musica. Il Mucchio Selvaggio lo inserisce nella lista dei migliori album del 1998. Da riascoltare o riscoprire.
--- La gallery 20 album che compiono 20 anni nel 2018 è apparsa su Rockit.it il 2018-07-24 11:50:59